Il Blog di Rosario Frasca

Le opinioni di un Clown, ovvero: Il mito di Er

Discutiamo di Zazie nel metrò

ott 292018


 

Sento e dimentico
Vedo e ricordo
Scrivo e capisco
(proverbio cinese)

 

 

 

"Raccontando storie non parto da un’idea, tantomeno da un’ideologia; parto da un sentimento, da ricordi, suggestioni, personaggi che ho incontrato, nostalgie o presentimenti, cercando di vedere dove quel racconto vuole andare e, soprattutto, come vuole essere raccontato.” (Fellini)

 

Il ritrovamento

 

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 Era un libro dimenticato, perduto in una delle infinite e indefinite biblioteche casarecce a "mucchietto"; era uno tra i numerosi libri non letti, che si accatastano qua e là per casa, in attesa che qualcuno li resusciti; magari leggendoli, anche solo qualche pagina, o una frase, una parola.

Era lì, che faceva capolino, con il "Circo" di Joan Mirò che occhieggiava nella bianca copertina traslucida dell'Einaudi Tascabili; era lì, che si guardava intorno, pronto a cogliere uno sguardo peregrino e distratto. Era lì, pronto a farsi leggere da chiunque.

Finalmente, dopo anni di attesa, qualcuno ha avuto bisogno di lui; e il libro dimenticato si è sentito importante; qualcuno" lo ha preso tra le mani, lo ha aperto e, con curiosità, lo ha sfogliato; poi ha letto e riletto, con bramosia: qualche riga, qualche frase, qualche parola trovate qua e là alla rinfusa con salti di tempo e di spazio; infine, lo ha richiuso e gelosamente custodito e coccolato.

Finalmente qualcuno ha adottato quel libro dimenticato: "Zazie nel metrò" di Queneau, era il romanzo su cui si era aperta la discussione del gruppo di lettura: la lettura del romanzo gli avrebbe permesso di sbirciare la discussione e, se del caso, intervenire direttamente a dialogare e battibeccare con gli altri partecipanti.

Il link della discussione: Zazie nel metrò di Raymond Queneau

Dopo essermi registrato ho eseguito l'accesso alla discussione, ho sbirciato gli interventi con curiosità interessata: sentivo il bisogno di valutare il grado di colloquialità e di preparazione dei partecipanti per poter entrare in gioco seguendo i principi di dialogo adottati dal gruppo. Non c'è voluto molto: dopo qualche intervento ho inserito il mio commento adeguandomi al tono generale della discussione.

Rileggendo gli interventi, ho notato che c'è stato un intervento-prefazione di Eloise che invitava a godere di una meravigliosa differenza.

 


La meravigliosa differenza

 

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 "Ma guardate la foto di Queneau messa accanto a quella dell'interprete di Zazie, nel film che ne è stato tratto. Che meravigliosa differenza!" (Eloise)

Eloise, con la sua apertura fuori contesto, (che ormai siamo soliti scrivere "off topic"), prima di ricevere tutte le risposte sulle impressioni a caldo; e prima ancora di dare lei stessa le sue impressioni, invita a guardare le immagini accostate di Queneau e della sua creatura letteraria in versione cinematografica: Zazie; esclama poi, in chiusura: Che meravigliosa differenza!

Questo intervento che, all'epoca della discussione, mi era sfuggito, per me è stato illuminante: ho percepito una spontaneità che ormai avevo dimenticato e relegato tra gli atteggiamenti infantili; una spontaneità che mi ha portato a meditare su quelle parole, pesarle e infine scoprire che esse esprimevano la gioia di chi, appena trovato un tesoro, sente un incontenibile desiderio di gridarlo al mondo per dare sfogo a quella felicità interiore che freme per farsi conoscere. E allora mi son detto sorridendo: viva la differenza! E sulla differenza c'è molto da dire.

 

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 La differenza tra le rovine di un mondo che, uscito da una guerra disastrosa, prova a ricostruirsi e rifondarsi, e il progetto di un nuovo mondo, una nuova società che, partendo dalle macerie di se stessa, nel parossismo dell'innovazione, si dirige caoticamente verso il suo futuro, incerto e confuso nell'alterità rassicurante dell'immaginazione; un sogno che si risolve in un delirio evanescente, sfuggente, inafferrabile e frustrante.

La differenza tra il mito (fondativo) e la storia (distruttrice), tra tradizione e innovazione; tra bambini e adulti, piccoli e grandi; tra uomo e donna, maschio e femmina; tra costrizione e liberazione, mortalità e immortalità, realtà e sogno, racconto e finzione, menzogna e verità.

Su queste differenze, menzogna e verità giocano a nascondersi, nelle vie e nei luoghi di una città immobile, statica, monumentale ed estranea; una città avvolta nelle nebbie di un sogno senza memoria; un sogno che si rivela sempre più il "delirio scritto a macchina da un romanziere idiota".

Anche nel procedere della nostra discussione, menzogna e verità spesso si sono nascoste e/o rincorse nei singoli interventi, dietro paraventi e formalismi letterari (ma non solo), resi con cuore e passione, da tutti i partecipanti: persone "sconosciute" (o conosciute solo on line) che mi hanno accolto e accompagnato nella mia prima e temeraria esternazione letteraria: un vero e proprio rito d'iniziazione che mi ha fatto scoprire e rivelato un "me stesso" sconosciuto.

 La differenza è l'anima della cultura: il motore propulsivo di ogni relazione umana. Nel romanzo, su questa differenza, menzogna e verità si affrontano e si rincorrono nelle situazioni romanzate e nei linguaggi disarticolati e contratti di personaggi-marionette; scambi linguistici che s'inerpicano divertiti, in dialoghi tanto improbabili e dissacranti, quanto logici, teo-logici e accademici: un confronto, una lotta "corpo a corpo tra la "bellezza delle rovine" (Barthes) e la "meraviglia delle differenze" (Eloise).

Il metrò tanto desiderato dalla piccola, impertinente e spudorata Zazie, resta ad osservare, dalla sua misteriosa posizione di assenza non estranea; dal suo logos di un nulla che giustifica tutto; un nulla che si percepisce solo nei sogni, tra le pieghe nascoste di una sfuggente e incompresa realtà: sempre, comunque e ovunque presente e condizionante.

 

L'iniziazione

undefinedI riti di iniziazione segnano il passaggio dell'individuo alla maturità; essi permettono di legare l'individuo al gruppo, ma anche di strutturare la vita a tappe precise, che permettono la percezione dell'individuo nel suo rapporto con il tempo e con la morte. 

Il rito ha dunque un ruolo relazionale importante tra l'individuo e il gruppo e la coesione del gruppo nel suo insieme. (wikipedia)

 


La discussione è già iniziata. Dopo la presentazione del romanzo, da parte di Eloise, c'è l'intervento comparativo di Tiziano che mette in tavola Tom Sawyer; accosta Tom a Zazie; entrambi i personaggi, infatti, possono essere accomunati al mito letterario del puer aeternus. Eppur son differenti: uno è maschio l'altro è femmina. Che meravigliosa differenza!

La comparazione, il richiamo al mito e la citazione in latino mi hanno generato un certo timore reverenziale; forse perché fin da piccolo non ho mai digerito la sindrome di Peter Pan: non sopportavo chi voleva rimanere piccolo perché io, invece, volevo apparire sempre più grande di quel che ero in realtà: mi percepivo come una realtà aumentata, gonfiata da un ego smisurato.

Incassato e interiorizzato il disagio, ho continuato a sbirciare la discussione, leggendo gli interventi che seguivano; volevo valutare eventuali reazioni all'intervento comparativo e mitico di Tiziano; e così, ho conosciuto nuove voci portate dai nomi di Ombra e Rosella; oltre alla già conosciuta, Eloise.

La prima a rispondere agli argomenti lanciati da Tiziano, è Eloise; in realtà la sua risposta è la seconda parte dell'intervento prefazione sulla "meravigliosa differenza" che ho già menzionato.

Eloise, dunque, si accompagna a Tiziano nel considerare Zazie alla stregua di Tom Sawyer e di altri puer aeternus, letterari; non senza però, aggiungere la sua, sulla nostra Zazie e "del suo abbassare al livello di commedia bambinesca il ruolo degli adulti, anche laddove questi si prendono sul serio.”; in chiusura, raddoppia con una intrigante domanda comparativa tra i romanzieri "creatori" di Zazie e Tom Sawyer:

"Chissà come avrebbe scritto il romanzo Mark Twain se si fosse permesso tutte le licenze linguistiche usate da Queneau?"

Quindi, per voce di Eloise, un nuovo argomento fa capolino nella discussione: le licenze linguistiche di Queneau.

Dopo aver letto l’intervento di Eloise rimango in standby sull’argomento del mito letterario, "latinato" in puer aeternus; un mito che, nonostante l’accoglienza favorevole di Eloise, continua a mettermi a disagio. D'altra parte, l’argomento delle licenze linguistiche non mi “intriga” più di tanto e rimando il mio intervento, in attesa di altri stimoli.

Ombra, dopo aver appoggiato Tiziano e Eloise sull’accostamento di Zazie a Tom Sawyer, riprende l’argomento delle licenze linguistiche di Queneau:

"Non riuscivo a capire il perché l'utilizzo di un linguaggio simile, caratterizzato dall'uso di parole volgari o dall'accostamento di frasi altisonanti a personaggi gretti ed ignoranti, potesse essere considerato massima espressione di virtuosismo letterario.”

Poi, si risponde da sola sul particolare significato che, per lei, giustifica quelle licenze linguistiche:

"Ho capito, infatti, che con la dissacrazione del linguaggio l'autore ci vuol fare entrare nel mondo di Zazie."

Con un salto mortale carpiato, degno di una campionessa di tuffi, Ombra riavvita al soggetto Zazie l’argomento della differenza, lanciato da Eloise (a cui in realtà, nella cronologia della discussione, aveva già risposto in un precedente intervento isolato). Ecco come e dove, Ombra, evidenzia la meravigliosa differenza:

"Un mondo in cui solo i bambini sembrano schietti (pur utilizzando un pessimo linguaggio colorito da parolacce) e non falsi e poco chiari come gli adulti (con il loro linguaggio infiocchettato e ampolloso e quindi incomprensibile per i più piccoli). Esempio di questo sono Zazie e lo zio Gabriel."

Zazie e Gabriel, piccoli e grandi, bambini e adulti, sono differenti; i loro linguaggi sono differenti: veri e autentici gli uni, falsi e ipocriti gli altri. È la meravigliosa differenza evidenziata da Eloise. È quella vitale differenza che fa girare il mondo; quella differenza che garantisce la gerarchia, l’ordine e il funzionamento sociale; che caratterizza la cultura e la giustizia sociale. È la meravigliosa differenza in cui si riflette perfettamente tutta l’umanità.

Marta-Ombra chiude il suo intervento illuminando la differenza tra la puer aeternus Zazie e il maturo e compassato zio Gabriel: il mondo surreale rappresentato da Zazie e le macerie borghesi rappresentate da Gabriel (e compagnia). Marta ha colto il fil rouge che lega tutto il romanzo: i due personaggi Zazie e Gabriel esprimono le due anime del romanziere, l'artista, il letterato Queneau: girardianamente: l'uomo e il suo doppio mostruoso.

Dopo Ombra si fa viva Rosella un’altra donna. Rosella, d'accordo con Ombra, si sofferma sull'imbarazzo iniziale provato nel leggere le grezze licenze linguistiche e i contenuti colti in bocca a personaggi che appaiono, nel loro agire, tutt'altro che colti. Un imbarazzo che pian piano si trasforma in sorriso per finire in risata piena e liberatoria.

Ho considerato che Rosella si è lasciata trasformare dalla lettura: ha superato il muro del pregiudizio "letterario", per entrare in piena empatia con i personaggi, le situazioni create dall'autore. Il suo intervento è il racconto dei suoi stati d'animo, del suo incontro con i personaggi, le loro battute e le situazioni in cui si muovono; mi son fatto l'idea di una lettrice attiva e interattiva: che interagisce cioè, con la letteratura e si lascia "educare" e trasformare dalle situazioni immaginate e descritte dall'autore; situazioni non vere ma verosimili e realiste: l'immaginario letterario diventa per lei, "mediatore" e regolatore della sua esistenza, la linfa necessaria della sua vita quotidiana. La lettura di Rosella è lettura pedagogica.

A questo punto c'è stato l'intervento (off topic) di una nuova lettrice, Lauretta, che, perduto il suo gruppo di lettura nel mondo reale, stava cercando di recuperare online questo suo spazio vitale. Ricevuto il nostro benvenuto, ci ha ringraziato, non senza mostrare una piccola incertezza sulla sua reale possibilità di poter entrare in discussione.

Chiusa questa parentesi, ormai avevo letto abbastanza interventi per organizzare e inserire le mie "impressioni a caldo"; non avevo più scuse dovevo intervenire. L'ho fatto driblando gli argomenti già evidenziati e inserendone uno nuovo che, a ben guardare, li comprendeva tutti: la verità. Una mossa che mi smarcava dal confronto diretto sul mito che mi metteva a disagio e sul linguaggio che non mi intrigava più di tanto:

Irriverente, esilarante, poetico, malinconico, realista; nonostante Queneau sentenziasse in una intervista:

« Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un'ombra, Zazie il sogno di un’ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l'ombra di un’ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota» (Raymond Queneau a proposito di Zazie nel metro).


Nella mia rilettura "a caldo" di questo romanzetto di Queneau ho trovato più "verità" che in tanti altri romanzi ipocritamente e pesantemente "canonici"; al punto da farmi ritenere emblematico il suo incipit:


"Doukipudonktan, se demanda Gabriel excédé. Pas possible, ils se nettoient jamais."

La citazione in francese che fa chic; l'argomento della verità che fa shok, "vestono" il mio primo intervento nella discussione.

Il rito di iniziazione è stato consumato. Sono diventato un membro del gruppo di lettura del forum di "Letteratour". Il dado è tratto: Zazie nel metrò di Raymond Queneau vola sulla tastiera del mio "mac". 

 

link:

Discussione: Raymond Queneau, Zazie nel metrò

Zazie nel metrò, di Raymond Queneau - Analisi critica di Eloise Lonobile

Raymond Queneau - (TOURismi letterari) di Reno Bromuro

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