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George Orwell, La ribellione degli animali
Finché nella fattoria non si parlerà la "neolingua" non ci sarà libertà (G. Orwell)

di Reno Bromuro

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"Poco dopo, dalla porta della casa colonica uscì una lunga schiera di maiali: tutti camminavano sulle gambe posteriori. Alcuni lo facevano meglio degli altri, qualcuno era ancora un po' malfermo e sembrava richiedere il sostegno di un bastone, ma tutti fecero con successo il giro del cortile. Infine, fra un tremendo latrar di cani e l'alto cantar del gallo nero, uscì lo stesso Napoleon, maestosamente ritto, gettando alteri sguardi all'ingiro, coi cani che gli saltavano attorno. Stringeva fra le zampe una frusta"

George Orwell
Il romanzo
Critica
Bibliografia

Eric Arthur Blair vero nome di George Orwell nasce il 25 giugno 1903 in Bengala, a Mothiari. È il secondogenito di Richard Walmesley, funzionario statale dell'Opium Department, e di Ida Mabel Limouzin. Quattro anni più tardi, mentre il padre continua a lavorare in India, Eric e la madre rientrano in Inghilterra. Nel 1917 vince una borsa di studio che gli consente di studiare al Wellington College per un trimestre, ossia fino alla sua ammissione a Eton, dove studia fino al dicembre 1921. Dopo un anno lascia l'Inghilterra e ritorna in India.
L'esperienza birmana è deludente non solo sul piano professionale ma anche e soprattutto sotto il profilo umano. Dopo cinque anni di servizio nella polizia, nel gennaio 1928 decide di congedarsi in modo definitivo.
Si risveglia in lui l'aspirazione dell'adolescenza: intraprendere la carriera di scrittore e perciò la sua situazione in Birmania non è per nulla congeniale. Egli stesso afferma ne "La strada di Wigan Pier, Mondadori, Milano 1960": "quando, nel 1927, tornai in patria per una licenza ero gia parzialmente deciso ad abbandonare il mio lavoro, e qualche boccata d'aria inglese mi risolse. Non sarei tornato per prendere parte a quell'ignominia".
Rientrato in Inghilterra calca le orme di Jack London, suo eroe letterario. Più che a letture egli si affida a personali e dirette esplorazioni. Una stanza a Notthing Hill, fra l'autunno e l'inverno del 1928, fornisce la base alle sue spedizioni nel degradato Est End londinese. Qui, nella condizione sociale della gente che abita i sobborghi più disagiati, Eric scorge un'analogia con il popolo birmano.
L'anno seguente, in primavera, è a Parigi, dove alloggia in un modestissimo albergo del Quartiere Latino. Parigi è amata per la luce impressa dai pittori che l'hanno ritratta. È amata per i musei che conservano questa luce passata e presente. Parigi a volte è un mito turistico e solo quello, a volte la realtà stessa della sua leggenda, ti fa pensare, ti fa esprimere e di questi tempi, come ai tempi di Orwell non è poco. Tra i simboli di Parigi, come di tutta la Francia, oltre alla Tour Eiffel, c'è Notre Dame, capolavoro dell'arte gotica. Nello stesso stile la Sainte-Chapelle fatta costruire da Luigi IX, in cui si possono ammirare le vetrate istoriate, le più antiche di Parigi. Gli amanti della cultura corrono, senza indugio, a visitare il Panthéon, dove risiedono le spoglie dei grandi di Francia: il miglior colpo d'occhio sull'interno della chiesa si può avere solo dalla tribuna e si raggiunge attraverso una scala di 425 gradini. Dalla terrazza esterna si gode un ampio panorama sul Quartiere Latino e sul Luxemburg. Un'altro posto per gli appassionati di storia e di biografie di personaggi celebri del passato è il cimitero di Père-Lachaise. Tantissimi personaggi del passato dimorano in questo luogo. Tra le tombe piú visitate quelle di Chopin e, cambiando genere e epoca, quella di Jim Morrison, la leggenda dei Doors. Poetica per la sua semplicità quella di Amedeo Modigliani accanto a quella della sua compagna morta poco dopo il suo amato.
Nella capitale francese Orwell lavora anche come lavapiatti per dieci settimane. Ed è a Parigi che esordisce come giornalista il 6 ottobre 1929 sulle pagine del Monde. Scrive due romanzi che lui stesso decide di distruggere a causa di ripetuti rifiuti editoriali. Alla fine dell'anno ritorna in patria: pur continuando a viaggiare per l'Inghilterra, vivendo con i vagabondi e con la gente dei quartieri popolari, sceglie di abitare nella casa dei genitori mantenendosi nel frattempo attraverso articoli giornalistici e con l'insegnamento.
Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, nel 1933 riesce a pubblicare il suo primo libro, "Senza un soldo a Parigi e Londra", pubblicato in Italia da Mondadori, Milano nel 1966, in cui trovano spazio le esperienze parigine: Eric Arthur Blair diventa George Orwell. Ai primi di dicembre dello stesso anno presso il Frays College di Uxbridge termina "Giorni in Birmania", edito in Italia da Longanesi, Milano 1948. Il romanzo viene pubblicato negli Stati Uniti nell'ottobre del 1934 presso la casa editrice Harper, e solo dopo un anno è stampato in Inghilterra.
Il 1936 segna per Orwell l'inizio di un periodo di cambiamenti. Vengono dati alle stampe altri due lavori narrativi: "La figlia del reverendo", Garzanti, Milano 1968 e "Fiorirà l'aspidistra", Mondadori, Milano 1960. In giugno si sposa con Eileen O'Shaughnessy.
Racconta Raymond Williams,"la reputazione di Orwell, come scrittore e giornalista, si basava principalmente sulle sue indagini sulla povertà e sulla crisi economica. Le sue esplorazioni e i suoi resoconti efficaci gli avevano conferito un'identità limitata ma particolare nel mondo letterario". Non a caso, in questo periodo, il Left Book Club gli commissiona un'inchiesta sulla condizione dei poveri e dei disoccupati: impegno da cui nasce il saggio "La strada di Wigan Pier", Mondadori, Milano 1960. In luglio scoppia la guerra civile spagnola. In autunno decide di parteciparvi e il giorno di Natale parte per la Spagna. A Barcellona entra a far parte della milizia del Poum (Partido Obrero de Unificacion Marxista), quindi si trasferisce nel contingente del British Independent Labour Party. L'esperienza della guerra civile, oltre a procurargli una ferita d'arma da fuoco alla gola, contribuisce a portare a termine la rottura non solo con la sinistra comunista ma anche con ogni forma di socialismo ortodosso: uno strappo ideologico che trova il compimento intellettuale in un libro del 1938, intitolato "Omaggio alla Catalogna",Mondadori,Milano-Verona 1948". Si tratta di un'opera politica, ma scritta con una certa misura di distacco: Guido Bulla sottolinea che "Orwell contempla la propria parte con affetto e autoironia ma non demonizza mai l'avversario. C'è una forte sostanza umanistica nella mancanza di livore, nel tentativo di mantenere una visione equilibrata, nella coscienza di esporre punti di vista che non escludono interpretazioni alternative". Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, Orwell, riformato dall'esercito perché fisicamente non idoneo, si trasferisce a Londra dove oltre a comporre il saggio "The Lion and the Unicorn" scrive articoli culturali e politici per la Partizan Rewiew americana ed inizia a collaborare con la BBC. Nel 1943 entra a far parte del Tribune diretto da Aneurin Bevan e, negli ultimi mesi di quest'anno comincia a scrivere "La fattoria degli animali". A partire dal 17 agosto 1945, data della prima pubblicazione (lo stesso giorno che avviene la resa del Giappone), uest'opera farà conoscere il talento di Orwell in tutto il mondo, nonché la sua fiera avversione nei confronti dei totalitarismi e di qualsiasi forma di dominio dell'uomo sull'uomo.
Rimasto vedovo, nel marzo 1945 sua moglie muore a trentanove anni, nel corso di un'isterectomia, nel primo dopoguerra Orwell si trasferisce in Scozia, nell'isola di Jura, insieme alla sorella più giovane e al figlio adottivo. Nel 1948 termina la stesura definitiva di 1984, capolavoro che replica il successo di Animal Farm. Dopo vari ricoveri ospedalieri, muore il 21 gennaio 1950.
Il suo nome è legato soprattutto alla pubblicazione di "La fattoria degli animali" e "1984", due opere pubblicate, la prima nel 1945, la seconda nel 1949, quando l'atteggiamento dell'opinione pubblica occidentale nei confronti dell'ex alleato sovietico stava mutando.

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IL ROMANZO: La fattoria degli animali

Gli animali della fattoria Manor sono sfruttati dal padrone e decidono di ribellarsi e instaurare una loro democrazia. La rivoluzione, capeggiata dai maiali Napoleon e Snowballs, trionfa; ma presto degenera. Napoleon, bandito Snowballs, instaura il terrore; la vecchia costituzione è abolita e sostituita da una nuova, che conta un solo articolo: Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.
La dittatura, col suo funesto seguito di indottrinamento e di repressione, sfocia in una rappacificazione con gli uomini, dai quali, ormai, gli animali rivoluzionari di un tempo non si distinguono più.
"La fattoria degli animali" è una scintillante parabola laica sui meccanismi di degenerazione dell'egualitarismo. Questo libro per vedere la luce dovette attendere, il 1945 e la fine della seconda guerra mondiale, nonostante fosse stato ultimato agli inizi del 1944: nessun editore inglese aveva infatti voluto correre il rischio di stampare un'opera che poteva esser letta come un violento attacco alla politica dell'alleato Stalin. In effetti la Fattoria Padronale in cui si svolgono i fatti si può identificare con l'Unione Sovietica, così come il fallimento della rivoluzione degli animali sembra impietosamente alludere a quello della Rivoluzione d'Ottobre, al naufragio dello slancio ideale che l'aveva animata.

Giocato mirabilmente sui registri del comico e del grottesco, il romanzo è in realtà una spietata disamina delle mostruosità che può produrre una politica intesa come puro e cinico esercizio del potere, quale che sia l'ideologia che la informa; ed è anche, un accorato richiamo alla necessità affinché i valori etici continuino a trionfare sulle ragioni diaboliche del predominio sociale e della sopraffazione economica.

"Le tre galline che avevano guidato la rivolta per la questione delle uova si fecero avanti dicendo che Palla di neve era apparso loro in sogno, incitandole a disobbedire agli ordini di Napoleon. Anch'esse furono massacrate. Poi si presentò un'oca: aveva nascosto sei pannocchie durante la mietitura dell'anno precedente e le aveva mangiate di notte. Una pecora, confessò di aver urinato nell'abbeveratoio, su richiesta insistente di Palla di Neve, e altre due riconobbero di aver ucciso un vecchio ariete, particolarmente devoto a Napoleon: lo avevano attaccato vicino al fuoco mentre era sofferente per un forte raffreddore di testa. Tutti furono giustiziati seduta stante. In questo modo continuarono confessioni ed esecuzioni: alla fine, ai piedi di Napoleon c'era un mucchio di cadaveri,e l'aria è carica di un odore di sangue sconosciuto da quando Jones era stato messo al bando."

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CRITICA

"La fattoria degli animali" sembra avere una visione pessimistica della organizzazione della società e dello sviluppo di una vera democrazia. Fa riflettere poiché pur essendo lontani dai tempi delle dittature (Italia, Germania, Russia, Cina), possiamo riflettere come essa possa svilupparsi, e su come possa essere appannata dai "mass media" che comunque ci propongono modelli e comportamenti, troppo spesso usando parole convincenti e ragionando come se avessero a che fare con dei burattini. La fattoria è un libro forte, carico di fatti storici, e ricco di situazioni assurde e non per questo non verificabili.
"Ho avuto occasione di pensare, rileggendolo, a quante dittature e oppressioni vi siano oggi nel mondo, a quante guerre, a quanti morti per fame. E questa nostra organizzazione della società che sembra tanto splendente e limpida, viene decantata come democratica al cento per cento, cade sotto i pensieri di sfruttamento di popolazioni povere, di inquinamento in nome del dio denaro, di ingiustizie giornaliere. Il "sistema" in cui ci troviamo è sicuramente vantaggioso per noi europei, ma se si pensa a quali situazioni si trovino alcuni paesi del mondo o a come abbiamo ridotto questo molto spesso, credo che le preoccupazioni debbano venire… spero che la protesta contro il G8 faccia riflettere".
L'ho letta con passione, dopo cinquantatré anni, quest'opera proprio per la mia forte ribellione contro ogni specie di autoritarismo, di dittatura, di oppressione, di impedimento comunque volto al non far pensare con la propria testa.
Vi consiglio di leggerla quest'opera, la versione che ho letto è della Mondatori, oggi non so quanto costi il libro ma non credo che il prezzo sia esorbitante.
Ritorniamo al libro: "Una analisi dello stato reale delle cose ci fa intravvedere non la morte della società, ma la morte della sua forma storica concreta e un passaggio inevitabile alla società socialista, passaggio già cominciato, verso una struttura sociale superiore. E non si tratta solamente di passare ad uno stile superiore della vita, ma precisamente superiore a quello che oggi è il suo. Si può parlare di questa forma sociale superiore in generale? Ciò non ci condurrà al soggettivismo? Si può parlare di qualsivoglia critica oggettiva in questo campo?
Penso di sì. Nel campo materiale, un simile criterio è rappresentato dalla potenza del rendimento del lavoro sociale e dall'evoluzione di questo rendimento, perché ciò determina la somma di lavoro superfluo da cui dipende tutta la cultura spirituale. Nel campo dei rapporti interumani immediati, un tale criterio è dato dall'ampiezza del campo di selezione dei talenti creatori. È appunto quando il rendimento del lavoro è molto elevato e quando il campo di selezione è molto vasto che vedremo effettuarsi il massimo di arricchimento inferiore della vita nel massimo numero d'uomini, inteso non come una somma aritmetica, ma come insieme vivente, come collettività sociale".

Questo romanzo, breve, conciso, dal linguaggio semplice e scorrevole, costituisce un monito alle nefandezze del totalitarismo, dell'incomprensione, dell'intolleranza.
È stato riconosciuto come una denigrazione del regime totalitario sovietico ma, dal mio punto di vista, va sicuramente oltre. Parla delle illusioni di libertà, di utopia, di comprensione, e di come queste siano distrutte dalla brama di potere, di comodità, di agi e di denaro. E' una favola, che è anche allegoria, metafora dell'utopia che si traduce in sordida realtà quando è realizzata da uomini per loro natura gretti e materialisti. È un romanzo che parla al cuore delle persone, dal forte significato allusivo, che unisce ricchezza di tematiche ad uno stile ponderato nella sua semplicità, e fluente nella proposizione. L'umorismo sta tutto nel linguaggio, nelle allusioni, nelle descrizioni rimaneggiate di posti e situazioni caratteristici della Londra dei tempi di Orwell. La Londra di 1984, come quella del dopoguerra, è dominata dal puritanesimo, dal controllo sulla sessualità, dalla politica del risparmio, dall'austerità portata all'esasperazione. Il ministero della Verità (quello che per noi sarebbe "ministero della Cultura" assomiglia al quartiere centrale della BBC in cui George Orwell lavorò durante la Seconda Guerra Mondiale.

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BIBLIOGRAFIA
George Orwell, 1984 (Nineteen Eigthy-Four), Mondadori 1950, tr. Gabriele Baldini, edizione Oscar classici Moderni. (I princìpi della neolingua, pag. 324)
George Orwell 1984 - Mondadori collana Oscar, aprile 1973 - traduzione di Gabriele Baldini.
Georges Henenin "Prestigio del terrore" (Edizioni "Masses", II Cairo 17 agosto 1945, traduzione di Mario Lippolis Parigi 1998)
George Orwell, La fattoria degli animali, Mondadori, Milano
Raymond Williams, Orwell, Mondadori, Milano 1990)
Guido Bulla, L'ultima Utopia, in George Orwell, Romanzi e saggi, Mondadori, Milano 2000.

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Reno Bromuro è nato a Paduli, in Campania, nel 1937. E' stato un poeta, scrittore, attore e regista teatrale. Nel 1957, a Napoli, ha fondato il Centro Sperimentale per un Teatro neorealista. Ha fondato nel 1973 (di fatto) l'A.I.A. Associazione Internazionale Artisti "Poesie della Vita", e, come critico letterario, ha recensito molti poeti italiani e stranieri. Si è spento nel 2009, qualche anno dopo averci dato l'opportunità di collaborare con lui. Noi di Letteratour lo ricordiamo con affetto qui.

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