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È davvero morta la retorica?
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La retorica, tutti lo sanno, è un'arte dalle origini molto antiche, che risalgono al periodo classico dei Greci, e che ha avuto una fortuna notevole nel corso dei secoli, attraverso il Medioevo e il Rinascimento. Ma questa disciplina antica sembra oggi caduta in disuso: non ha più lo stesso statuto di una volta, in cui era considerata tra le arti più importanti per l'uomo, tanto che neppure più nelle scuole viene insegnata.
Prima di rispondere a questa domanda, conviene considerare effettivamente cos'è la retorica. Essa è stata definita spesso "l'arte di convincere gli altri", talvolta con l'aggiunta di "attraverso il linguaggio". In realtà, alla luce delle scoperte moderne e della nascita di scienze come la semiotica e la linguistica, potremmo estendere questa definizione a tutto il sistema comunicativo, non soltanto a quello del linguaggio orale o scritto, della lingua. Così, per "retorica" si può intendere, più in generale, un tentativo di sedurre l'altro, di destare in lui emozioni che, benché di breve durata, possano rimanere impresse nella memoria. È "l'arte della persuasione" (Burke). E questo tentativo di persuasione viene fatto non solo attraverso l'uso del linguaggio, della lingua, ma di tutto l'insieme dei linguaggi elaborati dall'uomo.
Si capisce che una definizione così ampliata
di retorica includa non solo il gruppo di figure retoriche dell'oratoria
(del parlare) e dello scrivere, ma anche tutto l'insieme segnico
che l'uomo utilizza per comunicare: disegni, icone, elementi tipografici,
ecc. Un'eccellente dimostrazione di questo fatto è dato dalla
pubblicità: nata con l'unico scopo di sedurre e persuadere,
la pubblicità utilizza tanto le parole, le rime, le assonanze,
le discordanze linguistiche, i giochi di parole... che le immagini,
l'accostamento di colori, le forme, le luci, gli spazi, le tecniche
di impaginazione.
In effetti la pratica, da questo punto di vista, è molto
più avanzata della teoria. La retorica letteraria è
una disciplina antica affermata (sia come dottrina che come scienza
autoconsapevole), mentre le altre retoriche legate al linguaggio
dei mass-media, della pubblicità, dei video-clip e dell'infodesign
(diagrammi, illustrazioni scientifiche, cartine, legende, interfacce
di programmi, ecc) non lo sono.
Si potrebbe dire che la retorica comprenda due tipi di elementi:
le figure verbali (che riguardano il significato delle parole e
la loro posizione sintattica) e le figure mentali (che riguardano
la formulazione e l'organizzazione delle informazioni). Da questo
punto di vista, anche discipline riguardanti aspetti più
prettamente grafici appartengono alla retorica, nel secondo gruppo
di elementi. In un certo senso, la grafica è un elemento
sempre presente nella retorica (l'unica eccezione è l'espressione
orale).
Ribaltando un po' le posizioni più comuni, c'è chi
ha affermato che persino «la scrittura è un particolare
tipo di design. Uno dei più arbitrari e indefiniti»
(Ted Nelson, Computer Lib - Dream Machines).
Nel mondo in cui viviamo, si vanno affermando sempre
più nuove forme di comunicazione. La nascita del concetto
di ipermedia (sostituito spesso col più comune termine di
multimedia) indica proprio l'affermazione di "nuove macchine
letterarie". Sono nate nuove forme di pubblicazione che permettono
miscele ibride aprendo nuove prospettive per l'abbinamento di intelligenza
testuale e figurativa, e che si manifestano nello spazio retinico.
Il linguaggio, visto come un insieme di atti performativi (emissioni
orali che rappresentano, oltre che un livello comunicativo, anche
veri e propri atti reali), diventa uno dei tanti strumenti che l'uomo
ha per agire nel mondo e sulla realtà. Accanto a questo potente
strumento, al contempo comunicativo e fattuale, il design si sviluppa
e si fonde in nuovi sistemi segnici e comunicativi.
Se è vero che il design appartiene all'insieme degli elementi
della retorica, e dato il boom degli ultimi anni in questo settore,
si può ipotizzare che la retorica, lungi dall'essere morta,
ha semplicemente assunto forme più varie e più complesse;
la sua vitalità non va cercata più soltanto nella
letteratura. Perché non ipotizzare che lo stesso design potrebbe
diventare, un domani non troppo lontano, una vera e propria disciplina
insegnata anche nella scuola di base del futuro?
Bibliografia:
Gui Bonsiepe, Dall'oggetto all'interfaccia. Mutazioni del design.
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