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Come ogni anno, vi presentiamo una storia dedicata al Natale. Questa volta un racconto di Gianni Rodari, della serie con tre finali: un modo per acuire il piacere della lettura e il senso del "costruirsi" della narrazione, dei suoi componenti, delle sue possibilità. Con un commento dello stesso Gianni Rodari, che non manca di farci riflettere.
Una volta, mancava poco a Natale, un bambino fece il suo presepio. Preparò le
montagne di cartapesta, il cielo di carta da zucchero, il laghetto di vetro,
la capanna con sopra la stella. Dispose con fantasia le statuine, levandole
una per una dalla scatola in cui le aveva riposte l'anno prima. E dopo che
le ebbe collocate qua e là, al loro posto - i pastori e le pecore sul
muschio, i re Magi sulla montagna, la vecchina delle caldarroste presso il
sentiero - gli sembrò che fossero poche. Restavano troppi spazi vuoti.
Che fare? Era troppo tardi per uscire a comprare altre statuine, e del resto
lui di soldi non ne aveva tanti...
Mentre si guardava intorno, in cerca di un'idea, gli capitò sotto gli
occhi un altro scatolone, quello in cui aveva messo a riposo, in pensione,
certi vecchi giocattoli: per esempio, un pellerossa di plastica, ultimo superstite
di un'intera tribù che marciava all'assalto di Fort Apache... un piccolo
aeroplano senza timone, con l'aviatore seduto nella carlinga... una bamboletta
un po' «hippy », con la chitarra a tracolla: gli era capitata in
casa per combinazione, dentro la scatola del detersivo per la lavatrice. Lui,
naturalmente, non ci aveva giocato mai, i maschi non giocano con le bambole.
Però, a guardarla, era proprio carina.
Il bambino la posò sul sentiero del presepe, accanto alla vecchietta
delle caldarroste. Prese anche il pellerossa, con l'ascia di guerra in mano,
e lo collocò in fondo al gregge, presso la coda dell'ultima pecora.
Infine appese con un filo l'aeroplano e il suo pilota a un alberello di plastica,
abbastanza alto, che una volta era stato un albero di Natale, di quelli che
si comprano ai Grandi Magazzini e trovò il posto anche per loro, sulla
montagna, non lontano dai re Magi e dai loro cammelli. Contemplò soddisfatto
il suo lavoro, poi andò a letto e si addormentò subito.
Allora si svegliarono le statuine del presepio. Il primo ad aprire gli occhi
fu uno dei pastori. Egli notò subito che c'era qualcosa di nuovo e di
diverso nel presepio. Una novità che non gli piaceva troppo. Anzi, non
gli piaceva per niente.
- Ehi, ma chi è quel tipaccio che segue il mio gregge con in mano un'accetta?
Chi sei? Che cosa vuoi? Vattene in fretta, prima che ti faccia azzannare dai
miei cani.
- Augh, - fece per tutta risposta il pellerossa.
- Come hai detto? Senti, parla chiaro, sai? Meglio ancora, non parlare per
niente e porta il tuo muso rosso da un'altra parte.
- Io restare, - fece il pellerossa, - augh!
- E quella scure? Che ci fai, di' un po'? Ci accarezzi i miei agnelli?
- Scure stare per tagliare legna. Notte fredda, io volere fare fuoco.
In quel momento si svegliò anche la vecchina delle caldarroste e vide
la ragazzetta con la chitarra a tracolla.
- Dico, quella ragazza, che specie di cornamusa è la vostra?
- Non è una cornamusa, è una chitarra.
- Non sono cieca, lo vedo bene che è una chitarra. Non lo sai che qui
sono permesse solo zampogne e i pifferi?
- Ma la mia chitarra ha un bellissimo suono. Sentite...
- Per carità, smettila. Sei matta? Ma senti che roba. Ah, la gioventú d'oggigiorno.
Dammi retta, fila via prima che ti tiri in faccia le mie castagne. E guarda
che scottano, perché sono quasi arrostite.
- Sono buone le castagne, - disse la ragazza.
- Fai anche la spiritosa? Ti vuoi prendere le mie castagne? Ma allora sei pure
una ladra, oltre che una svergognata. Ora ti faccio vedere io... Al ladro!
Anzi, alla ladra!
Ma il grido della vecchietta non fu udito. L'aviatore, infatti, aveva scelto
proprio quel momento per svegliarsi e accendere il motore. Fece un paio di
giri sul presepio, salutando tutti con la mano, e atterrò vicino al
pellerossa. I pastori lo circondarono minacciosi:
- Cosa vuoi fare, spaventarci le pecore?
- Distruggere il presepio con le tue bombe?
- Ma io non porto bombe, - rispose l'aviatore, - questo è un apparecchio
da turismo. Volete fare un giretto?
- Fallo tu, il giretto: gira bene al largo e non farti più vedere da
queste, parti.
- Sí, sí, - strillò la vecchina, - e mandate via anche
questa ragazzaccia, che mi vuol rubare le mie castagne...
- Nonnina, - fece la ragazza, - non dite bugie. Le vostre castagne, se me le
volete vendere, ve le pago.
- Mandatela via, lei e la sua maledetta chitarra!
- E anche tu, muso rosso, - riprese il pastore di prima, - torna alle tue praterie:
non vogliamo predoni, tra noi.
- Né predoni né chitarre, - aggiunse la vecchina.
- Chitarra stare strumento molto bello, - disse il pellerossa.
- Ecco, l'avete sentito? Sono d'accordo!
- Nonnetta, - fece l'aviatore, - ma perché strillate a quella maniera?
Dite piuttosto alla signorina di farci sentire qualcosa. La musica mette pace.
- Facciamola corta, - disse il capo dei pastori, - o ve ne andate tutti e tre
con le buone, o sentirete un'altra musica.
- Io stare qui. Ho detto.
- Anch'io stare qui, - fece la ragazza, - come il mio amico Toro Seduto. E
anch'io ho detto.
- Io poi, - fece l'aviatore, - sono arrivato da lontano, figuriamoci se me
ne voglio andare. Su, ragazzina, attacca, vediamo se la tua chitarra rabbonisce
la compagnia...
La ragazza non se lo fece ripetere e cominciò a pizzicare le corde...
Primo finale
Al primo accordo della chitarra, i pastori alzarono i bastoni e fischiarono
ai cani.
- Via di qua! Via subito!
- Acchiappa, Fido! Addenta, Lupo!
- Sotto, ragazzi: rimandiamoli al loro paese. - Anzi, mandiamoli a quel paese...
Il pellerossa, senza arretrare di un passo, agitò la
sua scure di guerra.
- Io stare pronto, - disse, - augh!
Ma l'aviatore la pensava in altro modo.
- Su, - disse, - non è il caso di fare un macello. Salta nell'apparecchio,
ragazza. E anche tu, Toro Seduto, vieni via. Il motore è acceso. Ci
siete tutti? Si parte!
Con un rombo il piccolo apparecchio si staccò dal presepio e cominciò a
svolazzare intorno per la camera.
- Dove andiamo? - domandò la ragazza, stringendosi al petto la chitarra
per paura che il vento del volo gliela portasse via.
- Conosco un magnifico scatolone dove si stava tanto tranquilli.
- Anch'io lo conosco.
- Anche io sapere. Augh!
- Allora, augh! Allo scatolone! Eccolo laggiú, è ancora aperto,
meno male. Festeggeremo per conto nostro, lontano da quegli ignoranti.
- Augh! - fece ancora il pellerossa. Ma non pareva del tutto soddisfatto.
Secondo finale
Al primo accordo della chitarra i pastori agitarono minacciosamente i loro
bastoni.
- Va bene, va bene, - sospirò allora la ragazza, - la chitarra non vi
piace. Ecco la faccio a pezzi. Però, per favore, richiamate i cani
prima che mi strappino i pantaloni.
- Brava, è cosí che si fa, - approvò la vecchina delle
caldarroste. - Vieni, ti darò un po' di castagne.
- Prima, - disse la ragazza, - datemi un po' di farina. Tingeremo di bianco
Toro Seduto, cosí i pastori non avranno piú ragione di diventare
nervosi a guardarlo.
Ben pensata, - dissero i pastori. - Ma lui, muso rosso, è d'accordo?
- Augh, - fece il pellerossa. E si lasciò tingere tranquillamente
di bianco.
- E l'aeroplano? - domandarono i pastori.
- Sapete che ne facciamo? - suggerì l'aviatore. - Gli diamo fuoco, cosí ci
scaldiamo.
- Ben pensata anche questa: tanto piú che la notte è fredda.
Il fuoco riportò finalmente la pace sul vecchio presepio. E intorno
al fuoco i pastori, al suono dei loro pifferi, ballarono la tarantella.
Terzo finale
Al primo accordo della chitarra i pastori fecero per slanciarsi contro i tre
nuovi venuti, ma una voce autorevole e severa li trattenne:
- Pace! Pace!
Chi ha parlato?
- Guardate, uno dei tre Magi ha lasciato la carovana e sta venendo dalla
nostra parte. Maestà, quale onore!
- Il mio nome è Gaspare, non Maestà. Maestà non è un
nome.
- Ciao, Gaspare, - disse la ragazza con la chitarra.
- Buona sera, figliuola. Ho sentito la tua musica. Be', non si sentiva un gran
che, con tutto quel chiasso. E ho sentito anche della musica migliore. Ma la
tua non era da buttar via.
- Grazie, Gaspare.
- Augh! - fece il pellerossa.
Salve anche a te, Toro Seduto, o Aquila Nera, o Nube Tonante, o comunque tu
voglia essere chiamato. E buona sera a te, pilota. E a voi, pastori, e a te,
nonnetta. Ho sentito il profumo delle tue castagne.
- Questa ragazzaccia me le voleva portar via...
- Su, su, forse ti è sembrato. Non ha l'aria di una ladra.
- E questo tipaccio con l'accetta? - gridarono i pastori. - Ci si presenta
al presepio, con quel muso rosso?
- Avete provato a chiedergli perché è arrivato fin qui?
- Non c'è bisogno di chiederglielo. Si vede benissimo: voleva
fare una strage...
- Io avere sentito messaggio, - disse il pellerossa. - Pace agli uomini
di buona volontà. Io stare uomo di buona volontà.
- Avete sentito? - disse allora Gaspare. - Il messaggio è per tutti:
per i bianchi e per i rossi, per chi va a piedi e per chi va in aeroplano,
per chi suona la zampogna e per chi suona la chitarra. Se odiate chi è diverso
da voi, vuol dire che del messaggio non avete capito nulla.
A queste parole fece seguito un lungo silenzio. Poi si sentì la
vecchina che bisbigliava: - Ehi, ragazzina, ti piacciono le castagne?
Su, prendi, e guarda che non te le vendo, te le regalo... E voi, pilota,
ne volete? E voi signor Toro Volante, scusate, non ho capito bene il
vostro nome, vi piacciono le castagne?
- Augh, - disse il pellerossa.
Il commento di Gianni Rodari
Il primo finale è antipatico. Il secondo, molto ingiusto: perché costringe il pellerossa a diventare un bianco. Quello giusto è il terzo, ma naturalmente posso sbagliarmi.
Gianni Rodari
da"Tante storie per giocare" ed. EINAUDI
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