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Il vecchio signore corpulento, vestito di pelli e pellicce, si fermò a riposare sulla punta della falce di Luna. Si tolse il cappello troppo caldo e si passò la mano sui folti capelli bianchi, resi scintillanti dalla luce notturna. Bum!
Un piccolino venne a sbattere contro la sua mole soffice. Era un angioletto biondo, con una camicina sottile e i piedi nudi. Niente ali: era quindi già pronto per andare sulla terra.
- Scusa… scusi signore, non l'avevo vista –
- Non preoccuparti – rise l'omone - Non è male avere compagnia quassù. Ma tu cosa fai qui, al freddo? Non è un bel momento per nascere. –
- Non decido io. Aspetto la mia stella. E tu cosa fai? –
- Io vado un po’ qua, un po' là… quando si portano dei doni a un bambino aggiungo un po' di polvere di Luna per renderli simpatici. Le bambole sorridono, i vestiti diventano più colorati, i soldatini spuntano le spade, i cavallucci restano in piedi. –
- Che bello! – il piccolino batté le mani – Io avrò dei cavallucci? –
- Dipende dalla famiglia che sceglierai. Guarda, laggiù ce n’è una che vive in una casa così grande che sembra un palazzo. –
- Bello, ma dov’è il babbo? Vedo la mamma che piange in un grande letto, con tante donne intorno, ma nessun babbo che aspetta. –
- Vero. E quella casa fra gli ulivi, con i campi di grano e la frutta sempre fresca? –
- Ci sono già così tanti bambini! Sarebbe bello giocare con tutti loro, ma preferirei far felice una mamma ancora tutta sola. –
- Allora resta solo quella coppia che si è riparata dal freddo in una stalla. –
- Mi piace. La mamma è così bella… e giovane. Il babbo ha qualche capello grigio, ma guarda che begli occhi. Non hanno bisogno della tua polvere di Luna. –
- No, si vogliono bene. Ma tu andresti davvero a vivere in una stalla? –
- Ma non abitano mica lì! – rise il piccino - Si sono solo fermati per questa notte! Oh, ecco la mia Stella! Devo prenderla per la coda, e poi buttarmi giù. Ciao Nonno, devo diventare un bambino. Spero che un giorno ci rivedremo qui, in cielo.
–
“Certo piccolino, certo” pensò il signore anziano, che era un Angelo anche lui.
La cometa non si spense, ma restò a brillare per notti e notti e notti. Era nato Gesù.
Passò qualche anno, e tutti in cielo erano lieti, vedendo il bambino diventare uomo, un uomo serio e molto buono. Tutti piansero quando fu ucciso, ma tutti tornarono più che felici quando lo videro in cielo, vivo! Vivo, ma in cielo!!!
L’angelo dei regali era fra i più contenti. Dopo tutto l’aveva visto nascere! Pensò che ora, dopo le parole che Gesù aveva seminato tra uomini e donne, non ci sarebbe più stato bisogno di lui, e della sua polvere di Luna; ma si sbagliava. Arrivarono tempi bui sulla Terra, tempi di guerre e distruzione, di odio e malvagità. Uomini e popoli usavano il nome di Gesù per combattersi l’un l’altro. Una vergogna senza fine.
Passarono più di mille anni, finché arrivò sulla Terra un piccino turbolento, che d’improvviso, diventato adulto, abbandonò tutte le sue ricchezze per vivere come Gesù aveva insegnato. E per ricordarlo cercò una capanna, una mamma giovane con un bambino appena nato, e chiamò tutte le persone del suo paese per ripetere quel che era stata la nascita di Gesù: il babbo premuroso, un bue, un asinello, tanti pastori con le pecorine, e tutti portavano un dono. Frutta, uova, un mantello, latte… quel che avevano. Era tanta la loro gentilezza che la polvere di Luna non era servita affatto. Dalla volta che il giovane Francesco creò il ricordo vivente della nascita di Gesù, le persone, a poco a poco, cominciarono a costruirsi dei piccoli ricordi con statuine colorate. Scelsero un giorno, anzi una notte, in cui tutti avrebbero ricordato questo evento, e sarebbe stato un giorno di pace e gioia per tutti.
Passarono centinaia di anni.
Il giorno della Nascita diventava sempre più bello, sempre più luminoso, sempre più ricco. Sempre più paesi si univano alla festa, e gli abitanti si scambiavano regali sempre più lussuosi. Strano a dirsi, l’Angelo dei doni non era per nulla contento.
- Mio signore Gesù, così non si può andare avanti! –
- Cosa ti preoccupa mio Buon Amico? –
Erano di nuovo sulla falce di Luna, ad osservare la Terra piena di luci rosse e di tanti altri colori. Qua e là purtroppo si udivano dei boati seguiti dalla luce multiforme dell’incendio. Paesi in Guerra.
- Questa dovrebbe essere la tua festa, Signore, festa di amore e pace. Invece guarda: là si combattono furiosamente, uccidendo vecchi e bambini, laggiù non hanno di che sfamarsi, in quell'altra parte si imbottiscono di cibo, e per finire, in questi paesi dove non ti conoscono nemmeno, festeggiano senza senso mettendo la mia immagine luminosa dappertutto. Babbo Natale! Vestito di rosso poi. Mi hanno fatto diventare un pagliaccio! Che spreco inutile. –
- Non devi angustiarti, vecchio amico. – Lo consolò Gesù. - E' vero, ci sono ancora tante guerre, tante malattie, ma tutta questa voglia di divertirsi e colorare la notte porta allegria, e le persone allegre non vogliono la guerra né veder soffrire gli altri. Prima o poi tutto si aggiusterà, anche se forse ci vorranno altri mille anni. E se ti preoccupi perché la tua immagine si vede più della mia… l'importante è che dia un messaggio di pace e amore. Il resto verrà da sé. –
- Ti credo, Signore. – rispose l’Angelo.
La fiaba è stata ispirata da un fatto realmente accaduto:
La tregua di Natale fu una serie di "cessate il fuoco" non ufficiali avvenuti nel Natale del 1914 in varie zone della prima guerra mondiale. Nel corso della vigilia di Natale e del giorno stesso di Natale, un gran numero di soldati provenienti da unità tedesche, britanniche e francesi lasciarono spontaneamente le trincee per incontrarsi nella terra di nessuno e scambiarsi cibo e souvenir. Oltre a celebrare comuni cerimonie religiose e di sepoltura dei caduti, i soldati dei due schieramenti intrattennero rapporti amichevoli tra di loro al punto di organizzare improvvisate partite di calcio. La tregua di Natale del 1914 rappresentò l'episodio maggiormente significativo di tutto il conflitto sia per il gran numero di uomini coinvolti contemporaneamente, sia per l'alto grado di partecipazione e fraternizzazione che si sviluppò.
Rosella Rapa (classe 1959) è nata a Torino. Si è laureata in Cosmo-Geo-Fisica, scrive e disegna fin da bambina. Collabora con Letteratour dal 2001, quando uscì il suo libro Draghi & Computer (sette racconti fantasy). Si interessa di Matematica, Letteratura e Storia Europea, vecchi Film e Serial impegnati. Le piace viaggiare, soprattutto nell'Europa del Nord, per vedere con i propri occhi paesaggi, arte e persone. Un po' estrosa, non ama pregiudizi e preconcetti.
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