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Il Vocabolario etimologico della lingua italiana (pubblicato nel 1907) di P. O. Pianigiani alla voce Erbario recita: dal latino Herbarius, da Herba: erba. Nel lessico attuale Erbario, come aggettivo, significa spettante alle erbe e alla botanica, come sostantivo si riferisce ad un libro contenente una raccolta di piante essiccate. Sempre lo stesso vocabolario cita l’etimologia della parola Herba: pascolo, cibo, foraggio attinente a nutro, alimento, ma ha radici anche nei verbi masticare, divorare, sostenere, nutrire, nella espressione: bovi ben nutriti, cibo e forse verde, legume, verdura. Nome generico di pianta che nasce in foglie dalla radice, che si rinnova ogni anno nella parte sopra la terra e che nel fusto e nei ramicelli non diventa legnosa, la quale nella massima parte serve di nutrimento agli uomini e alle bestie.
Secondo il suo significato etimologico originario l’Erbario è un contenitore, una raccolta, un luogo dove sono concentrate piante vive o essiccate che servono di nutrimento, sostentamento e per estensione medicamento; in senso più ampio informazioni su tali piante.
Ho cercato di classificare gli Erbari, intesi in senso etimologico, in relazione allo scopo per il quale sono stati costruiti, indicando la tecnica con cui sono stati realizzati e i valori aggiunti, le proprietà attribuite alle piante. Nella maggior parte dei casi gli Erbari costruiti per uno stesso scopo appartengono allo stesso periodo storico quindi riflettono l’evoluzione degli interessi dell’uomo: dagli Erbari antichi che avevano lo scopo puramente pratico di raccogliere informazioni e/o piante utili dal punto di vista medico fino a quelli moderni a scopo speculativo, scientifico, ed artistico. Il termine Erbario ha avuto nel tempo significati, sempre riguardanti le piante, diversi ed è stato concepito e realizzato in forme diverse. Come conseguenza della evoluzione e specializzazione degli interessi relativi alle piante si è reso necessario, nel tempo, differenziare e rinominare i diversi tipi di Erbari.
L’ Erbario è antico quanto l’uomo. Dalla loro comparsa sulla terra gli animali sanno trovare in natura, ed in particolare nel mondo vegetale, nutrimento e rimedio per le loro malattie. I nostri più antichi antenati, dall’osservazione degli animali, certamente ebbero un grande insegnamento e stimolo ad imparare a distinguere le piante dannose da quelle utili come cibo e rimedio ai loro disturbi. Oserei dire che la prima e primitiva forma di Erbario sia vecchia tanto quanto l’uomo e si sia resa necessaria, in tutte le parti del mondo, per la sopravvivenza umana e per la naturale aspirazione dell’uomo a trovare rimedi alle proprie sofferenze. Ovviamente di ciò non abbiamo testimonianze concrete né tantomeno scritte.
Seguiamo le testimonianze dell’evoluzione dell’Erbario nel bacino del Mediterraneo, non dimenticando che contemporaneamente anche in tutti gli altri paesi del mondo si è sentita l’esigenza di avere dei documenti concreti che servissero di supporto all’identificazione e alla catalogazione delle piante.
I primi Erbari scritti hanno lo scopo di fornire delle chiare indicazioni sull’uso delle erbe come medicamenti. Questi Erbari talvolta erano figurati: le piante venivano elencate, descritte e raffigurate. Malattia e guarigione dipendevano dalla volontà divina, perciò anche le piante usate come rimedi per curare le malattie venivano descritte in termini magici e mitologici.
2000 a. C. Si possono considerare primitivi erbari a ascopo medico, figurati, le tavolette di argilla e ipapiri dove gli Assiro Babilonesi e gli Egiziani ci hanno tramandato le loro conoscenze sulle piante.
Si riportano di seguito alcuni nomi famosi di studiosi di piante a scopo medico.
V secolo a.C. - Ippocrate
Ippocrate di Coo o Kos (Coo, 460 a.C. circa –
Larissa, prima del 377 a.C.) è considerato il padre della medicina e in
quanto tale sicuramente studiò le piante per proporle come rimedio ai suoi
pazienti
IV secolo a.C. Diocle di Caristo, autore del primo erbario di cui ci
sono state tramandate notizie e da cui, pare, che il contemporaneo
Aristotele, prese spunto per i suoi scritti filosofici sulle piante.
III secolo a.C. - Teofrasto di Ereso scrisse due importanti trattati botanici: il primo è la Storia delle piante, tratta di botanica generale, in 9 libri, in cui per la prima volta classifica in modo sistematico più di 500 piante individuandone le caratteristiche principali ed indicando i nomi di alberi, frutici, sufrutici ed erbe, in particolare nel IX libro, per la prima volta nella storia, elenca le piante medicinali e le droghe e ne descrive le proprietà curative; il secondo è la Causa delle Piante, tratta la fisiologia delle piante, in 6 libri (in origine 8 ) in cui studia la nascita spontanea e la crescita delle piante. Teofrasto per primo studiò i fenomeni naturali dal punto di vista naturalistico e non filosofico. Per molto tempo, senz’altro fino al Medioevo, gli studi di Teofrasto rappersentano uno dei contributi più importanti allo studio delle piante. In molte occasioni Terofrasto èstato chiamato il Padre della tassonomia.
II secolo a.C. - Nicandro di Colofone scrisse due opere in poesia didascalica quasi sicuramente illustrate: Theriaca (Rimedi contro le morsicature degli animali velenosi) e Alexipharmaca (Contravveleni o Antidoti ai veleni).
Fine secondo sec. a.C. - Crateuas detto Rizotomo, tagliatore di radici, che si riferiva a coloro che raccoglievano piante per usarle come medicine, era un erborista dell’epoca. Per incarico di Mitridate, re del Ponto (che è passato alla storia per i suoi tentativi di assuefazione ai veleni detta appunto mitridatismo e alla creazione di una panacea che porta il suo nome e che avrebbe dovuto proteggerlo da ogni veleno), suo sovrano e paziente, realizzò forse il primo erbario corredato da disegni di piante e relativa descrizione scientifica.
130-200 d.C. - Claudio Galeno è con Ippocrate il medico più famoso dell’antichità, il suo pensiero ha influenzato quello dei medici per oltre 1000 anni, nato a Pergamo (Turchia) ma vissuto a Roma, medico personale di Marco Aurelio e Commodo, autore di libri come Microtechnum (Ars parva, trattato di medicina generale e macrotechnumcheArsmagnao metofo terapeutico), inventore dei preparati “galenici” come idrolati ed elisir noti anche ai nostri giorni, ottenuti dall’associazione di specie diverse di medicinali secondo proporzioni precise. Fino a questo momento non sono spravvissuti erbari illustrati a noi noti.
23-79 d.c - Pllinio il Vecchio, autore della Enciclopedia Naturalis Histoiria di 37 libri che tratta tra le altre cose di botanica, e botanica medica. Fornisce una testimonianza sul metodo di realizzazione degli erbari: per prima cosa gli autori degli erbari disegnavano a colori le piante in mdo che fossero “somiglianti” e solo dopo scrivevano il testo nella parte sotostante.
I sec d.c. Dioscoride, medico militare al tempo di nerone, scrisse, a partire dalle sue esperienze in campo militare il De materia medica, 5 libri illustrati che trattano di farmacologia. Nel primo sono descritte le “sostanze aromatiche” (27 piantee droghe medicinali, 16 oli, 25 unguenti, 19 resine e catrami, 37 tra alberi earbusti, 32 frutti medicinali e commestibili); nel secondo 77 materie prime ricavate dagli animali e 100 piante commestibili; nel terzo e quarto libro tratta delle materie prime utili di origine vegetale, in medicina. Nel quinto scrive sulla vite, il vino e i minerali. In seguito scrisse altri libri sui veleni e sui farmaci. La sua opera resterà un punto di riferimento importante per le conoscenze scientifiche di questo argomento fino a tutto il medioevo fino alla comparsa della farmacologia chimica di sintesi.
IV sec. d.c. erbario figurato, nel papiro di Johnson rinvenuto in Egitto nel 1904, dove sono raffigurate, perfettamente riconoscibili, due piante: symphyton e phlomos.
V secolo dC - Pseudo – Apuleio o Apuleio Barbaro presenta elementi magici ed una concezione medico alchemica della medicina. Ebbe enorme fortuna nel mediioevo.
512 d. c. primo esempio illustrato del De materia medica di Dioscoride conosciuto come Codice di Giuliana Anicia dal nome della principessa di Costantinopoli per cui fu prodotto; appartiene alla Biblioteca Nazionale di Vienna, contiene 11 illustrazioni copiate direttamente da Crateuas.
5170-636 - Isidoro di Siviglia distingueva i Dynamidia, contenenti le propietà per curare le malattie, ed il Botanicum herbarium quod ibi herbae notentur (Etymol X) intendendo che le erbe erano indicate (notentur ) con la loro effigie.
L’Erbario di A.Cattabiani (1937-2003) è uno splendido dialogo sulle piante ed i fiori simbolici.
Anche un musicista ha creato un famoso Erbario. E’ l’erbario musicale di Jean Sibelius (1865-1957) che contiene 5 pezzi per pianoforte: 1) margheritina 2) garofano 3) iris 4) aquilegia 5) campanula. Ho ascoltato la campanula e faceva venire in mente proprio la campanula...
Ai giorni nostri, un erbario è una raccolta, per studio, ordinata e sistematica, di pianticelle appositamente seccate (exsiccata) e poi fissate su cartoncini di uguali dimensioni. In ogni cartoncino è collocata una specie, possibilmente con fiori e frutti, corredata con tutti i dati scritti in una scheda posta in alto o in basso, da cui si traggono a colpo d’occhio: nome scientifico della pianta, nome popolare, località, altitudine e regione di raccolta, data e anno di ritrovamento, nome del raccoglitore.
L’utilità dell’erbario è evidente. Un erbario ben fatto e ordinato, anche se a livello estetico spesso lascia un po’ delusi i neofiti per la perdita più o meno accentuata dei colori con l’essiccamento, rappresenta un materiale di confronto importantissimo, in quanto la morfologia della pianta non cambia col passare degli anni, se il materiale è ben conservato. E’ quindi importante eseguire con attenzione le varie fasi che porteranno alla realizzazione di un erbario.
Gli arnesi necessari sono:
Una volta arrivati in sede, le piante vanno tolte dai giornali e poste in un
luogo fresco (va bene anche in frigorifero se non si preparano subito). Ogni
esemplare deve essere disteso su un foglio di carta (velina) e poi posto su
un cuscinetto di 8-10 fogli di giornali quotidiani piegati a metà. Si
cercherà di disporre la pianta in posizione possibilmente naturale,
scegliendo eventualmente solo alcune parti. Sistemata la prima pianta,
un’altra serie di fogli di giornale farà da divisorio-assorbente su cui si
sistemerà la seconda; dopo 15-20 piante al massimo, si ripone il tutto su di
un piano. Si pone quindi sopra e sotto la pila di giornali una tavoletta di
legno delle dimensioni della pila stessa o poco più e si mettono sopra dei
pesi equilibrati. Si può utilizzare anche uno strettoio, dove delle viti a
farfalla permettono di graduare la pressione sui giornali. La pressione non
deve mai essere eccessiva, altrimenti si rischia di spiaccicare la pianta,
che invece deve asciugare naturalmente; nel caso di parti grosse, come i
bulbi, questi vanno posti verso gli angoli del foglio con la parte
vegetativa verso il centro e nel caso siano troppo grossi, è meglio
tagliarli a metà.
Per migliorare l’aspetto delle piante essiccate, prima di riporre le piante
nei giornali, è possibile usare lo zolfo bruciato sulle piante fresche.
Infatti l’anidride solforosa, oltre a disidratare i tessuti vegetali e
quindi a favorire la loro essiccazione, conserva i colori (solitamente le
piante essiccate tendono a ingiallire o inscurire, a causa del ristagno
d’acqua che rallenta l’essiccamento). In un recipiente metallico con
coperchio si mettono alcune piante addossate alle pareti del contenitore;
sul fondo del contenitore, in uno scodellino metallico, si mettono delle
pasticche o spirali di zolfo, del tipo usato per la disinfezione enologica
dei recipienti: 4-8 grammi sono sufficienti per un barattolo di 40-60 cm di
altezza e larghezza. Si accende lo zolfo e si chiude bene il coperchio; lo
zolfo brucerà fino ad esaurimento dell’ossigeno interno, ma è bene lasciare
chiuso per alcune ore, affinché l’anidride solforosa agisca completamente.
Le piante tolte dal recipiente saranno sbiancate e stinte, ma è solo un
effetto temporaneo; con l’essiccamento i colori torneranno abbastanza
vivaci. Naturalmente i risultati della solforizzazione dipendono dal tipo di
piante e dal colore dei fiori.
Al massimo 24 ore dopo aver messo la pila dei giornali e relative piante sotto pressione, occorre sostituire tutti i giornali con altri perfettamente asciutti e ripetere ogni 24 ore per tre-quattro volte o più, finché le piante non sono completamente secche ed asciutte. I pacchi vanno posti in luogo asciutto e ventilato, mai al sole; se la stagione è umida o piovosa, meglio tenere il pacco presso sorgenti di calore (camino, stufe..). Minoreè il tempo in cui le piante asciugano e si seccano, migliore è il risultato finale.
Le pianticelle devono ritenersi ben essiccate quando tutte le loro parti
saranno rigide e friabili ed è quindi possibile sollevarle senza che si
pieghino.
Casi particolari:
le piante grasse vanno poste tra fogli di vera carta assorbente e pressate
con il ferro da stiro ben caldo, cambiando più volte la carta; in questo
modo la pianta perderà gran parte della sua acqua e potrà essere essiccata
normalmente.
le radici grosse e carnose vanno poste in acqua bollente per qualche minuto
bulbi, tuberi o rizomi, soprattutto se molto grossi, vanno affettati
frutti carnosi vanno conservati in boccette con alcool al 20/30% o in
soluzioni di formalina al 5% e acqua.
Una volta essiccate, le piante vanno spostate delicatamente sui cartoncini bianchi su cui desideriamo fissarli. L’esemplare viene fissato con delle fascette trasversali di carta e spilli nei punti meno fragili e lontano dalle parti caratteristiche che serviranno alla diagnosi della specie. Solitamente, con 5-10 fascette la pianta è fissata; è bene usare spilli anziché colla o nastro adesivo (che seccano e ingialliscono) perché deve essere sempre possibile rimuovere la pianta dalla sua collocazione. In un angolo del cartoncino va applicata la scheda, che riporta i dati già annotati nel foglietto tra i giornali: nome popolare, nome scientifico, luogo e data di raccolta, tipo di terreno e altri dati ecologici, nome di chi l’ha raccolto e del determinatore. E’ consigliabile applicare la scheda dopo aver collocato la pianta per non essere costretti a modificarne la posizione; su ogni pianta fissata è bene mettere, per protezione, un foglio di carta velina delle stesse dimensioni del cartoncino.
Tutti i cartoncini con le piante secche vengono suddivisi in pile secondo la
famiglia di appartenenza, sistemate ad esempio in scatole metalliche e
riposte in un armadio asciutto.
I nemici peggiori di un erbario sono due: l’umidità, che porta le muffe, e i
parassiti che divorano le parti più tenere. Difendersi dai parassitiè difficile: si consiglia anzitutto un armadio metallico che sigilli bene (ed è funzionale anche contro l’umidità), poi all’interno vanno poste
ciclicamente della canfora o naftalina forte. Se si notano piccole
infestazioni, dato che i parassiti più piccoli entrano comunque e spesso
sono già presenti durante l’essiccazione, si consiglia di usare qualche
pizzico di paradiclorobenzolo, un anti-tarme molto potente. Il sistema più efficace e naturale è comunque il freddo: si collocano le exsiccata in
congelatore dentro alle loro cartelline e si lasciano per alcuni giorni.
Per classificare le piante che non si conoscono, è necessario considerare ogni elemento morfologico dell’esemplare. Dato che dalle foglie potrebbe sembrare una specie e dai fiori un’altra, andando per esclusione dobbiamo giungere almeno al genere; per far questo si utilizzano le tavole dicotomiche o chiavi analitiche, che tuttavia non sono semplici da usare per un principiante. E’ molto utile disporre di figure, fotografie, disegni, ogni tipo di immagine che permetta un confronto immediato.
Qui sotto, possiamo ammirare 4 delle 477 foto dell'Erbario redatto nel 2004 dalla Prof.ssa Noemi Tornadore dell'Istituto di Geobotanica dell'Università degli studi di Padova e riguardante specie vegetali dei Colli Euganei
Maria Dalla Francesca desiderava, da giovane, diventare ballerina di danza classica. Ha invece conseguito la laurea in Fisica nucleare. Nel 1998 motivi familiari l'hanno portata a gestire l'azienda agricola di famiglia, professione alla quale si è appassionata e che esercita nel rispetto dell'ambiente, della biodiversità e dell'eco-compatibilità.
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