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Di fronte, sopra i tetti, la piena 
              campagna si stendeva a perdita d'occhio. In basso, sotto di lei, 
              la piazza del paese era vuota, le pietre del marciapiede brillavano, 
              i segnavento delle case stavano immobili; all'angolo della strada, 
              da un piano inferiore partì una sorta di ronzio a modulazioni stridenti. 
              Era Binet che girava la ruota.
              Essa si era appoggiata contro la cornice della finestra della mansarda 
              e rileggeva la lettera con degli sghignazzamenti di rabbia. Ma più 
              ci si fissava, più le sue idee si confondevano. Lo rivedeva, lo 
              risentiva, lo riabbracciava tutto; e i battiti del cuore, che la 
              colpivano sotto il petto come dei grandi colpi di ariete, acceleravano 
              uno dopo l'altro, a intermittenza irregolare. Essa gettava lo sguardo 
              intorno a sé con il desiderio che la terra crollasse ai suoi piedi. 
              Perché non farla finita? Chi mai la tratteneva? Era libera. E avanzò 
              di un passo, guardò il pavimento dicendosi:
              - Su! Su!
              Il raggio luminoso che saliva direttamente dal piano inferiore tirava 
              verso l'abisso il peso del suo corpo. Le sembrava che il suolo, 
              nella piazza, oscillando si alzava lungo le mura, e che il pavimento 
              si inclinasse in fondo, come un veliero che beccheggia. Essa rimaneva 
              sull'orlo, quasi sospesa, attorniata da uno spazio enorme. L'azzurro 
              del cielo invadeva la sua persona, l'aria circolava all'interno 
              della sua testa vuota, non le restava che cedere, che lasciarsi 
              prendere; e il ronzio della ruota non finiva, come una voce furiosa 
              che la chiamava.
              - Moglie mia! Moglie mia! gridò Charles.
              Essa si fermò.
              - Dove sei? Vieni! 
              L'idea che veniva di scampare alla morte rischiò di farla svenire 
              dal terrore; chiuse gli occhi; poi rabbrividì al contatto di una 
              mano sulla sua manica: era Félicité.
              - Il signore la aspetta, signora; la minestra è in tavola.
Titolo:
 
            Il titolo fa riferimento ad un nome, presumibilmente il personaggio principale del romanzo. Di questo personaggio si può già sapere che è una donna, che è sposata (è una signora) e che quindi Bovary è il cognome del marito.
Stile narrativo e struttura:
La narrazione è fatta alla terza persona da un narratore esterno, focalizzato sul personaggio principale (lei, presumibilmente proprio la signora Bovary).
Il passo citato è diviso in quattro paragrafi: il primo è una descrizione fatta dal punto di vista del personaggio; il secondo e il terzo paragrafo sono un'analisi dei suoi stati d'animo; l'ultimo, infine, rappresenta un ritorno alla realtà esterna.
Personaggi:
Il personaggio principale è lei, su cui si focalizza la narrazione (il pronome essa è ripetuto più volte).
Appaiono anche altre figure:
- Binet, importante perché rappresenta un elemento di realtà con il suo produrre rumore;
- l'autore della lettera (di cui si sa che è un uomo amato dalla protagonista);
- Charles, il marito, che irrompe sulla scena con la voce;
- Félicité, l'unico personaggio ad apparire di persona assieme alla protagonista.
Colpisce la sensazione di vuoto e di solitudine che trapela dal brano nonostante poi siano presenti, direttamente o indirettamente, ben 5 personaggi.
Campi semantici:Osservazioni conclusive:
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