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I Balcani, un pezzo di terra gentile

di Anna Lattanzi - Sabato 24 Ottobre 2020

Nella categoria: HOME | Balcanica

 

Dare voce a chi voce non ne ha.

In questa affermazione di Livio Muci, della BesaMuci Editrice, si racchiude il fulcro di un progetto che da sempre anima le intenzioni dell'editore e che ho deciso di abbracciare in tutta la sua interezza: "portare" gli scrittori dei Balcani in Italia. Avrei voluto usare un termine differente da "portare", più elegante, meno gaudente, ma è l'unico che rende davvero l'idea.

Livio Muci afferma che "in occidente abbiamo completamente smarrito la narrazione, intesa come racconto, come divulgazione di memoria". La capacità di raccontare con fantasia la realtà, la capacità di scrivere con quell'armonia che inebria il lettore, come sicuramente gli autori balcanici sanno fare. Una fantasia la loro, incorniciata in una musicalità estrema, quanto delicata, che rende ogni libro, anche il meno corposo o il più realistico, una sorta di racconto fiabesco, che ha quella marcia in più. Ed è proprio da questa peculiarità che voglio partire, partire nel senso realista del termine, partire per conoscere i Balcani attraverso la cultura, attraverso i libri e gli scrittori, per "portare" la voce degli autori balcanici in Italia, per stimolare l'interesse dei lettori italiani verso una penna snella e potente allo stesso tempo, di una fantasia e di una soavità disarmante. É da questo punto fermo, saldo come una roccia, che parte la mia avventura nei Balcani.

 

Pane rosso a Belgrado

Arrivo a Belgrado che ancora non è sorto il sole, dopo un viaggio durato ore, in piena pandemia Covid. La stanchezza è tanta, i dispositivi di protezione fanno la loro parte, non so a che ora potrò fare una doccia e posare i miei bagagli, ma non importa. Sono a Belgrado e la mia avventura è appena iniziata. Riposare in questo momento, per me, è sinonimo di "perdita di tempo".

Voxi, così si chiama il mio gentile tassista, che proprio tassista non è, ma è anche host, anzi super-host, mi parla attraverso un'applicazione che traduce il serbo in italiano ed è così ci capiamo alla perfezione. "È presto per poter avere l'appartamento" mi dice, "sai, le disposizioni anti-covid impongono regole ferree, è appena andata via una persona, bisogna sanificare" e poi mi spiega, mi spiega. Ma io sono a Belgrado, ascolto, sì, gli do ragione, va bene aspetto. Come arrivo in centro città? "Sempre dritto, andando in sù..mi raccomando, in sù, non in giù".

Mi chiedo come faccia Voxi a sapere del mio pessimo senso dell'orientamento. Così vado in sù e dopo qualche minuto, mi ritrovo davanti a uno spettacolo inaspettato: Piazza della Repubblica, dove troneggia la statua del Principe Mihailo Obrenović a cavallo. In un minuto, ma forse, in questi pochi secondi, è nato il mio amore per Belgrado (io, inguaribile romantica, al colpo di fulmine ci credo). L'impatto, l'aria che ho respirato in quei minuti, sono stati avvolgenti e travolgenti. Il mio primo giro, in una Belgrado ancora dormiente, mi ha fatto arrivare, quella stessa sonorità, quello stesso calore, quella stessa bellezza che ritrovo nei romanzi di chi scrive, essendo nato qui o vivendo qui. Sarà così per il resto dei Balcani? Ne sono convinta, in un minuto, in una manciata di secondi, le mie convinzioni si sono rafforzate e diventate certezza. Mi ricordo che non mangio dal pomeriggio precedente e sempre il prezioso Voxi, mi consiglia il Red Bread. Mi dirigo accompagnata dal mio pessimo inglese, che nonostante io lo maltratti, mi permette di concedermi una ricchissima colazione. Un posto accogliente, che diventerà il punto di ritrovo di ogni mattina, un locale colorato nella sua sobrietà, dove mi sento bene ogni giorno. Mentre consumo la mia prima colazione a Belgrado, ancora non so che Pane rosso (amo italianizzare ogni nome, che brutta abitudine...o sarà buona?) diventerà il punto di ritrovo mio e di un caro amico.

 

Virgjil Muçi

Vi svelo che tutta la mia spavalderia e sicurezza, nell'approdare a Belgrado, risiede nel fatto che Virgjil Muçi sarà il mio punto di riferimento e il mio sostegno in questa avventura. Ci incontriamo così, davanti a un caffè a Pane Rosso; è da mesi che sono in contatto con Muçi, (il tutto vede gli albori con un'intervista, che mi ha gentilmente concesso circa un anno fa), è nata un'amicizia ed è un amico che incontro, come se non ci si vedesse per la prima volta, come se fosse una persona conosciuta già e incontrata tante, tantissime volte.

Virgjil Muçi è albanese, diplomatico a Belgrado, una fonte di cultura inesauribile per me. Scrittore bistrattato in Albania (vincitore Premio Kadare 2018, con Piramida E Shpirtrave, tradotto e pubblicato in italiano, La Piramide degli Spiriti, BesaMuci 2019), ma notevolmente apprezzato in Italia, ha la capacità di scrivere un romanzo carico di passionalità, nello stesso modo in cui scrive una fiaba (Streghe, BesaMuci Editrice 2015). Autore poliedrico, adatta facilmente la propria penna alla drammaticità, così come la adegua alla leggerezza di una storia fantastica. Il suo stile ha tutto quello che una buona scrittura, per essere definita tale, deve avere: musicalità, concretezza, incanto, drammaticità, con una punta di originalità che è sua e che nulla ha a che vedere con altri.

"E così sei arrivata" mi dice, ed è stata una delle prime frasi, che  ha poi accompagnato una settimana di contatti. In questo sabato mi rendo conto di quanto io abbia sottovalutato le conoscenze di Virgjil, di quanto lui sia per me amico e maestro, di quanto la sua cultura libraria e storica spazi nel tempo e tra gli argomenti più disparati. Mi rendo conto di quanto, quella sofferenza per le traversie del suo Paese, che ho colto attraverso la lettura del suo romanzo, mi sia arrivata solo in minima parte e che in realtà è di una potenza disarmante. E mi rendo conto di quanto abbia più volte erroneamente pensato ad una sua scarsa autostima in qualità di autore, di quanto io abbia scambiato il suo mettersi continuamente in discussione come scrittore, con lo scarso apprezzamento delle proprie capacità. In verità, è tutto frutto di una critica a volte spietata e malata nella sua scorrettezza, a cui è necessario rimediare con il giusto, l'equilibrato e il meritato. Sono fortunata, la mia avventura a Belgrado è iniziata conoscendo, anzi incontrando come fosse "l'ennesima volta", uno scrittore arricchente e di spessore. Ed è con lui che conosco il Restoran Klub Knjizevnika, il Club degli scrittori, un posto senza tempo, dove sono passati personaggi del calibro di Alfred Hitchcock, Alberto Moravia, Simone de Beauvoir e tanti altri. Un luogo avvolto dalla magia e che profuma di cultura.

 

Vladislav Bajac

Una settimana in cui ho incontrato e ho iniziato a conoscere un pezzo d'Europa gentile, culminata nell'incontro con Vladislav Bajac, scrittore giornalista ed editore serbo. Anche in questa occasione, Virgjil e sua moglie mi accompagnano, perché in tutto questo ho anche gli interpreti personali (cosa voglio di più?). Raggiungiamo Bajac presso la sua libreria Geopoetika, per poi trasferirisci presso il suo studio. Ha lo sguardo vivace, Bajac, e il sorriso di chi è realmente contento di quello che fa, di come lo fa, con un retroterra di amarezza, non facilmente identificabile agli occhi altrui. Ci accoglie con gentilezza e orgoglio nel suo mondo: il suo studio è collocato in un edificio antico, poco distante dalla libreria. L'ambiente è ordinato, quasi patinato, invaso da libri, disposti con quell'affetto che solo chi ama la lettura conosce. La scrivania è di chi lavora, ma dando un certo ordine alle cose; mi piace vedere che in un ambiente così accogliente e che rasenta la perfezione, c'è un bicchiere lasciato sul tavolino, in cui sembrano esserci dentro residui di liquido ambrato. Un bicchiere posato con cura sul suo sottobicchiere, ma simbolo del tempo che qualcuno (probabilmente lo stesso Bajac), ha trascorso in quel posto, un oggetto di uso comune, emblema di un'umanità che poco prima è passata da lì.

Mi piace Bajac, parla con entusiasmo, racconta che nella vita ha fatto davvero di tutto, che ha conosciuto personaggi di un certo livello, che ha fatto anche film e quello che mi colpisce di più è il suo ritenersi fortunato. Una fortuna aver potuto realizzare tante cose, per aver fatto di tutto, una fortuna aver tradotto e pubblicato romanzi come Il nome della rosa, che gli ha permesso di fare conoscenze arricchenti, come quella di Umberto Eco. Il suo modo di porsi può sembrare di chi è pieno di sé, ma in realtà è la pura fierezza di chi ce l'ha fatta.

Durante l'intervista, che gentilmente mi concede, parla della volontà di abbandonare i suoi innumerevoli impegni, per dedicarsi unicamente alla scrittura. Parliamo poi a lungo del suo libro Hammam Balcania (Jacka Letteratura, 2012), uno scritto alquanto singolare, che si snoda su due piani temporali differenti, in cui Bajac narra delle difficoltà identificative dell'uomo, che possono essere abbattute dalla permeabilità dei confini. "Ho abbattuto i confini" afferma Bajac, "perché prima, quando nulla era confinato, non esistevano queste problematiche relative all'identità umana". Ironizza su di sé l'autore serbo, autoironizza e si autoanalizza, perché come lui stesso dice "tutto parte da noi". Si mette a nudo nel suo libro, ma lo fa ulteriormente di persona, quando con una sofferenza che viene fuori in modo delicato, ma pesante come un macigno, spiega quella posizione non giudicante che emerge in Hammam. E la spiega facendo riferimento a un suo pezzo di vita, che riguarda la dualità, forse mancata, con suo fratello gemello. "Mi sono sempre sentito come qualcosa di malato dentro", ovviamente in senso metaforico, ma è una frase che colpisce e che disegna una drammaticità latente, che però, forse con la maturità, emerge in maniera netta e in qualche modo salvifica.

L'orgoglio non abbandona mai Bajac, anche quando parla della sua casa editrice Geopoetika, che si occupa esclusivamente di letteratura di qualità. Un'espressione, quest'ultima, che mi lascia perplessa, ma anche in questo caso Vlada non si perde d'animo, accarezzando ancora la mia fierezza italiana e portando come esempio Il nome della rosa. "É un thriller, ma allo stesso tempo molto profondo, di spessore, importante..." afferma Bajac. "Umberto Eco, mi ha inviato circa quaranta pagine, per spiegarmi la descrizione della barca, solo per quello!" Sì, non ho bisogno di altre spiegazioni, capisco cosa vuole dire, le mie perplessità scompaiono e aggiungo tra me e me che sono d'accordo con lui.

Scambiamo ancora due chiacchiere con Vlada, che in Italia ha pubblicato anche Supporto per i sogni, (Besa Editrice 2008), una raccolta di racconti che spaziano nel mondo fantastico e onirico. Rimango affascinata dal modo in cui Bajac racconta brevemente di questo libro. Si avvicina per farlo, usa prima il bracciolo della poltrona come appoggio e poi si accovaccia, perché vuole spiegare a me, che ho costretto il mio traduttore a dire di quanto io sia appassionata di sogni e della teoria junghiana e del mondo onirico, che fondamentalmente il suo libro nulla c'entra con tutto questo, ma che si tratta di favole e racconti, che terminano con una morale e che navigano nel mondo fantastico dei sogni. Lo fa con delicatezza e io apprezzo.

Sì, vero, hai colto nel segno... non ho letto il libro, ma mi sono fatta incantare dal titolo, dalla copertina, dalle poche spiegazioni sul web. Sai cosa c'è, però, Vlada, che adesso mi è proprio venuta voglia di leggerlo!

Ed è così che ci salutiamo, ed è così che rimango incantata da un uomo che mette la sua vita al servizio della cultura, che porta nel suo Paese libri di qualità e che soprattutto sa raccontare e può raccontare.

 

La casa di Aga

Ed è la ricerca dell'identità l'argomento fulcro del film La casa di Aga, per la regia di Lendita Zeqiraj, una regista kosovara, che sarà trasmesso questa sera e di cui vi parlerò nel prossimo speciale.

 


Quest'articolo di Anna Lattanzi è stato segnalato sulla pagina culturale di un'importante rivista serba, Nova:

Kriticarka iz Italije o Beogradu, albanskom diplomati, Bajcu - 03. Nov. 2020


 

Anna Lattanzi (classe 1970) è nata a Bari, dove ha frequentato la facoltà di Lettere e Filosofia. La passione per i libri e la scrittura hanno da sempre guidato il suo percorso di vita e professionale. E' amante dei viaggi e delle passeggiate nella natura, prediligendo su tutto la montagna, che sembra permetterle di toccare il cielo con un dito.

 

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