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I Balcani, un pezzo di terra gentile

Quando la cultura passa dalle emozioni

di Anna Lattanzi

Nella categoria: HOME | Balcanica

 

Belgrado, in quest'ultima settimana, mi ha lasciato svariate emozioni, dalle più delicate alle più forti. Mi ha donato molta serenità, ma mi ha fatto arrivare anche la rabbia di chi vuole farcela e non riesce, per ignoranza o impedimenti altrui. Mi ha donato la bellezza degli edifici e lo sfogo di chi sente di subire un torto. Perché la cultura passa anche dai confronti, quelli belli.

 

Smederevo

Il sole fa capolino in questo sabato, mentre a Belgrado compaiono le prime decorazioni natalizie. Nel weekend, la città si sveglia più tardi e per questo apprezzo ancora di più le mie passeggiate mattutine.

Oggi ti porto a Smederevo, ti faccio conoscere un amico e un piccolo bel posto.

No dai Ilir, restiamo a Belgrado.

Niente da fare, dopo nemmeno cinque minuti di resistenza, siamo in auto diretti a Smederevo.
Il piccolo comune, si trova a circa un'ora di macchina da Belgrado, nella Serbia Centrale. Mentre viaggiamo, Ilir mi racconta che la cittadina, sotto la dinastia Branković, è stata per un breve periodo -dal 1430 al 1439- capitale della Serbia, per essere poi conquistata, dopo pochi mesi di assedio, dagli Ottomani. Altrettanto è accaduto nel 1806, durante la Prima rivolta serba, quando è stata scelta come capitale temporanea della Nazione. Ed è chiacchierando, ed è ascoltando affascinata i racconti di storia, che mi ritrovo davanti a una meraviglia: la Fortezza di Smederevo.

Quella che vedi è una costruzione risalente ai primi del '400, per volere di Durađ Branković e ulteriormente fortificata dall'Impero Ottomano, verso la fine del secolo. Ha resistito molto bene agli attacchi e agli assedi, fino a essere gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale. Dal 2009 si sta tentando un'opera di restauro...Mi stai ascoltando?

Sì Ilir, ti ascolto, ma sono incantata dal fascino di questo posto, dalla magia da cui è avvolto. C'è pochissima gente intorno a noi e  questo mi permette di ascoltare il magnifico silenzio che avvolge l'edificio. Non riesco a immaginare conflitti e guerre. Non riesco a credere che gli occhi degli uomini dell'epoca, rivolti verso il Danubio, straordinariamente lucente, abbiano pensato a strategie diverse, da quelle legate alla conquista del cuore della propria amata, sino alla pace dello spirito e del corpo.

Sarebbe bello, ma non è così...Tutto nasce da una strategia che nulla ha a che fare con i sentimenti. La posizione della fortezza, per esempio, è stata studiata affinché potesse diventare un centro religioso e commerciale, come è poi accaduto.
Sei un guastafeste, Ilir...

Sì, lo so. Durante la seconda guerra mondiale, i tedeschi l'hanno usata come deposito di munizioni, che qualche tempo dopo esplosero accidentalmente, provocando una strage. La costruzione venne così gravemente danneggiata, ma non solo. La deflagrazione provocò la morte di più di 2500 persone. I bombardamenti degli Alleati hanno poi finito il resto. Oggi, la fortezza ospita concerti, festival, fiere, a seconda delle occasioni e come vedi, il parco è molto bello da visitare.

Nonostate le realistiche parole di Ilir, io continuo a fantasticare e mi piace pensare, come su questo ponte, dove ora sto camminando, siano passati degli uomini, che non avevano in mente la guerra, ma l'amore, non guardavano l'orizzonte in attesa del nemico, ma aspettando i sogni e quella voglia di realizzarli, al fine di rendere felice qualcuno. Mura, pietre, rovine, un ponte, tanta acqua intorno e non so perché, mi sento avvolta da una sensazione di pace, di benessere e di quell'amore che sono sicura, sia passato da questi posti, in un modo o nell'altro.

Dai andiamo, ti faccio conoscere Nikola.

Saluto la Fortezza, portando con me un pezzo di quella magia che mi ha regalato e che mai più dimenticherò.

 

Nikola

Mi dispiace non parlare italiano. Ho provato diverse volte ad approcciarmi alla tua lingua, ma con scarso successo, anzi, direi proprio senza alcun successo.

Ride di gusto Nikola, un giovane, a cui non do più di trent'anni, ma che poi scopro averne circa quaranta. Ha scritto un libro, un po' particolare, come lui stesso lo definisce.

Nel mio libro, parlo di religione, ma non come puoi pensare. Cerco di demonizzare le religioni, cerco di far capire alla gente, come il credere nelle istituzioni ecclesiastiche renda schiavi. Pensaci. I cattolici, per esempio, non sono schiavi della Chiesa? Io non metto in discussione la fede, in sé, ma i luoghi di culto ed è solo un esempio. Io dico, ti sembra normale che si debba andare in chiesa per pregare? O al tempio? Che senso ha?

Anche per me non ha senso, ma non vedo che male ci sia se una persona vuole farlo. La libertà individuale dove la metti?
Non mi sono spiegato. Certo, che se una persona vuole farlo, nessuno deve impedirglielo. Io esprimo il mio punto di vista. Le istituzioni, legate a qualsiasi religione, strumentalizzano la fede. Perché i fedeli non lo comprendono? Perché non si sentono liberi di professare il proprio credo, indipendentemente dai capi-che poi chi li ha istituiti?-delle relative dottrine?

Sono in parte d'accordo con Nikola, ma non ho voglia di intavolare una discussione su tutta l'altra parte che non mi piace. Quello che mi colpisce, è quanto quest'uomo mi confida dopo.

Il mio libro è stato rifiutato da tutte le case editrici a cui l'ho proposto, editoria a pagamento compresa. Perché parlo di religioni, perché parlo di chi ci mangia sopra! Nessuno vuole pubblicarlo. Non l'avrei mai mandato alle stampe a pagamento, ma ho voluto provare per pura curiosità. Niente! Rifiutato. Ma guarda che me lo dicono sfacciatamente il motivo. Questa è censura bella e buona!

Sono rammaricata e dispiaciuta e mi rendo conto che in qualche modo tutto il mondo è paese. Vorrei dire qualcosa a Nikola, vorrei dirgli di non mollare, di tenere duro, di continuare a proporre il suo libro, ma il suo sguardo è stanco e deluso.

Mi sono arreso, non ho voglia di continuare a sentirmi dire che un argomento così non va bene, che creerebbe polemiche inutili. Lo terrò per me, lo farò leggere ai miei figli, agli amici e a chiunque vorrà vedere oltre.
La conoscenza di Nikola mi lascia un grande vuoto. Amo il mondo dell'editoria, è parte integrante della mia vita, ma ancora oggi, dopo anni, faccio fatica ad accettare e a comprendere simili realtà. Perché la cultura passa dalla libera espressione di pensiero e dalla libera informazione.

 

Chiamami Dragana...

Sono a Pane rosso, mentre affondo la forchettina nell'ultimo boccone di torta al cioccolato con scaglie di arancia, una sublime bontà che metterebbe di buon umore anche il più triste degli uomini tristi, quando squilla il mio telefono. Un numero strano che non riconosco...

Ciao, tu sei Anna, l'italiana di cui parlano su nova?

Qualcuno mi parla con un italiano stentato dall'altro capo del telefono e non so chi sia. Mi rendo conto che è una donna e il suo linguaggio mi sembra comunque comprensibile.

Sì, ma tu chi sei? Soprattutto, chi ti ha dato il mio numero di telefono?
Chiamami Dragana, non preoccuparti di tutto il resto. Ci possiamo incontrare?

Perché?

Devo parlarti io della realtà culturale dei Balcani. Secondo me ti raccontano un po'di frottole. Parliamone.

Accetto l'incontro, nascondendo l'iniziativa ai miei amici qui a Belgrado, che forse non avrebbero visto di buon occhio la cosa. Pretendo, però, di vederla a Pane rosso, perché ormai sono di casa e mi fa stare più tranquilla. Stabiliamo l'incontro per le ore 10.00, ma quando arrivo Dragana è già lì. Niente convenevoli, un semplice ciao, piacere.

Ho chiesto di vederti, perché vorrei farti capire che non è tutto oro quello che luccica.

L'italiano stentato della telefonata è in parte sparito, adesso è decisamente più fluido.

Tu parli di cultura dei Balcani, di letteratura dei Balcani, ma qui gli uni vanno contro gli altri. Il livello culturale è uguale a quello politico. Tu pensi che gli Stati dei Balcani, tra loro, costituiscano dei ponti, affinchè ci siano interscambi culturali? Nessuno. Niente di tutto questo. Guerra e soltanto guerra. Non farti illudere.

So che è una realtà difficile, ma guerra in che senso?

Che ci maltrattiamo gli uni con gli altri. Che non cooperiamo, che se uno scrittore è serbo, può essere e sono ancora gentile, che non venga minimamente considerato dagli altri Paesi, che non venga invitato alle Fiere o agli eventi. E qui in Serbia, non si è da meno. Tu devi mettere sulla bilancia politica e cultura per capire veramente. Sono due cose che qui non riescono a staccare, non riescono a rendere indipendenti.

Questa è una tua idea, però...

No è qui che ti sbagli. Sai quanti discorsi e discussioni e mail e messaggi? Ti servono prove per capire che la letteratura dei Balcani non esisterà mai? E sai perché? Non la vogliono! Nemmeno l'unità culturale vogliono. Cosa pensi?

Io veramente non penso nulla. Certo, sarebbe bello capire meglio.

Quello che è da capire meglio, è che per fare in modo che la cultura balcanica esista davvero, sarebbe necessario abbattere le barriere politiche, che caratterizzano anche l'andamento intellettuale. E per questo andrebbero coinvolti personaggi di spicco, che sono certa rifuggirebbero dalle loro responsabilità.

Dragana mi parla di  esperienze vissute, di confronti svolti in occasioni di rilevante importanza, di risposte ricevute e di domande fatte, che non riporto per ovvie motivazioni. Mi parla con una rabbia che non conosce nemmeno una virgola di serenità e neanche un punto di calma. Agitazione e adrenalina, voglia di giustizia e urgenza di farmi capire dove sta realmente il marcio. Oggi, posso dire di aver ascoltato il parere di una donna, che non mi ha voluto rivelare il suo nome reale e nemmeno il suo ruolo in tutto questo, con la promessa di un altro incontro, caratterizzato anche da fatti e non solo da parole. Dopo questa conversazione, non posso non rileggere le parole di Livio Muci, a proposito di Balcanica, relativamente al suo obiettivo e all'obiettivo della BesaMuci Editrice.

Non a caso, pochi anni dopo, ho fondato con altri editori balcanici un’associazione che esiste ancora e si chiama Balcanica, con la quale si tenta di raggiungere un obiettivo difficilissimo, quello del dialogo tra le letterature dei Paesi balcanici. L’accettazione del diverso è un problema ovunque, non solo da noi in Italia; le forme di razzismo sono un fenomeno planetario. Anche negli stessi Balcani, come succede ovunque, i popoli tra loro si parlano con estrema difficoltà. Con Balcanica abbiamo voluto tentare questo difficilissimo passaggio dalla sola letteratura albanese alla letteratura dei Balcani. Abbiamo voluto in qualche modo costringere questi popoli anche a parlarsi. Come? Attraverso la letteratura: è chiaro che non sono compiti facili e che avrebbero bisogno di ben altre forze in campo. Il fatto che lo faccia io anche nella mia modestia operativa la dice lunga: non è semplice mettere queste persone insieme, dando loro la possibilità di un dialogo aperto e civile. Questa è un po’ la traccia filosofica di Besa.

Mi sento ancora più determinata, perché la cultura passa anche dalle convinzioni e dalle certezze.

 

Il Tempio di San Sava

Da quando sono approdata a Belgrado, vedo questa grande cupola che troneggia elegante sulla città.

Vai a vedere il Tempio, ne vale la pena.

Mi stordiscono, come campane nelle orecchie, le parole di Virgjil Muçi, perché sono da tre settimane a Belgrado e non sono ancora andata a visitare il Tempio di San Sava, la più grande chiesa ortodossa al mondo. Dopo un tentativo naufragato, a causa del mio pessimo senso dell'orientamento, ci riprovo giovedì, in una giornata caratterizzata anche dal cambio di appartamento. É indescrivibile l'emozione provata, credo che nessuna parola possa pienamente spiegarla. Una mole mastodontica che toglie il fiato, il Tempio si eleva su tutta la città di Belgrado, con la sua immensa cupola, sulla quale svetta una magnifica croce dorata. É circondato da un grande parco, dove poter passaggiare e magari leggere un buon libro. Rimango per un po' fuori, mi rendo conto di essere impreparata e di non sentirmi pronta ad accogliere tanta meraviglia. Guardo la cupola, la sua magnificenza e osservo attentamente quella croce, che svetta verso il cielo, quasi a voler raccomandare lassù di guardare questo mondo e invitare noi, esseri umani, a essere migliori. Ed è con questo spirito che entro nel Tempio di San Sava. La cupola che vista da dentro mi affascina ancora di più, si eleva su una pianta centrale, sostenuta da quattro pennacchi. Lungo ognuno dei quattro lati dell'edificio, si trova un'abside, sormontata da una semicupola. Gli spazi sottostanti queste cinque semicupole, sono separati dalla navata centrale e hanno il compito di sorreggere le gallerie. La costruzione del Tempio è iniziata nel 1937, ma a oggi il Monumento risulta ancora incompiuto.

Mi sento persa in tanto splendore, ogni angolo attira il mio sguardo, ogni particolare è di mio interesse, ogni decorazione mi sembra meravigliosa e quello che provo mi emoziona. Mi sento pervasa da una strana e straordinaria calma, sento profumi, mi gira la testa per tanta grazia. Ruoto su me stessa, come una bimba che vede qualcosa di incantevole per la prima volta nella sua vita, riempiendo così gli occhi di stupefacente bellezza. Dona brillantezza alla struttura il porfidio verde dei colonnati, che sorreggono le gallerie e sono di una mano magistrale le decorazioni interne in travertino, che rappresentano motivi floreali. Nella parte orientale delle navate, si trovano due cappelle, la prima incompleta, mentre l'altra è composta da un presbiterio sul quale regna una bellissima volta a botte affrescata. La cupola centrale è incompleta, come le altre, mentre l'abside centrale è fregiata con del marmo bianco. Non voglio dilungarmi nella descrizione del Tempio, perché corro il rischio di annoiarvi, ma spero di farvi arrivare tutte le più vive sensazioni che questa visita mi ha lasciato. Perché la cultura passa anche dalle emozioni che l'arte ci dona. Sensazioni pure, che nulla hanno a che fare con il mistico, ma con quello che l'uomo ha tra le mani. Perché l'arte è potere, perché l'arte ha la capacità di regalare splendide suggestioni. Ed è con questo pensiero che saluto il Tempio, con un arrivederci, perché io qui ci tornerò e non una volta, ma più e più volte. Al prossimo speciale.

 

 

 

 

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