Grammaticografia
Storia ed evoluzione di una disciplina
antica
Dal '400 al '500
di Valeria Pagano
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• Introduzione
• La nascita della grammatica italiana e Leon
Battista Alberti
• Il '500 e l'evoluzione della Grammatica
• Fortunio e la prima grammatica edita nella
lingua italiana
• Bembo
• Trissino e la Grammatichetta
• La grammatica Toscana nel '500
Durante il quindicesimo e il sedicesimo secolo, l'insegnamento
del volgare era molto limitato, veniva insegnato soprattutto al ceto mercantile
e alle femmine che ricevevano una cultura.
In un primo momento l'insegnamento si limitava alla sola lettura. Gli
strumenti usati a scuola erano una tavola con le lettere dell'alfabeto,
sillabario e libro di lettura.
Il volgare godeva di scarso prestigio, mentre il latino era regolarmente
insegnato. I maggiori testi letti in volgare erano testi agiografici,
mentre gli autori più letti erano Ariosto e Buono d'Antona. I classici
della letteratura italiana erano riservati allo studio privato e familiare.
L'insegnamento volgare era quasi d'obbligo per gli stranieri: a Siena
le lezioni di medicina, diritto, filosofia erano tenute in volgare.
Nel 1589 ci fu la prima cattedra di "toscana favella", sempre
a Siena.
Riguardo la grammatica latina, nel medioevo ci fu un allontanamento
dalle grammatiche classiche (Elio Donato, Prisciano). Con l'umanesimo
ci fu una ripresa dei principi grammatici tradizionali, grazie anche a
nuovi codici ritrovati ci fu nuova conoscenza del latino. I testi grammaticali
più significativi dell'umanesimo furono le Regulae Grammaticales
di Guarino Guarini Veronese, le Elegantiarum Linguae Latinae Libri Sex
di Valla (1471). C'è un approccio filologico al latino. Il maggiore
autore di grammatiche latine al tempo fu Giovanni Flaminio con le Grammaticae
Institutiones (1522). Le grammatiche erano comunque poco usate nelle scuole.
Inoltre si incominciano a diffondere nuove grammatiche latine in volgare,
come la"Grammatica della lingua romana" (detta priscianese -
1540).
La nascita della grammatica italiana e Leon Battista Alberti
In ambito linguistico-letterario c'è la rivalutazione
del volgare dopo che l'umanesimo indicava nel latino la letteratura per
eccellenza. In altri paesi europei ci fu la rivalutazione del volgare
soprattutto per l'affermazione degli stati nazionali.
Linguisticamente vi è una regolamentazione del fiorentino, necessaria
soprattutto dopo la nascita e evoluzione della stampa. I caratteri generali
della grammaticografia dell' italiano comune sono il fine prevalentemente
estetico retorico letterario e un forte legame con questione della lingua,
dipendente dalla tradizione grammatica greco - latina. La prima grammatica
della lingua italiana, in ordine di tempo, è la Grammatichetta
vaticana di Leon battista Alberti. La Grammatichetta è un testo
rimasto al di fuori della tradizione grammaticale, poiché è
stata scoperta solo nell'800. Il testo era registrato come codice
vaticano reginense latino 1370, era adespota e anepigrafa, copiato
nel 1508 da un manoscritto con committenza di Bembo. Scoperto poi nel
1850 e pubblicato nel 1908, secondo gli esperti la datazione è
pressappoco tra il 1438 e il 1441. La Grammatichetta è un testo
sintetico, si apre con le lettere alfabeto elencate per complessità
di segno grafico, gradi di apertura ( ad esempio delle vocali e o), la
distinzione di v/u. Alberti si dedica al sistema ortofonico, segnando
spiriti e accenti. Importante è la sezione dedicata alla morfologia.
Secondo Alberti le parti del discorso sono nome, articolo, pronome, verbo,
tutte forme dipendenti dalla precedente grammatica latina. Vi è
una totale omologia di strutture tra il latino e il volgare, soprattutto
perché quest'ultimo è in costante riferimento con latino.
Anche se per determinati aspetti, secondo l'autore, si discosta nettamente,
ad esempio l'individuazione del modo condizionale (condizionale assertivo).
Anche nella terminologia si rifà alla grammatica latina. Alberti
traduce dal latino le parti del discorso, le categorie nominali (i nomi
propri), i modi verbali (l'ottativo).
Il modello letterario è quello definito "fiorentino argenteo",
con esempi linguistici coniati da lui stesso, dove la lingua è
viva e di livello medio. Pochissime sono le indicazioni del fiorentino
basso. Alberti a volte fa riferimento al fiorentino quattrocentesco aulico:
ne è un esempio palese la forma fusse che sta per fussi.
Il '500 e l'evoluzione della Grammatica
Il secolo grammaticale per eccellenza è il 500,
in cui la tradizione grammaticale italiana si concentra quasi esclusivamente
sull'analisi lingua italiana come strumento letterario, in contrapposizione
con lo strumento di comunicazione che erano i dialetti.
Le grammatiche perfezionano la conoscenza e l'uso del volgare. Incominciano
ad essere usati i manuali di scrittura, libri pratici, che si riferiscono
a un pubblico vario. La maggior parte degli autori testi grammaticali
si concentrano sulla questione della lingua. Altro tema fondamentale è
la definizione temporanea e geografica del volgare letterario. Prima fra
tutti è la difesa di una lingua composita fondata sull'uso colto
delle corti, il fiorentinismo vivo e attuale. Inoltre vi è l'affermazione
volgare sul latino e il conseguente declino delle lingue cortigiane. Forte
è la voglia della regolarizzazione del volgare.
Molti grammatici provengono dall'area veneta, non casualmente, ma perché
il Veneto era esente dai controlli dello Stato Pontificio e aveva un'illimitata
libertà di stampa.
Fortunio e la prima grammatica edita nella lingua italiana
La prima grammatica edita nella lingua italiana è
la famosa "Regole grammaticali della volgar lingua", del 1509,
scritta da Fortunio. Questa pubblicazione nasce da osservazioni delle
glosse marginali su testi di Dante, Petrarca e Boccaccia. Sono analisi
ed indicazioni di forme linguistiche canoniche diverse dalle soluzioni
della koinè (la lingua parlata e quindi comune). Il "Regole"
si divide in due libri, il primo tratta di grammatica, il secondo di ortografia.
Nonostante questa divisione, il libro non appare per niente schematico.
Fortunio individua prima di tutto 4 parti del discorso: il nome (e gli
aggettivi), il pronome (comprende anche l' articolo), verbo e avverbio.
I verbi si dividono in 2 coniugazioni, basandosi sulle terminazioni della
terza persona singolare; i modi e i tempi sono classificati secondo la
vecchia classificazione latina.
L'ordito della grammatica è scarno, e ogni regola è tratta
dalle esemplificazioni tratte dai grandi scrittori, soprattutto le "Tre
Corone". Stretto è il legame tra grammatica e filologia.
Il posto d'onore nell'analisi del Fortunio è riservato al Petrarca,
mentre Dante viene definito come un "licenzioso trasgressore".
Nel secondo libro vi è una riproduzione della scrittura della provincia
toscana, dove vengono rifiutate tutte le iscrizioni latineggianti. In
molti casi vi è ancora l'oscillazione grafica delle parole, e anche
l' oscillazione fonetica.
Bembo ha scritto il più importante trattato di grammatica
della lingua italiana.
Questo autore vantò, prima dell'attività da grammatico,
una precedente attività letteraria in volgare e latina, sia prosa
che verso, una notevole attività filologica ed editoriale. L'impostazione
del ragionamento bembiano è prettamente umanistica.
Le "Prose della volgar lingua", pubblicate nel 1525 da Pietro
Bembo, sono il maggior intervento sulla lingua del sedicesimo secolo.
Nel libro Bembo usa l'escamotage del dialogo tra personaggi illustri per
esplicare la sua teoria sul volgare italiano.
I protagonisti del dialogo sono Carlo Bembo, fratello dell'autore, Federico
Fregoso, sostenitore della lingua cortigiana,Giuliano de Medici, sostenitore
del fiorentino vivo ed Ercole Strozzi sostenitore del latino e il suo
uso come lingua letteraria.
Nelle "Prose" Bembo denigra la letteratura del '400, inalzando
a modelli gli scrittori classici trecenteschi, poiché la provenienza
della lingua fiorentina mista al volgare nuoce all'uso della lingua pura.
I ruoli degli interlocutori nel libro sono chiari e ben definiti: tre
sono i sostenitori del volgare e solamente uno quello del latino latino.
Le "Prose" si dividono in tre libri: il primo chiarisce i fondamenti
del volgare, paragonati con quelli del latino, e vi è la definizione
del volgare ideale. Bembo illustra la questione latino / volgare: il latino
è una lingua unica, e il volgare ne è derivato dopo la "corruzione"
linguistica a contatto dei popoli che hanno invaso l'Italia durante i
secoli (teoria della corruzione o della catastrofe). Ne viene che il volgare
nasce non come una lingua pura ma piuttosto una lingua nata dalla casualità.
Il riscatto del volgare deve venire ad opera degli autori.
Il secondo libro è una considerazione di carattere retorico, stilistico
e metrico sul volgare. Il terzo si basa sull'analisi della grammatica
fiorentina nel panorama letterario trecentesco. Bembo descrive fiorentino
letterario del trecento: Petrarca è il sommo modello per poesia,
Boccaccio per la prosa. La trattazione grammaticale è discorsiva,
per niente schematica, vengono trattate varie parti del discorso, senza
evidenziarle come tali. Bembo rifiuta la classificazione terminologica
non precisa né tecnica.
Per la trattazione delle parti del discorso, l'autore usa perifrasi formate
da parole comuni, ad esempio la perifrasi "voci che invece di nomi
si pongono" indicava i pronomi.
Bembo si ferma ad illustrare e commentare alcuni fenomeni e alcune forme
analizzando l'uso degli autori per prosa e per poesia. In alcuni casi
indicava per il diverso uso delle parole l' oscillazione presente nei
tre grandi (Petrarca, Dante e Boccaccio) tra la forma più antica
e quella innovativa.
Le "Prose" ebbero tre edizioni: la prima edizione presso il
Tacuino di Venezia, nel 1525 , la seconda presso l'editore Marconcini
(aperto alla produzione in volgare), nel 1538. Nel 1549 ci fu la terza
edizione presso l'editore fiorentino Varchi , che introdurrà successivamente
il bembismo a Firenze.
Sulla lingua il linguista Trissino interviene con il dialogo
intitolato "Il Castellano", dove teorizza di un volgare comune
e italiano. Nella pubblicazione "Dubbi grammaticali", Trissino
tratta dei problemi della grafia, il rapporto del volgare con l' alfabeto
latino e l'insufficiente alfabeto italiano che non riesce a esprimere
esaustivamente i suoni della grafia. L'autore definisce il concetto di
suono e propone integrazioni per le differenti aperture vocaliche (ad
esempio omega per suono aperto di o). La "Grammatichetta" è
l'opera del Trissino che riscuote maggior successo. Il trattato è
succinto, fatto di poche pagine dove gli argomenti principali sono la
morfologia e le osservazioni grafico fonetiche e schematiche.
Trissino fa una completa trattazione delle parti del discorso, dividendole
in otto categorie. La definizione parti del discorso è ispirata
al sostanzialismo, ovvero la tendenza a collegare la lingua alla sostanza
delle cose e della realtà.
La classificazione è così divisa: nome o "sustantivo",
"adjettivo", specie primitiva (Dio), specie derivativa (divino).
Trissino fa uso dei termini grammaticali di derivazione latina, con qualche
innovazione.
Nella "Grammatichetta" le forme della tradizione toscana e quelle
della lingua cortigiana si vengono a trovare a fianco alle forme extra
toscane.
La grammatica Toscana nel '500
La grammatica toscana durante la prima metà del
secolo gode di scarso prestigio, a causa di una minore esigenza di normatività.
Nella seconda metà del sedicesimo secolo a Firenze vi è
una presa di posizione di Macchiavelli, che incomincia a teorizzare sul
fiorentino vivo e contemporaneo come lingua modello. Altra presa di posizione
letteraria viene dall'Accademia Fiorentina. Giovan Battista Gelli e Benedetto
Varchi, ad esempio, affermavano che il fiorentino letterario trecentesco
delle "Tre Corone" andasse preso in alta considerazione, e che
il fiorentino cinquecentesco dovesse venire per l'uso colto.
La più importante grammatica della linea normativa è la
"De la lingua che si parla e scrive in Firenze" del Giambullari.
L'autore dimostra l' origine etrusco - aramaica del fiorentino, teorizzando
così l'indipendenza di Firenze da Roma e dalle origini latine.
Anche fuori Firenze si sviluppa la grammatica e la linguistica del volgare.
Ad esempio Tolomei:
con "Il Polito" e "Il Cesano" (1525-55), osservazioni
dell' evoluzione linguistica, fonetica e lessicale, e le distinzioni di
voci dotte da quelle popolari. Nei due libri il Tolomei afferma che lingua
possiede una sua intrinseca grammaticalità e regolarità.
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