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Dizionario di metrica italiana e di generi poetici

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Alessandrino:

Verso di origine francese, composto di 2 emistichi (due mezzi versi), ognuno accentato sulla sesta sillaba. La sua misura può variare da un min di 12 a un max di 16 sillabe.

 

Anacrusi:

Anticamente designava le note strumentali che precedevano l'attacco di un canto; a partire dal XIX secolo indica la sillaba atona (senza accento) fuori battuta che precede il primo accento del verso.

 

Anisosillabismo:

Irregolarità nella misura dei versi della poesia italiana delle origini.

 

Assonanza:

Si ha quando di due o più versi finiscono con un suono simile, ma non uguale. L'assonanza può riguardare le vocali (es. scorto con ricolto) oppure le consonanti - e in questo caso la si chiama consonanza (es. aude e fraude).

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Cesura:

Indica una forte pausa all'interno di un verso, per cui il verso risulta tagliato in due parti.

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Decasillabo:

Verso il cui ultimo accento cade sulla nona sillaba (solo raramente si trovano decasillabi tronchi - di 9 sillabe - o sdruccioli - di 11 sillabe). Si chiama decasillabo anapestico quello dove gli accenti sono sulla terza, sesta e nona sillaba; decasillabo trocaico quello in cui sono sulla terza, settima e nona.

 

Dialefe:

Opposta alla sinalefe, la dialefe realizza uno iato - cioè una spaccatura fonica - tra la vocale finale di una parola e quella iniziale della parola successiva, per cui nel conteggio delle sillabe il verso risulta essere di una sillaba in più. Ad es., nel verso dantesco:

rimasa è per danno de le carte

invece di contare 10 sillabe, introducendo una dialefe tra rimasa ed è, se ne possono contare 11.

 

Diastole:

Opposta alla sistole, è lo spostamento di accento in avanti, dovuto a ragioni metriche (es. umìle invece di ùmile).

 

Dieresi:

Opposta alla sineresi, la dieresi scinde in due una coppia di vocali contigue normalmente considerate come un solo suono nel conteggio delle sillabe (es. alcione si legge al-ci-o-ne e non al-cio-ne).

 

Distico:

Strofa composta da 2 versi.

 

Dodecasillabo:

Verso il cui ultimo accento cade sull'undicesima sillaba; per molti, esso è il senario doppio.

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Endecasillabo:

Letteralmente significa "undici sillabe": verso in cui l'ultimo accento cade sulla decima sillaba; è il verso italiano per eccellenza. Dividendo ipoteticamente l'endecasillabo nei due versi che lo compongono, si distingue tra un endecasillabo a maiore, quando la cesura cade dopo il settenario, e un endecasillabo a minore, quando cade dopo il quinario.

 

Enjambement:

Si verifica quando vengono collegati due versi senza tener conto della misura canonica del verso.

 

Episinalefe:

Caso particolare di sinalefe, per cui la vocale finale di un verso e quella iniziale del verso seguente vengono fusi in un'unica sillaba metrica.

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Novenario:

Verso italiano che porta l'ultimo accento sull'ottava sillaba, con accenti fissi: il novenario a ritmo anapestico-dattilico ha accenti sulla seconda, la quinta e l'ottava sillaba; quello a ritmo giambico, sulla quarta e sull'ottava; quello a ritmo trocaico, sulla terza e l'ottava.

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Quadrisillabo (quaternario) :

Verso italiano con accento principale sulla terza sillaba e accenti secondari facoltativi sulla prima o seconda sillaba.

 

Quinario:

Verso italiano giambico con l'ultimo accento sulla quarta sillaba e accento secondario sulla seconda.

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Rima:

È uno degli elementi più ricorrenti della poesia romanza, dunque anche italiana. Si ha quando due o più versi terminano con gli stessi identici suoni, a partire dall'ultima vocale tonica.
Può essere tronca (l'accento della parola cade sull'ultima sillaba), sdrucciola (l'accento cade sulla terz'ultima sillaba) o, più comunemente, piana (l'accento cade sulla penultima sillaba); può anche, raramente, essere bisdrucciola, quando l'accento cade sulla quart'ultima sillaba.

Esistono vari tipi di rima:

  • rima composita (o franta, rotta, spezzata): due o più parole concorrono a realizzare il suono che rima;
  • rima derivativa: si susseguono due rime, dove una ne accoglie un'altra con la stessa etimologia (es. petrarchesco: nol pò mai fare, et respirar nol lassa / Se già è gran tempo fastidita et lassa, dove i due lassa significano, rispettivamente, "lascia" e "stanca");
  • rima identica: si usa esattamente la stessa parola per fare una rima;
  • rima ipermetra: si realizza tra due parole, dove una delle due è considerata senza la sillaba finale (es. pascoliano: d'un lento sonaglio, uno scalpito / è fermo. Non anco son rosse / le cime dell'Alpi);
  • rima per l'occhio: le due parole non rimano foneticamente, ma solo tipograficamente;
  • rima rara (o cara): tra parole ricercate o straniere;
  • rima ricca: comprende altri fonemi prima dell'ultima voclae tonica (es. appari rima con lo pari).

Schemi metrici di rima:

  • AABB: rima baciata;
  • ABAB: rima alternata;
  • ABBA: rima incrociata;
  • ABA BCB CDC: rima incatenata;
  • AaBAaB CcDcC: rima rinterzata;
  • AAAb CCCb DDDb: rima caudata.

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Settenario:

Verso italiano con ultimo accento (e unico distintivo e obbligatorio) sulla sesta sillaba. Esiste un settenario a ritmo giambico (accenti sulla seconda, quarta e sesta sillaba); un settenario a ritmo anapestico (accenti sulla terza e sesta); un settenario a ritmo trocaico dattilico (accenti sulla prima, terza e sesta).

 

Sinafia:

La sillaba finale di un verso è contata nel numero di quello successivo.

 

Sinalefe:

Opposta alla dialefe, la sinalefe unisce in un'unica sillaba metrica la sillaba finale di una parola con la sillaba iniziale della parola successiva, per cui nel conteggio metrico il verso conta una misura in meno.

 

Sineresi:

Opposta alla dieresi, la sineresi unisce in un unico suono due vocali contigue che a regola formano due sillabe distinte, per cui il verso conta una misura in meno (es. viaggio si legge viag-gio e non vi-ag-gio).

 

Sistole:

Opposta alla diastole, è lo spostamento all'indietro dell'accento (es. pièta invece di pietà).

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Tmesi:

Una parola è scissa in due parti tra un verso e l'altro (es. manzoniano: Tutti errammo; di tutti quel sacro- / santo Sangue cancelli l'error).

 

Trisillabo:

È il più breve dei versi italiani, con unico accento sulla seconda; di solito entra in combinazione con altri versi. Viene chiamato talvolta, erroneamente, verso "ternario", termine col quale si designa un aggregato di tre versi.

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Bibliografia:
S. Orlando, Manuale di metrica italiana, Milano, Bompiani

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