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Quanto conta l'editoria nella storia
della letteratura? La scuola evita l'argomento, ma le
case editrici hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della
cultura italiana. Senza
editori illuminati e capaci, molte opere che oggi celebriamo come capolavori
non avrebbero mai visto la luce. Altre ancora, senza opportuni consigli
e correzioni redazionali, non avrebbero avuto il meritato successo. Come
da anni va ripetendo Vittorio Spinazzola - professore emerito all'Università degli
Studi di Milano, tra i primi a occuparsi dell'importanza dell'editoria
per lo studio della letteratura - non possiamo prescindere dalla storia
e dal progetto culturale delle maggiori imprese editoriali: studiare
la letteratura senza tener conto dell'editoria è un'operazione
lecita, certo, ma anche parziale.
Il 2007 rappresenta in questo senso una duplice torta di compleanno:
cento candeline per Mondadori e per Ricciardi, case editrici tanto diverse
(geograficamente e culturalmente) ma allo stesso tempo fondamentali per
lo sviluppo culturale dell'Italia novecentesca. La prima è milanese, e presto diventa la maggiore impresa
editoriale italiana rivolta al lettore medio; la seconda è napoletana,
e rappresenta un punto di riferimento per saggistica di qualità e classici
della letteratura nostrana.
Mondadori nasce nel 1907 con una minuscola rivista socialista, "Luce", fondata
da Arnoldo nella tipografia ostigliese in cui lavora come garzone - si tratta
della Tipografia e Cartoleria L. Manzoli. Di lì a poco il sig. Mondadori
abbandona la politica e con Tommaso Monicelli rileva in proprio la tipografia,
rinominandola "La Sociale". Ma il vero e proprio passaggio dalla dimensione artigianale
a quella editoriale è datato 1911-1912: il nome scelto per l'impresa è "La
Scolastica", e tra le prime iniziative vi sono degli storici libretti illustrati
per bambini targati "La Lampada". Arrivano presto nuovi soci e nuovi capitali,
e finalmente - siamo nel 1919 - possiamo parlare di casa editrice "A. Mondadori".
Negli stessi anni, a Napoli, il sig. Riccardo Ricciardi istituisce l'omonima
casa editrice. Il target, si capisce, è ben diverso da quello di Mondadori:
l'obiettivo non è tanto il profitto, quanto quello di mettere in piedi
un punto di riferimento culturale. Se Mondadori parte rivolgendosi ai bambini,
Ricciardi si rivolge a pochi eletti: primo volume pubblicato è "Poesie" di
Salvatore di Giacomo - poeta, drammaturgo e saggista. Da subito l'editore fa
valere la sua amicizia con Benedetto Croce: il filosofo collabora con la neonata
Ricciardi , guidandola nella pubblicazione di opere filosofiche (con particolare
attenzione al panorama italiano). Ma sotto la targa "Ricciardi" trovano presto
spazio anche giovani intellettuali: Papini, Cecchi, Borghese e Thovez - che,
tre anni dopo la sua fondazione, regala a Ricciardi il maggior successo di vendite
con "Il pastore, il gregge e la zampogna".
Parallelo è lo sviluppo delle due case editrici, parallela l'affermazione
in ambiti ben distinti. Risulterà presto chiarissimo come Arnoldo punti
alla vendita, allo sdoganamento del libro presso un pubblico sempre più vasto:
dopo il passaggio della casa da Ostiglia a Milano, imprenditorialmente impeccabili
saranno tanto l'acquisizione dell'esclusiva per il libro unico scolastico fascista
quanto l'esclusiva editoriale per la pubblicazione di "Tutte le opere" di Gabriele
D'Annunzio, strappato a Treves. Da qui in avanti, per Mondadori saranno solo
successi.
Fondamentale per lo sviluppo di Ricciardi, invece, sarà l'acquisizione
della casa editrice da parte del milanese Mattioli (siamo nel 1938). Sincero
amico del fondatore Ricciardi, Mattioli era un elemento di spicco nella vita
finanziaria e culturale di Milano: economista (presidente della Banca Commerciale
Italiana) e traduttore di Shakespeare, il nuovo proprietario trasferì la
casa editrice napoletana all'ombra della Madonnina. Costante sarà la collaborazione
con il fondatore Ricciardi - che fino alla morte non abbandonò mai la
sua creatura. E proprio a Milano, dove Mattioli spicca quanto Mondadori, avverrà un
contatto tra le due case editrici quando l'impresa di Arnoldo si farà distributrice
dei libri targati Ricciardi.
Al di là della storia, quello che preme sottolineare è la portata
innovatrice delle due case editrici nel panorama culturale italiano. Parlare
delle rivoluzioni mondadoriane richiederebbe un intero libro, tuttavia alcune
svettano sulle altre. 1929, Arnoldo inaugura i "Libri Gialli": il poliziesco
arriva in Italia e per la prima volta il nome di una collana libraria finisce
per battezzare un intero genere narrativo; il successo è senza precedenti,
soprattutto quando nel novero degli autori entra Agata Christie: il sodalizio
della scrittrice con Mondadori è lungo e fecondo, nonostante qualche problema
sotto la cappa fascista - ad esempio la censura di "Ten Little Niggers", impubblicabile
per la presenza di due suicidi nella trama. Innovativi, nel campo del poliziesco,
sono poi i gialli economici che "sdoganano" Simenon. Se Mondadori ha inciso in
seguito con ulteriori collane di enorme successo, come la "Medusa ", altro evento
capitale riguarda il mondo del fumetto: il sodalizio con Disney porta Mondadori
a pubblicare "Topolino", ancora oggi giornaletto di riferimento per tutti i bambini.
E tra le rivoluzioni più recenti, non possiamo tacere la fondazione della
collana "Oscar Mondadori", inaugurata nel 1965 con "Addio alle armi" di Ernest
Hemingway al prezzo stracciato di 350£: un passo fondamentale per portare
il libro nelle edicole e nelle case di un numero sempre maggiore di italiani.
Al proliferare delle iniziative popolari della Mondadori risponde una singola,
ma grandissima, operazione culturale "alta" da parte di Ricciardi. Il maggior
contributo della casa editrice alla cultura italiana vede la luce nel 1951, quando
Mattioli lancia una collana di assoluto prestigio: "La letteratura italiana.
Storia e testi", da lui stesso diretta insieme a Pancrazi e Schiaffini. Il progetto
consta inizialmente di 80 tomi, forse i "mattoni" più celebri della storia
editoriale italiana, caratterizzati da un'innovativa scelta di testi ed edizioni,
da grande cura filologica e notevole prestigio tipografico. I volumi della "Letteratura
italiana" hanno accompagnato la seconda metà del Novecento con una veste
materiale impeccabile, perfetta "cassaforte" per la critica e la storia letteraria
nazionale: le edizioni furono affidate al maestro Madersteig, che curò ogni
singolo aspetto dalla copertina alle pagine, dai caratteri alla legatura. Il
tutto per concorrere alla creazione di un prodotto editoriale pressoché perfetto.
Si delinea così chiaramente l'importanza delle due avventure editoriali
per lo sviluppo della cultura italiana. Mondadori, che da semplice garzone ha
saputo farsi imprenditore, ha letteralmente portato i libri nelle mani degli
italiani. Ricciardi, invece, ha saputo dare prestigio e immortalità ai
testi più importanti della nostra storia: uno strumento inestimabile per
tutti gli studiosi, da cinquant'anni a questa parte. Due obiettivi diversi, due
strade partite da lontano per incrociarsi nella capitale editoriale italiana.
Oggi Mondadori continua ad essere la maggiore impresa culturale italiana, mentre
Ricciardi (dopo un breve passaggio a Einaudi negli anni settanta) è stata
acquisita nel 2003 dall'Enciclopedia Italiana Treccani: l'idea è quella
di rilanciare la collana sotto la supervisione di una delle maggiori istituzioni
culturali italiane. Due storie diverse, ma un unico importantissimo compleanno.
Copyright: L'Occidentale
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