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La Sicilia è una terra forte, espressiva, dai colori e dai profumi intensi. La sua stessa lingua si colora di sole e di una mimica senza paragoni. Forse, è proprio per questo che qui nasce la più pura vena teatrale "classica", fatta di vita quotidiana e lingua delle origini.
Nunzio Cocivera nasce
a Librizzi (Messina) il 30 giugno del 1955. Dal 1991
è Iscritto alla SIAE, settore DOR e Musica, come
autore della parte letteraria. Email: ncocivera@tiscali.it |
L'avrei intagliata
Con il passare degli anni l'unica cosa che lei ancora
ammirava di me era il mio lavoro di intarsio e di intaglio.
Era a pochi passi da me e ammirava "l'ultima cena" che stavo
intagliando su una tavola di ciliegio africano. Mi guardava con una certa
ammirazione, ma non l'uomo bensì l'artista.
Erano trascorsi sette lunghi anni da quel dì nel quale mi scelse
come sua vittima, ma almeno da quattro ci univa solo "il sesso",
un sesso-amore che mi teneva legato a lei come prigioniero di un sentimento
tra l'odio e l'amore.
Aveva un corpo scultoreo, trasudava sesso a vista d'occhio, sembrava dicesse
"prendetemi". Ma non riuscivo ad allontanarla da me, ero vittima
dei suoi tradimenti sfrontati e sfoggiati, vittima senza dignità,
umiliato, esiliato e rimpatriato tra le sue cosce agognate; ero come schiavo,
come burattino del quale lei muoveva i fili a suo piacimento.
A volte mi scioglievo in un pianto, quando mi diceva ti "pianto",
e gli restavo accanto, perché l'amavo tanto!
I nostri discorsi erano ormai formali, solo dialoghi fatti di sì
e di no e su argomenti occasionali.
"Sei bravo", mi disse, "quei personaggi sembra che parlino!"
Era sincera lo sapevo, l'unica cosa che amava ancora di me era il mio
lavoro.
Spronato dal suoi approcci di dialogo e dei complimenti ricevuti, abbozzai
un dialogo sull'argomento del momento e dissi: "certo che questa
epidemia della mucca pazza sta buttando alle ortiche intere aziende, e
i lavoratori del settore."
"Sei il solito ignorante" replicò lei , "il termine
epidemia si può usare quando si parla di infezioni e patologie
umane, per gli animali si usa il termine epizozia, ma tu sei il solito
"ZOION" e se vuoi sapere cosa significa ti informo che vuol
dire animale vivente, in pratica ciò che sei."
Giuro, l'avrei intagliata o meglio intarsiata, incastrando in lei un cuore
più buono, una mente più umile e sentimenti come rispetto,
affetto, amore, cose mai esistite dentro di lei.
A volte cresceva dentro me un'angoscia che mi buttava nella disillusione
più nera perché vivevo con lei, prendendo i suoi scarti,
i pochi attimi di sesso che mi donava; e quando lo faceva mi portava così
in basso fino ad annullare l'uomo fisico e morale: in quei momenti aveva
tutto di me, anima e corpo.
Perché mi faceva quell'effetto? Perché pur avendolo pensato
e detto varie volte non avevo il coraggio di andare fino in fondo e di
partire per chissà dove, basta che sia lontano da lei?
Mormorò ancora varie cose; dentro di me cresceva una strana rabbia,
alzai il braccio con impeto e la colpii; nell'attimo finale, prima di
vibrare il colpo decisivo di martello, provai paura, paura di farle del
male.
Emise solo un lieve gemito e si accasciò sul pavimento. I suoi
lunghi capelli le coprivano il viso, il suo dolce viso di fata. Scostai
piano i capelli, i suoi occhi neri erano fissi, stupiti.
Piansi per lei, recitai come Catullo una bellissima poesia, che incisi
su un enorme tronco di rovere siciliano. Poi cominciai il mio grande capolavoro
finale: scolpii lei.
Ero sudato e stanco, affamato da matti; per due giorni lavorai ininterrottamente
per lei; e lei era lì, sublime, adagiata dentro la sua dimora,
dentro quel meraviglioso tronco di rovere dei nebrodi; la baciai teneramente;
poi con abbondante colla vinilica la sigillai. All'esterno la intagliai
nuda come una Venere, nella parte superiore circondata da fiori e piante
bellissime.
Col muletto portai quel tronco all'ingresso del capannone, lo issai, lei
era lì, bellissima come un bronzo di Riace, solo che era di rovere
siciliano.
Poi mangiai i suoi pesci rossi, unici esseri viventi che amava, bevvi
l'acqua, ed ero come "liberato", feci un bel falò con
le sue cose; infine sfinito l'ammiravo, sembrava parlarmi, ma non favellò,
la insultai, mi sfogai dissi cose mai dette; ero felice e triste insieme.
Ricevetti molte offerte per anni, per quel mio capolavoro; tutti potevano
ammirarla, ma nessuno poté più averla: ormai era solo mia
e per sempre.
I suoi amici, amanti, vennero ad informarsi, a cercarla, ma lei era partita,
chissà con quale amante e chissà per dove.
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