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Contrario alle logiche di mercato dell'editoria, Davide Riccio, che incontriamo oggi, ci regala un racconto a metà tra la realtà e il sogno, destinato forse a non essere mai pubblicato su cartaceo.
Italo-scozzese, è
nato a Torino nel 1966 e svolge attività lavorative
come educatore e giornalista. |
Da un prospetto di realtà espresso in un'intervista.....
Un'intervista di Sandro Gros (Vernice, ed. Genesi) a Davide Riccio mette a fuoco alcuni temi sociali e politici cruciali di oggi, su cui lo scrittore si pone numerose domande.
D. L'impegno politico può
essere un tema della letteratura? Può avere la stessa pertinenza
e dignità di altri temi, quali la felicità, il vero, l'invenzione,
lo stile, etc.?
R. Se la letteratura è una produzione non solo prosastica di una
determinata civiltà, allora politico è polites, è
cittadino, è cive, è civitatem, è civiltà.
D. Lo scrittore può considerarsi neutrale rispetto al potere
politico? Può, almeno, collocare la sua opera neutralmente rispetto
al potere politico?
R. Più che neutrale rispetto al potere politico (economico anzitutto)
dove l'altro allora si presume che sia l'uomo edenico, lo scrittore può
considerarsi in tal caso solo un adamita.
[...]
D. L'affermazione dei valori civili si realizza maggiormente nella
costruzione delle occasioni di libertà o nella costruzione delle
occasioni di autorità?
R. Se non vi fosse alcuna condizione da cui liberarsi non esisterebbe
il concetto stesso di libertà, o ancor prima il bisogno. Fa male
ridirlo, ma senza dicotomie, senza opposti non avremmo di che essere creature
viventi né di che sfumare nello spazio intermedio. Il bene ha sempre
e comunque un grosso debito verso il male. Senza, di che si glorierebbe?
[...]
D. Quali previsioni di evoluzione o di regressione si possono
azzardare nella letteratura italiana oltre il Duemila?
R. Ogni prodotto artistico o letterario sarà sempre meno localizzato
per effetto dei sempre più liberi flussi di coscienza nelle sintesi
globali. Evoluzione o regressione sono termini impropri, a meno che non
si voglia con essi giudicare le opere su una scala di valori accademici;
l'evoluzione è sufficiente a significare l'insieme di mutamenti
agiti o subìti nel corso del tempo, senza possibili diagrammi,
dove l'asse delle ascisse siano le età e l'asse delle ordinate
un valore relativamente attribuito dai consorzi umani di passaggio. Fra
l'altro, nel nostro ragionare per coordinate cartesiane ortogonali nei
piani ci mancherà sempre una inconfutabile origine del sistema.
La partecipazione individuale al mondo si espande e comprime sempre meno
condizionata da contesti culturali locali, azzardando ciascun individuo
una propria e insieme universale presenza.
[...]
D. Quali rapporti un intellettuale deve tenere con il mondo della
politica?
R. Il politico non è più un intellettuale? E l'intellettuale
non è più consapevole delle implicazioni politiche di ogni
questione? L'uomo stesso non è più intellettuale, essendo
intellettuale tutto quanto riguardi l'intelletto, il quale solo consente
a tutti di intendere, volere, pensare, giudicare? L'intellettualista,
allora sì, antepone i valori dell'intelletto a quelli etici, estetici,
pragmatici ecc. Ma è poi così vero? E' un anteporre fittizio
e del tutto confutabile nei fatti di chiunque si autocompiaccia nell'intellettualismo.
Gli basti il fatto che mangia beve e via dicendo.
D. La fede nelle ideologie politiche è paragonabile alla
fede nella religione?
R. Sì. La fede è comunque un'adesione incondizionata a un'idea.
Ma sia lode al dubbio!
[...]
D. Quali sono le virtù più importanti per un giovane?
R. Rabbia e sentimento di giustizia, curiosità e sperimentazione,
anticonformismo, creatività.
...a una visione onirica della realtà
In questo racconto, Davide Riccio narra l'esperienza onirica di un mondo diverso, eppure simile a quello della vita conosciuta, in una versione levigata e monda del reale.
IL MONDO PER SEMPRE
Quel mattino la sensazione di un lento movimento rotatorio,
il sordo ronzio insonorizzato di un potente motore al di sotto, lo svegliarono.
Gli occhi si aprirono su massicce travi di legno di abete rosso convogliate
e raccolte al vertice di una grande cupola. Francesco volse lo sguardo
verso la parete interamente finestrata: l'ampio vetro prima oscuro, attraversato
dalla corrente elettrica, si schiarì, divenne trasparente e incolore;
in evanescenza progressiva, come in dissolvenza di apertura, apparve un
sole nascente su scaglie luccicanti di mare. Poi il clac di un dispositivo
di marcia e di arresto e la casa smise di girare. In lontananza si sentivano
le voci degli uccelli della costa marina: il vagito da neonato della berta
maggiore e del gabbiano reale, la risata beffarda della sula e quella
maligna del marangone dal ciuffo, il suono di congegno arrugginito del
cormorano.
Che posto era quello, che ci faceva in quella casa da sogno che avrebbe
potuto essere l'opera discoidale dell'architetto Patrick Marsili? Il letto
non era il suo, quello a soppalco in acciaio. L'appartamento in centrocittà
nemmeno. Lì, al risveglio, avrebbe per prima cosa vista una grande,
gonfia macchia di muffa e solo scaglie di calcina umida a lato sopra l'armadio
color miele; di fronte appena un vasistas con il vetro sporco sopra la
porta finestra e lo smalto beige dei vecchi scuri. Anche il materasso
non era il suo, e ne ebbe consapevolezza per via di un piacevole movimento
di pompaggio alternato appena cominciato. Doveva essere ad aria con compressore.
Un massaggio delizioso. Che avesse dimenticato d'essere a casa di qualcuno?
Una curiosa mattutina amnesia? Invero, della sera dianzi non ricordava
proprio nulla di particolare, di diverso dal solito.
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