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Interessata ai personaggi femminili dell'arte e della storia, Anna Santoro ci regala un incontro con un romanzo al femminile, intenso nelle emozioni e nella ricerca del sé più interiore.
Anna Santoro (Napoli,
1945) partecipa con passione agli eventi culturali e
politici dei nostri anni, ai quali ha ispirato in qualche
modo tutta la sua produzione: dai romanzi "In
altro modo?" (1986) e "Le amiche
di Carla" (1999), alle raccolte di racconti
e di poesie. |
Pausa
per rincorsa è un romanzo sul dolore ma anche sull'amore,
sul rapporto tra il sé e il mondo, sullo sguardo e sul senso dell'azione
creativa.
È la morte del padre a bloccare il vivere della protagonista, artista
poco più che trentenne, e a porla in posizione di rifiuto di ruoli,
di abitudini, di sicurezze, di impegni di lavoro. La pausa si rivelerà
momento fecondo, tanto che permetterà l'elaborazione di questioni
fino al allora eluse: l'impotenza di fronte al male, alle ipocrisie e
alla violenza della nostra epoca. Sarà una misteriosa bambina,
proveniente dal mondo dei ricordi, che l’aiuterà a ripercorrere
e a recuperare il senso di sé e della memoria, a rincontrare il
padre, a porre la madre nello spazio che le compete, a vivere l’amore
con nuova generosità. Sarà però lo sguardo sulle
cose quotidiane a farle riprendere la corsa, senza nuove consolanti certezze
tranne quella di esserci.
Questo di Anna Santoro è un romanzo antieroico, dettato dalle emozioni
che investono chi guarda e ascolta il mondo. Emozioni che prendono forma
grazie ad una scrittura solare e poetica, fornendo una lettura simbolica
dei nostri tempi attraverso una storia di confine e di passaggio.
(dall'Introduzione)
***
Nell'esigenza di superare il lutto per la
morte del padre si configura per la protagonista di questo romanzo un
momento cruciale dell'esistenza. Non si tratta più soltanto del
padre, ma del lutto, ancora più doloroso e inesprimibile, del proprio
passato, dei ricordi che l'hanno plasmata, delle certezze ricevute dagli
altri. Primi fra tutti, quelle dei genitori.
È a questo livello che la figura di se stessa bambina l'aiuta a
ritrovare se stessa adulta. Come a dire che dentro ognuno di noi c'è
un momento che ci spezza, che ci fa perdere la nostra consapevolezza,
la nostra immagine a noi stessi. Una immagine che non si troverà
mai più nel mondo - inutile fotografarlo per intero, cercando nelle
immagini del dolore altrui la propria salvezza - ma solo nell'io più
profondo, a contatto con la propria storia intima, attraverso gli occhi
freschi che si hanno avuti da piccolissimi.
"È sola. Finalmente è diventata albero o fiore o scrosciare della pioggia o soffio del vento. È entrata in una dimensione che le rende tutto lontano. Non sa raccontarsi bene cosa sia ma avverte chiaramente la felicità, la responsabilità e l'assoluta certezza di essere unica ragione di vita per se stessa e ne percepisce la malinconia..."
"La grande guarda la piccola, con
amore la guarda, l'abbraccia e le mormora, piano: Anche tu, piccola, devi
lasciarti accogliere da me. Sono più avanti di te. Posso farcela.
La piccola aggrotta un momento le sopracciglia: Sei sicura? devo andare
via?
No, le risponde lei, devi scioglierti in me."
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