di Reno Bromuro
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"Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei
tirarmi indietro, perchè il Male ed il Potere hanno un aspetto
così tetro?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile accettare che sia questa la realtà?"
Miguel
de Cervantes Saavedra nasce ad Alcalá-de-Henares
nel 1547, quarto di sette figli di un medico. Trascorre l'infanzia e l'adolescenza
tra Valladolid, Salamanca,
Siviglia, Madrid,
dove Juan López include in una sua relazione alcune
poesie del nostro definendo l'autore "il nostro caro e amato discepolo".
E' l'unica testimonianza su una sua educazione a contatto con ambienti
umanistici. Nel 1568 è in Italia al seguito
di Giulio Acquaviva: costretto a fuggire dalla Spagna
per evitare la condanna al taglio della mano destra e a dieci anni d'esilio,
per aver ferito un certo Antonio de Segura. In Italia
è cortigiano e poi soldato. La scelta della carriera militare lo
fa partecipare nel 1571 alla battaglia di Lepanto:
imbarcato sulla galera "Marquesa", combatte nonostante le cattive
condizioni di salute, è ferito al petto e alla mano sinistra, di
cui perde l'uso; partecipa alla spedizione navale di Navarino,
per la presa di Biserta e di Tunisi.
Nel 1573 decide di risiedere in Italia. Due
anni dopo s'imbarca a Napoli sulla galera Sol
per raggiungere la Spagna; la nave si stacca
dal grosso del convoglio, ed è assalita da tre navi corsare turche
presso il delta del Rodano, Cervantes è
catturato e condotto ad Algeri dove è
venduto come schiavo e vi rimane cinque anni. Cerca per quattro volte
di scappare, ma inutilmente. Il 24 ottobre 1580 è riscattato e
s'imbarca per la Spagna. Arrivato in Patria, si reca in Portogallo dal
re Filippo II. Ottiene un incarico da svolgere ad Orano.
Al ritorno tenta, invano, di partire per l'America.
Nel 1584 sposa Catalina de Salazar y Palacios e fino
al 1600 abita a Siviglia, percorrendo l'Andalusia
come commissario per la fornitura di viveri per l'Invincibile
Armada. Il fallimento di un banchiere lo coinvolge procurandogli
la scomunica e il carcere a Siviglia, nel 1602. Scarcerato, si stabilisce
a Valladolid. Ingiustamente sospettato di aver
ucciso un cavaliere, è di nuovo incarcerato per breve periodo,
mentre le due sorelle e la figlia Isabel sono sospettate
di scarsa moralità . Per seguire la corte di Filippo II
si trasferisce a Madrid, dove, nonostante gli
stenti, scrive buona parte e il meglio della sua vasta produzione. Muore
a Madrid il 23 aprile 1616.
Miguel Cervantes inizia
la carriera letteraria nel 1585 con un racconto pastorale dal titolo "La
Galatea", molto più importanti sono i dodici
Racconti esemplari o Novelas ejemplares,
del 1613. Si
tratta di racconti con finalità pedagogiche, ma in cui il pedagogismo
e la moralità non decadono mai in didascalismo né in moralismo.
Vestita di un ambiente nobile è il racconto "La
española inglesa", la storia di una giovane
Andalusa rapita dagli inglesi che riesce a coronare il proprio sogno d'amore.
"La gitanilla" è la storia
di Preciosa che ama un cavaliere, il quale per seguirla
vive con gli zingari. Alla fine si scoprono le nobili origini di Preciosa
e i due possono sposarsi. Anche "La ilustre fregona"
è ambientata nella nobiltà
Tra i racconti d'ispirazione realistica ambientati nel popolino: "Rinconete
y Cortadillo" storia di due lestofanti. "El
sacamiento ingañoso" di cui fa parte "Il
dialogo dei cani", confidenze e ricordi dei cani Berganza
e Cipión."El licendiado Vidriera"
la storia di Tomás Rodaja che impazzisce e si
crede di vetro.
L'ingegnoso hidalgo Don Chisciotte de la Mancha "El
ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha" è
pubblicato in due tempi. Una prima parte nel 1605, la seconda nel 1615.
Parlando di questo romanzo lo chiamerò soltanto "Don
Chisciotte".
"La prima parte si svolge in un borgo
della Mancha. Qui vive un povero hidalgo soprannominato Quijada o Quesada,
che legge solo romanzi cavallereschi, per poi discuterne a lungo con gli
intellettuali del paese: il parroco laureato a Sigüenza, e il barbiere
Nicolás. Passa notte e giorno sui libri, ed impazzisce. Decide
di farsi cavaliere errante per accrescere la sua fama e rendere onore
al paese. Prende un misero ronzino e lo chiama Ronzinante, dà a
se stesso il nome di don Chisciotte, aggiungendo de la Mancha in onore
di Armadís de Gaula. Sceglie per la sua donna, una contadinotta
vicina di casa, Aldonza Lorenzo, che chiama Dulcinea del Toboso. Parte
alla ventura. La prima serie di incontri finisce male: arriva in una osteria,
la scambia per un castello, e dall'oste si fa armare cavaliere dopo aver
trascorso la notte nella tradizionale veglia d'armi. Ripreso il viaggio,
obbliga un contadino a smettere di picchiare il suo garzone: appena ripartito
il contadino picchia il garzone con più forza di prima. Don Chisciotte
riceve un sacco di botte per aver tentato di obbligare dei mercanti a
rendere omaggio alla sua Dulcinea. Torna al paese, parroco e barbiere
gli curano le ferite poi fanno rogo dei suoi romanzi, ma salvando i più
belli. Appena guarito si procura uno scudiero, Sancho Panza, e lo mette
a cavallo di un asino. I due partono. Don Chisciotte ha numerose avventure:
lotta contro dei mulini a vento che crede giganti. Attacca un cocchio
in cui c'è una dama che crede una principessa da liberare, mette
in fuga dei frati, viene alle mani con un biscaglino. In un altro scontro
con dei mulattieri yanguesi, lui e Sancho sono bastonati. Scambia un'altra
osteria per un castello e, a causa della serva Maritornes e di un mulattiere
geloso, sono di nuovo picchiati. Scambia poi due greggi per degli eserciti:
nuove botte. Attacca e mette in fuga dei preti che nella notte trasportano
una bara, veglia un'intera notte a causa di un rumore di un mulino, toglie
a un barbiere la bacinella che crede l'elmo di Mambrino, libera un gruppo
di galeotti; poi decide di andare a fare penitenza nella Sierra Morena,
Sancho ottiene di tornare al paese, con una lettera per Dulcinea; incontra
il parroco il barbiere e la bella Dorotea, protagonista di una lunga storia
d'amore inserita tra le avventure di Don Chisciotte, nell'osteria di Maritornes.
Il parroco fa passare Dorotea per la principessa Micomicona, e convincono
Don Chisciotte a lasciare la Sierra Morena. Altre avventure, altre bastonate,
alla fine il parroco, il barbiere e Sancho lo legano e lo riportano a
casa. Negli ultimi capitoli di questa prima parte sono una serie di racconti
accattivanti. Quello di Marcela e Grisostomo. La storia di Dorotea, Fernando,
Cardenio e Luscinda. Il racconto letto dal parroco del Curioso fuori luogo.
La storia narrata da un capraio di Vicente e Leandra. E il racconto del
Prigioniero fatto da uno spagnolo catturato nella battaglia di Lepanto.
Nella
seconda parte, scritta dieci anni dopo la prima, don Chisciotte ha ormai
"posto la sua saggezza e la sua pazzia a un punto elevato" tanto
che il barbiere e il parroco conversando con lui sono a volte costretti
a ammettere la nobiltà dei suoi punti di vista. Il baccelliere
Sanson Carrasco, appena tornato da Barcellona e entusiasta lettore delle
avventure di Don Chisciotte appena stampate, lo convince a recarsi alle
giostre di Saragozza. Viene anche Sancho Panza, attirato dalla prospettiva
di diventare governatore di un'isola, così come gli aveva promesso
il Cavaliere Don Chisciotte. Carrasco aspetta Don Chisciotte per sfidarlo
a duello travestito da Cavaliere del Bosco: pensa che una volta sconfitto
se ne tornerà al paese e rinsavirà. Invece Don Chisciotte
lo batte, e prosegue il viaggio. Devia verso Barcellona per contraddire
l'autore di una falsa continuazione delle sue avventure che lo raffigurava
appunto diretto a Saragozza. Per strada incontrano una duchessa, che lo
riconosce e lo ospita in casa. Sono organizzate una serie di burle, alle
spalle di Don Chisciotte. Tra l'altro si affida a Sancho Panza il governo
di un paese che fanno passare per Baratteria l'isola dei suoi sogni, lo
mettono in un lussuoso palazzo, gli fanno fare la fame con il pretesto
di salvaguardare la sua salute. Don Chisciotte assiste il neogovernatore
con lettere piene di saggi consigli. Il governo di Sancho termina con
una bastonatura da parte dei cortigiani che si fanno passare per nemici
invasori. Don Chisciotte intanto si destreggia al castello con le dame,
tra cui è la vivace Altisidora, che crede tutte innamorate di lui.
I due alla fine prendono congedo. A Barcellona Don Chisciotte è
sfidato dal Cavaliere della Bianca Luna: si tratta del baccelliere Carrasco,
spalleggiato dal viceré: il duello, sorto per il primato della
bellezza di Dulcinea, si conclude con la sconfitta di Don Chisciotte,
che vinto chiede la morte, affermando che "Dulcinea del Tobosco è
la più bella donna del mondo e io il più disgraziato cavaliere".
Secondo i patti della sfida, torna al paese. Si ammala. Rinsavito di colpo,
proclama di riprendere il nome di Alonso Quijana, detto il Buono per i
suoi retti costumi. Rinnegando le passate imprese, prende congedo dai
vecchi amici: il barbiere, il parroco, Sancho, il baccelliere, e poco
dopo muore".
Il
Don Chisciotte della Mancia è pubblicato
da Miguel de Cervantes Saavedra, come ho accennato, in
due fasi distinte: la prima parte, scritta probabilmente tra il 1598 e
il 1604, vede le stampe nel 1605, mentre una seconda parte uscita nel
1615 dopo che, in seguito al successo e quindi alle numerose ristampe
della prima edizione, un non meglio identificato Alonso Fernandez
de Avellaneda aveva pubblicato l'anno prima il Secondo tomo della
vita dell'ingegnoso hidalgo Don Chisciotte della Mancia:opera di imitazione
chiaramente non dovuta alla penna del Cervantes che proprio per la preoccupazione
di vedere il proprio personaggio sfruttato da altri autori accelerò
la scrittura della seconda e ultima parte delle sue avventure.
Motivo distintivo, infatti, della seconda parte del romanzo il fatto è,
che non è più Don Chisciotte a
trasformare la realtà secondo la sua immaginazione, quanto piuttosto
i personaggi intorno a lui, incluso Sancio,
a volerlo convincere a compiere stramberie per poterne poi ridere. Anche
questa sortita si conclude in ogni modo con un ritorno al villaggio, qui
Don Chisciotte si ammala preso da una forte febbre che lo tiene a letto.
La malattia lo rinsavisce, ma proprio allora muore.
Il Don Chisciotte è un'opera di una complessità straordinaria,
sia a livello tematico sia stilistico, e di conseguenza molte sono state
le interpretazioni che sono state date, anche opposte tra loro. L'universalità
dei personaggi creati da Cervantes ha indotto i critici spesso a contestare
storicamente il romanzo e a leggerlo quasi come opera contemporanea.
E' possibile però ricondurre le varie analisi critiche fondamentalmente
a due tipi di letture: da un lato quella "giocosa", il cui massimo
sostenitore è forse l'intreccio che nel suo svolgersi rileva come
la follia di Don Chisciotte altro non sia che gioco, parodia, comicità,
riconducibile alla follia erasmiana; dall'altro l'interpretazione "tragica",
che si è affermata storicamente durante il Romanticismo,
che vede nell'hidalgo un campione dell'idealismo costretto a scontrarsi
con una prosaica realtà priva d'ogni eroismo. Ad ognuna di queste
interpretazioni è possibile muovere delle obiezioni perché
in realtà entrambi i toni, quello della gaiezza e quello della
melanconia, pervadono la narrazione e sarebbe troppo riduttivo cercare
di affermare una visione critica definitiva; come per l'Amleto
di Shakespeare continueranno a susseguirsi le più
svariate letture.
Il lettore, però dovrebbe concentrare l'attenzione sullo stile
dell'opera, la sua modernità stilistica, appunto. Questo spiega
anche come mai il dibattito critico, anche nel corso del Novecento si
sia appassionato a questo romanzo, "che partendo dalla letteratura
cortese-cavalleresca, dalla letteratura pastorale, dal romanzo picaresco,
dalla novellistica, abbia unito tutte queste esperienze per creare qualcosa
di assolutamente originale ed unico, definito da molti come il primo romanzo
moderno". Per esempio c'è la stratificazione dei piani
narrativi, in cui agiscono diversi narratori che rimandano l'uno all'altro:
Cervantes dichiara, infatti, di rifarsi ad un manoscritto
arabo di un certo Cide Hamete Benengeli per la narrazione
delle gesta di Don Chisciotte, nella seconda parte del romanzo poi si
parla spesso del libro pubblicato, nella finzione, sulle avventure dell'hidalgo
e che lo mette così in cattiva luce, espediente attraverso il quale
Cervantes non lesina critiche al libro veramente pubblicato apocrifo nel
1614 con protagonista il suo folle cavaliere. "In proposito si
è parlato di un vero e proprio gioco di specchi attraverso il quale
viene demolita la concezione univoca della realtà, sostituita da
numerose prospettive che ci forniscono un quadro sfuggente, contraddittorio,
in eterno equilibrio tra reale, e irreale".
Letteratura
e vita, teatro e vita nel Don Chisciotte si mischiano: i mulini a vento
diventano dei giganti, le locande dei castelli, i montoni degli eserciti
nemici, etc. Ogni cosa può essere soggetta a diversi punti di vista,
il che fa perdere chiaramente l'esatta concezione della realtà.
Sarebbe così testimoniata da Cervantes la crisi di fiducia del
suo tempo nelle acquisizioni rinascimentali quali l'armonioso equilibrio
tra la natura e l'uomo, la fiducia nell'agire umano guidato dalla razionalità.
Nel suo romanzo regnano invece la confusione, l'incertezza, il disinganno:
una "scissione tra coscienza e vita" che perdura ancora oggi
e che rende il Don Chisciotte così attuale.
Reno Bromuro è nato a Paduli, in Campania, nel 1937. E' stato un poeta, scrittore, attore e regista teatrale. Nel 1957, a Napoli, ha fondato il Centro Sperimentale per un Teatro neorealista. Ha fondato nel 1973 (di fatto) l'A.I.A. Associazione Internazionale Artisti "Poesie della Vita", e, come critico letterario, ha recensito molti poeti italiani e stranieri. Si è spento nel 2009, qualche anno dopo averci dato l'opportunità di collaborare con lui. Noi di Letteratour lo ricordiamo con affetto qui.
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