di Reno Bromuro
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              • Pescara 
              • Bibliografia
 "A 
        mezzo il giorno
"A 
        mezzo il giorno
        sul Mare etrusco 
        pallido verdicante
        come il dissepolto
        bronzo dagli ipogei, grava
        la bonaccia. Non bava
        di vento intorno
        alita. Non trema canna
        su la solitaria
        spiaggia aspra di rusco,
        di ginepri arsi. Non suona
        voce, se ascolto"
  Gabriele 
        d'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 
        1863 da Francesco Paolo e Luisa de Benedictis. 
        A undici anni è iscritto al Collegio Cicognini di Prato. 
        All'esaltazione napoleonica coltivata insieme col "compagno dagli 
        occhi senza cigli" lentamente la sostituisce, entusiasmato dalle 
        Odi barbare carducciane. In questo modo l'attività 
        poetica, mentre si rivela insofferente d'ogni freno, è già 
        arditamente spinto alle esperienze amorose. Nel 1879 pubblica Primo 
        vere, che l'anno dopo esce in seconda edizione "corretta 
        con penna e con fuoco". Giuseppe Chiarini, 
        sul "Fanfulla della Domenica" annuncia 
        che l'Italia ha un suo nuovo poeta... Finiti gli studi liceali s'iscrive 
        a Lettere all'università di Roma. Conosce 
        Edoardo Scarfoglio e si ambienta rapidamente nel mondo 
        letterario-giornalistico romano.
Gabriele 
        d'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 
        1863 da Francesco Paolo e Luisa de Benedictis. 
        A undici anni è iscritto al Collegio Cicognini di Prato. 
        All'esaltazione napoleonica coltivata insieme col "compagno dagli 
        occhi senza cigli" lentamente la sostituisce, entusiasmato dalle 
        Odi barbare carducciane. In questo modo l'attività 
        poetica, mentre si rivela insofferente d'ogni freno, è già 
        arditamente spinto alle esperienze amorose. Nel 1879 pubblica Primo 
        vere, che l'anno dopo esce in seconda edizione "corretta 
        con penna e con fuoco". Giuseppe Chiarini, 
        sul "Fanfulla della Domenica" annuncia 
        che l'Italia ha un suo nuovo poeta... Finiti gli studi liceali s'iscrive 
        a Lettere all'università di Roma. Conosce 
        Edoardo Scarfoglio e si ambienta rapidamente nel mondo 
        letterario-giornalistico romano.
        L'anno successivo fa un viaggio in Sardegna 
        con Pascarella e Scarfoglio.
        Iniziano le collaborazioni al "Fanfula della Domenica", 
        alla "Cronaca bizantina", nella cui 
        redazione incontra Carducci vedendolo poi molte volte, 
        al "Capitan Fracassa", alla "Tribuna". 
        
        Nell'inverno 1882-'83 inizia la vita mondana e galante, che appena ventenne 
        sposerà la duchessina Maria Hardouin di Gallese. 
        Nel 1882 pubblica Canto novo e le novelle di 
         Terra vergine. Seguono Intermezzo 
        di rime, il Libro delle vergini, 
        il San Pantaleone composto anch'esso di racconti, 
        e nel 1886 l'lsaotta Guttadàuro chiamata 
        poi l'lsottèo quando, rielaborata, esce con La chimera 
        nella raccolta poetica del 1890. Intanto nel 1889 ha pubblicato Il 
        piacere e nell'estate precedente L'armata d'ltalia, 
        saggio critico-polemico sulle questioni della marina militare italiana. 
        Nei primi mesi del 1890 sulla "Tribuna illustrata" 
        appaiono varie puntate del romanzo L'invincibile, 
        che resta allora non finito e sarà riassorbito nel Trionfo 
        della Morte. Dopo un anno di servizio militare nel Reggimento 
        Cavalleria "Alessandria", scrive di nuovo a Roma 
        il Giovanni Episcopo e nel Convento 
        del pittore Michetti, a Francavilla,come 
        già Il piacere nasce L'innocente. 
        La grande relazione amorosa con Barbara Leoni sta per 
        finire, dopo quattro anni e più, senza che se ne avvantaggi oramai 
        la vita coniugale con Maria da cui ha avuto tre figli. Nuovamente tormentato 
        dai debiti si stabilisce a Napoli, negli ultimi 
        mesi del 1891, restandovi fin quasi all'inizio del 1894. Comincia la reciproca 
        passione per la contessa Maria Anguissola principessa Gravina 
        che abita a Napoli; e dalle collaborazioni al 
        "Corriere di Napoli", direttore Scarfoglio 
        e la Serao ricava per il momento gran parte dei mezzi 
        per vivere.
        Nel 1893 pubblica il Poema paradisiaco unendovi 
        le accresciute Odi navali. Suo padre muore nel 
        giugno di quell'anno, lasciando completamente dissestata la famiglia. 
        Degli ultimi tristi rapporti col padre c'è larga traccia nel romanzo 
         Trionfo della Morte finito e pubblicato nel 
        1894, la cui protagonista femminile ha ancora in Barbara 
        l'ispirazione biografica; d'Annunzio dà ora il titolo complessivo 
        di Romanzi della Rosa a Il Piacere, 
        all'Innocente e al nuovo libro. 
         È 
        dell'estate 1895 il famoso viaggio in Grecia 
        sullo yacht di Scarfoglio. Del novembre, nel medesimo 
        anno, il discorso a Venezia per la chiusura dell'Esposizione 
        d'Arte,che è intitolato poi"Gloria alla 
        Allegoria dell'Autunno" ed entrerà nel romanzo Il 
        fuoco. A Venezia,ritrova Eleonora 
        Duse, già incontrata nel 1881, durante il suo primo soggiorno 
        romano, stabilendo con lei un'intensa amicizia. Nel maggio 1897 ha il 
        secondo figlio da Maria Gravina ma i loro rapporti si 
        stanno esaurendo. L'amicizia sempre più calda con la Duse 
        si intreccia ai rinnovati propositi di lavoro per il teatro, e alla loro 
        prima realizzazione: La città morta, 
        rappresentata e pubblicata nel 1898, è per ora la più importante. 
        Ma rivolgendosi a Sarah Bernhardt per la prima rappresentazione, 
        suscita nella Duse un profondo e lungo risentimento. 
        Nel 1897 partecipa con successo alle elezioni politiche riuscendo deputato 
        nel collegio di Ortona a Mare che comprende Pescara. 
        Il suo programma "al di là della destra e della sinistra" 
        ha tuttavia una netta impostazione nazionalistica e, quelle poche volte 
        che va a Montecitorio si colloca sui banchi 
        d'estrema destra.
È 
        dell'estate 1895 il famoso viaggio in Grecia 
        sullo yacht di Scarfoglio. Del novembre, nel medesimo 
        anno, il discorso a Venezia per la chiusura dell'Esposizione 
        d'Arte,che è intitolato poi"Gloria alla 
        Allegoria dell'Autunno" ed entrerà nel romanzo Il 
        fuoco. A Venezia,ritrova Eleonora 
        Duse, già incontrata nel 1881, durante il suo primo soggiorno 
        romano, stabilendo con lei un'intensa amicizia. Nel maggio 1897 ha il 
        secondo figlio da Maria Gravina ma i loro rapporti si 
        stanno esaurendo. L'amicizia sempre più calda con la Duse 
        si intreccia ai rinnovati propositi di lavoro per il teatro, e alla loro 
        prima realizzazione: La città morta, 
        rappresentata e pubblicata nel 1898, è per ora la più importante. 
        Ma rivolgendosi a Sarah Bernhardt per la prima rappresentazione, 
        suscita nella Duse un profondo e lungo risentimento. 
        Nel 1897 partecipa con successo alle elezioni politiche riuscendo deputato 
        nel collegio di Ortona a Mare che comprende Pescara. 
        Il suo programma "al di là della destra e della sinistra" 
        ha tuttavia una netta impostazione nazionalistica e, quelle poche volte 
        che va a Montecitorio si colloca sui banchi 
        d'estrema destra. 
        Nei due anni che seguono l'intimità con la Duse si fa ancora più 
        forte, dopo la ripresa; e il Vate, ora, vive abitualmente a Settignano 
        nella villa "La Capponcina" presso 
        la "Porziuncola" della Duse. La segue 
        in Egitto e in Grecia; 
        accanto a lei compone il dramma La gloria, a 
         Corfù, ed è la Duse a strappare 
        il successo del precedente dramma, La Gioconda, 
        nella primavera 1899 recitandolo insieme a Zacconi. 
        Gran rumore e scandalo fa il romanzo Il fuoco 
        uscito nel 1900 per le rivelazioni in parte crudeli sugli amori con la 
        Duse. 
         Nel 
        1901 scrive la tragedia Francesca da Rimini. 
        È ormai alle soglie del più grande periodo per la sua poesia; 
        escono nel 1903 i primi tre libri delle Laudi Maia, Elettra, 
        Alcyone, con la data 1904 il secondo e il terzo, massimo 
        capolavoro della lirica dannunziana e che avrà poi il titolo lievemente 
        modificato in Alcyone.
Nel 
        1901 scrive la tragedia Francesca da Rimini. 
        È ormai alle soglie del più grande periodo per la sua poesia; 
        escono nel 1903 i primi tre libri delle Laudi Maia, Elettra, 
        Alcyone, con la data 1904 il secondo e il terzo, massimo 
        capolavoro della lirica dannunziana e che avrà poi il titolo lievemente 
        modificato in Alcyone. 
        Nel 1930 donava all'Italia il Vittoriale. Nel 
        1937 è nominato Presidente della Accademia d'Italia. 
        Grandi onori ufficiali, isolamento e sostanziale tristezza segnano gli 
        ultimi anni del poeta, che aspetta la morte "ma non fra le lenzuola". 
        
        Muore improvvisamente martedì 1 marzo 1938, per emorragia cerebrale, 
        nel suo studio, poco dopo le otto di sera.
 L'Alcyone, completato 
        nel 1903, è il terzo dei quattro libri poetici (o cinque libri, 
        se si conta anche Asterope, pubblicato tra il 
        1914 e il 1918) che D'Annunzio compose sotto il titolo 
        di Laudi del Cielo, della Terra e degli Eroi.
        Maia, il primo libro, riprende temi cari Al 
        Vate: una celebrazione vitalistica della esistenza e un naturalismo pagano 
        impreziosito da riferimenti classici e mitologici. Elettra, 
        secondo libro, celebra gli eroi della patria e dell'arte, mentre Merope, 
        quarto libro, raccoglie canti celebrativi per la conquista della Libia.
        Alcyone, pubblicato nello stesso periodo di 
        Maia, ma collocato come terzo libro, rappresenta l'apoteosi poetica di 
        D'Annunzio. In questa raccolta di ottantotto liriche di metro vario sono 
        racchiuse, tra le più belle poesie del Vate come La 
        sera fiesolana e La pioggia nel pineto. 
        Ma noi crediamo che la lirica "Meriggio" 
        sia un poco trascurata perché in essa abbiamo trovato che la maestria 
        stilistica si armonizza con una forte e audace sensualità che unita 
        alle liriche menzionate, fa dell'Alcyone un'opera molto apprezzata.
  Il 
        giovane D'annunzio assume come modelli il classicismo 
        carducciano, vedi Primo vere e il realismo 
        verghiano, vedi Terra vergine, 
        non solo per una strategia editoriale, ma anche per la natura del suo 
        talento che lo porta ad assimilare fino all'apparente plagio i prodotti 
        letterari altrui, che investe però di nuovi significati grazie 
        ad una sensibilità eccellente e un amore per la parola e l'immenso 
        desiderio di esprimere se stesso attraverso l'Arte: "espressione 
        è il mio unico modo di vivere". Abbandona presto il Verismo 
        perché convinto di non essere abbastanza schietto, sufficientemente 
        vero e delinea un ideale di prosa moderna che armonizza tutte le varietà 
        letterarie.
Il 
        giovane D'annunzio assume come modelli il classicismo 
        carducciano, vedi Primo vere e il realismo 
        verghiano, vedi Terra vergine, 
        non solo per una strategia editoriale, ma anche per la natura del suo 
        talento che lo porta ad assimilare fino all'apparente plagio i prodotti 
        letterari altrui, che investe però di nuovi significati grazie 
        ad una sensibilità eccellente e un amore per la parola e l'immenso 
        desiderio di esprimere se stesso attraverso l'Arte: "espressione 
        è il mio unico modo di vivere". Abbandona presto il Verismo 
        perché convinto di non essere abbastanza schietto, sufficientemente 
        vero e delinea un ideale di prosa moderna che armonizza tutte le varietà 
        letterarie.
        L'elemento costante diventa esperienza sensibile ch'è resa attraverso 
        la magia della parola, che evoca la realtà insieme al suo mistero, 
        alla sua sensuale ambiguità.
        L'estetismo diventa valore supremo e unico che identifica con la vita 
        stessa. E allora inizia la ricerca per la parola raffinata, dichiara il 
        proprio amore sensuale per la parola, il verso diventa tutto. La parola 
        possiede elementi musicali, e la musica parla direttamente all'anima; 
        si stacca dal testo, assume valenza magica e diventa azione, gesto; diventa 
        "incantesimo di massa" commuove, persuade, affascina e seduce. 
        Ecco la necessità di rivelare le cose con le raffinatezze dello 
        stile, della metrica e la scelta del termine. Il carattere dominante della 
        poesia di D'Annunzio è la sensualità intesa come gioia di 
        vedere, di possedere e di godere. Si è soliti periodizzare la sua 
        produzione in fasi, che non rappresentano un'evoluzione, ma qualcosa che 
        è nel poeta in origine e che prevale in diversi momenti.
        Prendiamo per esempio il Naturalismo sensuale 
        e ci accorgiamo che esso è tipico delle opere del primo periodo, 
        caratterizzato da una breve fase di intonazione carducciana, che però 
        già comprende tracce della sua personalità e da cui poi 
        rapidamente si allontana per esprimere la sua originalità e per 
        approdare, per poco, a "Terra vergine", 
        una raccolta di novelle di intonazione verghiana;
        L'estetismo sensuale che appartiene al secondo 
        periodo romano, ispirato dal principio che i valori estetici e il culto 
        della bellezza devono avere l'assoluta priorità nell'arte e nella 
        vita, si caratterizza da una eleganza stilistica che tenta di dare una 
        soluzione intellettualistica al suo sensualismo. Il concetto ci viene 
        teorizzato nella sua forma più esplicita ne Il piacere 
        il suo primo romanzo. In esso viene trattato il dramma dell'esistenza 
        dell'autobiografico Andrea Sperelli ossessionata dall'avidità 
        di soddisfazioni sensuali e dal tentativo di spiritualizzare questa sensualità 
        nell'arte;
        Il superuonismo ufficialmente, nasce in Italia 
        nel gennaio del 1895 con la pubblicazione nel primo numero del convito 
        della prima puntata de "Le vergini delle rocce" 
        di Salinari; nel romanzo, Claudio Cantelmo 
        si intrattiene con tre sorelle, principesse di sangue borbonico, per decidere 
        con quale delle tre unirsi in matrimonio e fondare la razza dei nuovi 
        "dominatori in un'epoca in cui la vita pubblica non è 
        se non uno spettacolo miserabile di bassezza e di disonore". 
        
        La personale concezione del superuomo matura sotto l'influsso di Nietzsche, 
        ma in realtà è una rielaborazione che fraintende o che, 
        diversamente da Nietzsche, rielabora L'oltre-uomo: metafora 
        dell'espressione, della liberazione dell'uomo dalle sue miserie e affermazione 
        di valori come la vitù; e lo identifica con l'eroe, secondo cui 
        l'stinto è la sola verità e la morale una menzogna; l'unica 
        legge è il dominio. Avvicinandosi alla belva l'uomo supera l'uomo 
        e realizza, appunto, l'eroe.
        Il naturalismo panico è il punto di approdo 
        della poesia dannunziana. Teorizzato nell'Alcione, 
        ove viene instaurato un rapporto con la natura in chiave mistico-magica, 
        la natura è sentita come una forza misteriosa, terribile e attraente, 
        a cui l'uomo può unirsi solo abbandonandosi ad un flusso istintivo 
        ed inferiore che nulla ha di razionale e di meditato. L'Alcione 
        è il diario poetico di una estate in Toscana, 
        è il superamento della sensualità primaria nella ricerca 
        del godimento completo perseguito da tutti i sensi e goduto con l'anima. 
        Il poeta immerso nella natura, il suo canto non è più solo 
        dell'uomo, ma è il canto stesso della natura.
        A mio avviso D'Annunzio ha voluto dare alla sua poetica 
        poteri pratici: di seduzione, di oratoria imperialistica, di affermazione 
        individuale; ed ha trovato invece la sua vera poetica, il fiore di tutte 
        le altre esperienze, quando, servendosi sempre di quei procedimenti, di 
        quei tecnicismi epurati, è ritornato natura, ha agito come la natura. 
        Dov'è la discriminazione fra la poetica dell'Alcione e quella delle 
        opere precedenti? Nella mancanza appunto di scopi pratici, di intrusioni 
        volitive, psicologiche. L'Alcione nasce così, senza miracoli, sul 
        diffuso terreno estetizzante; non sfugge, ma trasfigura in arte le intenzioni 
        di tutto un programma. In generale si esagera nell'isolare l'Alcione, 
        nel farne un miracolo staccato dal resto dell'attività dannunziana. 
        Se invece si esamina l'Alcione dal punto di vista della poetica, non si 
        può non avvertire la sostanziale similarità di modi di costruzione: 
        se si eliminano le intenzioni extraestetiche del superuomo o i particolari 
        che derivano dallo atteggiamento della bontà, si vede che l'interesse 
        più profondo in senso poetico di non è variato. Anzi la 
        poetica dell'Alcione è, purificata, come la ricerca di una musica 
        verbale e sensuale, non musica del mistero o dell'ineffabile, ma musica 
        che emana dalle parole amate, gustate, e che a sua volta trascina e provoca 
        fiotti di nuove parole.
  "La 
        foce è come salso
"La 
        foce è come salso 
        stagno. Del marin colore, 
        per mezzo alle capanne, 
        per entro alle reti
        che pendono dalla croce
        degli staggi, si tace.
        Come il bronzo sepolcrale
        pallida verdica in pace
        quella che sorridea".
Alle pause vocative, che la poetica dannunziana sempre cercò inutilmente come esplosioni eroiche od orgiastiche:
 Dormono i Monti Pisani
        coperti da inerti
        cumuli di vapore.
 e si sentirà chiaramente il tono di 
        discorso superiore che costituisce la musica più duratura e pacata.
        In "Meriggio" la poetica, è 
        nei suoi particolari costruttivi, nella sua maturità, nella sua 
        libertà di fronte ai tentativi precedenti; è più 
        potente che in ogni altra poesia dell'Alcione, 
        forse più della Pioggia nel pineto e 
        della Sera fiesolana. Qui la natura della poetica 
        dannunziana vi si mostra d'altronde nel miglior modo, nella sua struttura 
        decadente. È decadente per l'assoluta mancanza del contenuto, dello 
        argomento, sì che a noi non ne resta che un senso preciso di atmosfera 
        musicale, non turbata dalla presenza di un racconto o di un'intrusione 
        psicologica; non esistono centro e particolari, nucleo e periferia, ma 
        l'anima del poema è per tutto, nella trama continua delle sensazioni 
        che si fanno musica, delle parole che diventano note musicali. Il canto 
        comincia e dilegua senza lo stacco delle costruzioni classiche. Ma, poiché 
        è grande poesia, la musicalità è costretta a trainare 
        una necessità non minore di quella che vive nella conclusa armonia 
        classica.
        Poetica nuova, senza dubbio: eppure nei confronti dei poeti nuovi e del 
        decadentismo più sottile, manca in questa poetica un valore di 
        suggestione. Perché non c'è suggestione di mondi metafisici, 
        conoscenza di un al di là, ma musica di parole-sensazioni. E vi 
        manca quel certo spirito critico, che è essenziale nella poetica 
        di Valéry o di Rilke.
 Quel lembo di terra alle foci di un fiume 
        è Pescara, terra natale del Vate; anticamente 
        nota col nome di Aternum, fu città dei 
        Vestini alleati di Annibale durante 
        la Seconda Guerra Punica. Conquistata dai Romani, 
        in epoca imperiale gode di grande prosperità come porto attivo 
        a cui fanno capo numerose strade provenienti dai valichi appenninici e 
        i traffici per la Dalmazia. Nell'alto Medioevo 
        decade e subisce gravissime distruzioni per opera dei Longobardi. 
        Assunto il nome attuale di Pescara e forse mutata 
        parzialmente la sede, risorge intorno al Mille.
        Dopo essere stata possesso di Montecassino, 
        nel 1140 è occupata dai Normanni, quindi, nel 
        1209, da Ottone Quarto e poi dagli Angioini. 
        Nel 1381 Giovanna Prima la dona a Raimondo Orsini 
        e da allora passa di signore in signore.
         Nella 
        prima metà del Quindicesimo secolo, è feudo dei d'Ávalos 
        e resta in loro possesso sino alla fine della feudalità. Carlo 
        Quinto vi costruisce una fortezza compiuta poi dal duca 
        d'Alba a difesa contro i Turchi e i Barbareschi 
        e nel 1566 la città resiste validamente a un attacco turco. Nel 
        1707 è conquistata dalle truppe austriache del generale Georg 
        Olivier conte di Wallis. Nel 1798 è presa dai Francesi 
        e l'anno successivo è a lungo difesa contro i Borboni 
        da Carafa che, catturato dopo la resa, viene 
        decapitato. Durante la Seconda Guerra Mondiale 
        subisce gravi danni in seguito ai ripetuti bombardamenti alleati.
Nella 
        prima metà del Quindicesimo secolo, è feudo dei d'Ávalos 
        e resta in loro possesso sino alla fine della feudalità. Carlo 
        Quinto vi costruisce una fortezza compiuta poi dal duca 
        d'Alba a difesa contro i Turchi e i Barbareschi 
        e nel 1566 la città resiste validamente a un attacco turco. Nel 
        1707 è conquistata dalle truppe austriache del generale Georg 
        Olivier conte di Wallis. Nel 1798 è presa dai Francesi 
        e l'anno successivo è a lungo difesa contro i Borboni 
        da Carafa che, catturato dopo la resa, viene 
        decapitato. Durante la Seconda Guerra Mondiale 
        subisce gravi danni in seguito ai ripetuti bombardamenti alleati.
        Oggi è capoluogo della Provincia omonima; si estende, sopra una 
        superficie d 33,62 chilometri quadrati con 116.837 abitanti (la stima 
        è di tre anni fa).
        La città è situata a quattro metri sul livello del mare, 
        sulla costa adriatica, alla foce del fiume Pescara, 
        che divide l'abitato in due parti non molto ineguali tra loro. Il nucleo 
        originario sorse sulla sponda destra del fiume, la cui foce venne utilizzata 
        come porto-canale; Pescara è l'unica importante città abruzzese 
        sul mare. Benché sia posta in favorevole posizione alla convergenza 
        di frequentate direttrici del traffico, Pescara tarda a svilupparsi; nel 
        1921 non raggiungeva neppure i 10.000 abitanti.  Nel 
        1927 due fatti contribuiscono sensibilmente a dare un avvio rapido e ininterrotto 
        alla sua espansione demografica, edilizia ed economica: in quell'anno 
        infatti la città è elevata a capoluogo della nuova provincia, 
        il cui territorio è stato staccato dalla provincia di Chieti, 
        e il suo comune ha incorporato il soppresso comune di Castellammare 
        Adriatico, già in provincia di Teramo, 
        che si stendeva sulla sponda opposta del fiume. La città, che al 
        censimento del 1931 contava già 43.943 abitanti, ha quindi un rapido 
        sviluppo e si afferma ben presto come il principale centro economico della 
        regione, perché vivace mercato dei prodotti agricoli di un vasto 
        comprensorio, centro portuale e successivamente anche industriale e turistico-balneare.
Nel 
        1927 due fatti contribuiscono sensibilmente a dare un avvio rapido e ininterrotto 
        alla sua espansione demografica, edilizia ed economica: in quell'anno 
        infatti la città è elevata a capoluogo della nuova provincia, 
        il cui territorio è stato staccato dalla provincia di Chieti, 
        e il suo comune ha incorporato il soppresso comune di Castellammare 
        Adriatico, già in provincia di Teramo, 
        che si stendeva sulla sponda opposta del fiume. La città, che al 
        censimento del 1931 contava già 43.943 abitanti, ha quindi un rapido 
        sviluppo e si afferma ben presto come il principale centro economico della 
        regione, perché vivace mercato dei prodotti agricoli di un vasto 
        comprensorio, centro portuale e successivamente anche industriale e turistico-balneare. 
        
        L'abitato, come hi già accennato, si estende lungo il litorale 
        sabbioso del Mare Adriatico, con pianta molto 
        regolare a scacchiera, determinata da strade rettilinee e parallele al 
        mare, con trasversali ortogonali, spingendosi anche all'interno nella 
        bassa valle del Pescara, sia alla destra del fiume sia nella direttrice 
        opposta, verso Montesilvano. L'attività 
        industriale è rappresentata da varie imprese operanti nei settori 
        alimentare, metalmeccanico, chimico, petrolchimico, dell'abbigliamento, 
        del legno, delle pelletterie e dei materiali da costruzione. Sviluppate 
        sono la pesca, le attività connesse con il turismo e quelle commerciali, 
        favorite dall'efficienza delle attrezzature dello scalo ferroviario, del 
        porto-canale e dell'aeroporto, l'unico della regione. La città 
        è sede vescovile. A Pescara si trova 
        una sede distaccata dell'Università Gabriele D'Annunzio 
        di Chieti.
 Bibliografia
        Attilio Somigliano: "Ultimi studi"
        Walter Binni: "La poetica del Decadentismo"

Reno Bromuro è nato a Paduli, in Campania, nel 1937. E' stato un poeta, scrittore, attore e regista teatrale. Nel 1957, a Napoli, ha fondato il Centro Sperimentale per un Teatro neorealista. Ha fondato nel 1973 (di fatto) l'A.I.A. Associazione Internazionale Artisti "Poesie della Vita", e, come critico letterario, ha recensito molti poeti italiani e stranieri. Si è spento nel 2009, qualche anno dopo averci dato l'opportunità di collaborare con lui. Noi di Letteratour lo ricordiamo con affetto qui.
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