di Reno Bromuro
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Chi
non conosce Alphonse Daudet, l'autore di Tartarin
de Tarascon, splendidamente interpretato per la televisione
dall'indimenticabile Tino Buazzelli, Le lettere
dal mio mulino (Lettres de mon moulin),
Petit chose e L'Arlésienne,
musicata da Bizet?
Daudet fa parte di quella lunga schiera di scrittori che cantano la Provenza,
quali Giono e Bosco. Nato a Nimes
nel 1840, dopo aver seguito gli studi a Lione,
parte per Alès e Parigi
dove diventa segretario del Duca di Morny. Nel 1864 soggiorna
a Fontvieille presso la famiglia Ambroy
e stabilisce rapporti d'amicizia con gli abitanti del Castello
di Montauban. E' passeggiando sulle colline di Fontvieille
che scopre i mulini, dalla cui contemplazione trae spunto per alcune delle
«Lettere dal mio mulino», in cui scrittura e vita
privata s’intrecciano ancora a Fontvieille quando lo scrittore vi
trascorre il proprio viaggio di nozze.
Alphonse Daudet nato a Nimes nel 1840, interrotti
gli studi a quindici anni a seguito del fallimento dell’azienda
paterna, passa due anni in un collegio come ripetitore. Nel 1857 raggiunse
il fratello Ernest a Parigi: una sua raccolta di versi
ha un’accoglienza favorevole e gli vale a procurargli una collaborazione
al Figaro nonché la protezione del duca
di Morny, presidente del corpo legislativo, di cui Daudet diviene
suo segretario per cinque anni.
Dopo aver rappresentato con successo alcuni lavori teatrali, dall’agosto
1866, inizia a pubblicare su L’Evénement,
una gustosa serie di racconti, aneddoti, bozzetti, ambientati per lo più
nella natia Provenza e intitolati Lettere
dal mio mulino, poi nel 1869, riuniti nel notissimo volume
dallo stesso titolo. Nel racconto vi è un tenero e ammiccante humour,
una mano accorta e sensibile nella resa del paesello del Sud della Francia,
tanto diverso dalla grigia metropoli in cui il giovane scrittore ha mosso
i primi passi, una costante disposizione a comprendere l’umanità,
ad amarla e a farla amare, offrono già una definita misura fin
dal felice esordio. Una vena ancora tenera ma più amara, nell’indugiare
alla maniera di Dickens sulle note del misero e della
compassione, rivela Storia di un fanciullo,
in cui racconta, nella prima parte, fedelmente e in modo romanzato nella
seconda, la propria infanzia e giovinezza.
Il primo grande successo viene 1872, dalla pubblicazione di Tartarino
di Tarascona, seguito nel 1885, da Tartarino
sulle Alpi e nel 1890 da Port-Tarascon,
opera con la quale si crea un più ampio spazio narrativo, senza
rinunciare alla tentazione del bozzetto, della caricatura, del colore
meridionale, riesce a creare ad un vero e proprio personaggio, uguale
nella misura sia reale sia immaginario di un don Chisciotte
da questa parte dei Pirenei.
Nel
1872 ritorna al teatro con l’Arlesiana
un dramma musicato da George Bizet, e l’anno dopo
alla narrativa con i Racconti del lunedì,
dove la tragedia della sconfitta francese del 1870 è rivissuta
su un piano familiare e privato, Daudet affronta la prova del romanzo
di costume: costume e ambiente “parigino”, preciserà
l’autore, rilevando, con quest’affermazione la portata realista
della sua svolta creativa, e insieme il congedo,dalla musa provenzale.
Il primo romanzo, Ditta Fromont e Risler del
1874, annuncia già nel titolo, la nuova maniera. Fra i successivi
si ricordano la commovente storia di Jack, Il nababbo,
amaro quadro della società politica e mondana del secondo impero,
I re in esilio, Numa Roumestan,
il ritratto satirico di un politicante meridionale in cui qualcuno ha
creduto riconoscere Gambetta, L’evangelista,
un eroe che combatte contro il fanatismo e il rigorismo protestante, e
Saffo, una difesa dell’ordine borghese
e familiare e insieme denuncia di ogni bohème letteraria e artistica.
Finì la sua vita terrena a Parigi nel 1897.
In
viaggio sul fiume è la storia del primo viaggio di
due ragazzi senza genitori, i quali salgono sul battello che li porta
a Lione, si imbarcano in storie bugiarde dove
prendono vita i loro sogni. Il destino, però, li costringe a scontare
il viaggio della loro fantasia, fino all’ultimo; i due ingannatori,
innocenti e ingenui, subiscono la condanna senza possibilità speranza.
Il libro si compone di ventiquattro scritti pubblicati nel 1866, nel giornale
parigino del tempo: "L'evenement"
e successivamente raccolti in un volume con l'aggiunta della premessa
nella quale l'autore riproduce l'atto d'acquisto di un vecchio "mulino
a vento e da farina situato nella valle del Rodano... su una costa coperta
di pini e lecci", abbandonato da tempo.
I ventiquattro scritti che compongono questo piacevolissimo libro appaiono
originariamente come ho detto più avanti, uno per volta nel giornale
parigino. Egli, infatti, stabilita nel pittoresco rudere la propria residenza
estiva, immagina di scrivere agli amici parigini una serie di lettere,
per metterli al corrente di quello che avviene nella semplice, patriarcale
vita del paese e per raccontare le leggende e le novelle che va raccogliendo,
narrate dai paesani.
Cronache e leggende formano gustosi e freschi bozzetti, piacevoli da leggere;
i quali nella commossa esaltazione delle terre, dei costumi e degli abitanti
della Provenza, che nel 1859, per opera del Mistral,
sembra improvvisamente risorta anche alla letteratura, che assume una
così limpidezza di stile, da elevarsi fra i più bei racconti
della letteratura francese.
Belli, piacevoli, freschi, gustosi: non esistono aggettivi più
esaltanti da adoperare per “definire la squisita semplicità
con cui l'indulgenza arguta e la partecipe simpatia del poeta rendono
volti e profili di uomini e di paesaggi attraverso una felicità
narrativa fluida e tersa che si direbbe sgorgare anch'essa naturalmente,
come una delle "chiare, fresche e dolci acque" di Provenza”.
Tutta l'opera di Daudet
è caratterizzata dalla presenza di un doppio registro: il realismo
con cui descrive minuziosamente ambienti e personaggi, considerato da
Zola vero e proprio naturalismo; e la delicata evocazione
di figure immaginarie e irreali. Questo è il motivo per cui parlo
degli studi recenti, sul naturalismo, tanto vivo e in Daudet; studi che
hanno dimostrato come la sensazione di benessere sia stimolata da particolari
luci, profumi e letture.
Ed è proprio questo che si manifesta, quasi tangibile, quell’atmosfera
che concorra a farci rilassare. Protagonista, “Lettera
dal mio Mulino”.
Questo racconto, ha la capacità di trasportarci al centro di un
campo sterminato, illuminato dalla luna, in una tiepida notte primaverile,
riuscendo ad unificare nella nostra mente le tre cose che colpiscono i
nostri sensi: il benessere della luce soffusa, che viene e và,
secondo il cammino delle nuvole; i profumi indescrivibili ma ristoratori
della natura, e il ricordo della lettura fatta poco prima di uscire all’aperto.
In quel momento, siamo una cosa sola con la natura, miracolo della poesia,
e la fantasia di Daudet ne crea a iosa.
In quel momento, il nostro stupore è pari a quello di Tartarin
che chiama i suoi eroi e cerca la via d’accesso per essere creduto
da chi ascolta le sue bugie (Goldoni ne “Il
bugiardo” le chiama “fantasiose invenzioni”),
e gode del saluto e del forte gridare: "Vive Tartarin!... Vive Tartarin!"
Com’è straordinario l’effetto del "miraggio".
La pelle del leone spedito al Comandante è la causa di tanto tumulto!
L'eccitamento del ragazzo ti ritorna dalla musica che il vento compone
con il movimento dei rami e delle foglie: tutto è meravigliosamente
fantastico. La tua mente si scuote per un attimo e ripete: “È
una creatura nobile”. La notte diventa immediatamente particolare:
Don Chisciotte e Tartarin
si fondono, diventano un solo personaggio e svegliandoti di soprassalto
al grido unisono, ti accorgi che la prima stella del mattino fa capolino
tra le nubi mentre la luna comincia ad impallidire, dipingendo in cielo
di un viola che piano piano diventa rosa per far posto al Sole nascente.
Fontvieille
è situato a nove chilometri da Arles,
nel cuore della Provenza, appare abitato insieme
a ulivi, mandorli e cipressi che popolano la Costa blu delle
Alpilles. Le sue “artesiane”, “i pastori,
le case pergolate, i vecchi pozzi, le greggi e le cicale ne fanno una
cittadina tipicamente provenzale”.
Fino alla Rivoluzione Francese la sua storia
si confonde con quella di Arles, il centro più
vicino, anche se nel 1695 è stata costruita la nuova chiesa di
Saint Pierre-ès-Liens, solo nel 1790
Fontvieille diviene comune autonomo.
Il borgo è formato dai cavapietre che si stabilirono nei pressi
della vecchia fontana da cui deriverebbe il nome latino “fons vetus”
dimostrando che questo territorio della Francia meridionale,
alla foce del Rodano, è stato abitato
dall'età romana.
Un’altra caratteristica del paese è l'agricoltura. Prima
del 1914 l'aridità del suolo permette solo colture di cereali,
vigne e ulivi. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale
con la costruzione del canale di irrigazione della Vallée
des Baux, ha reso possibile la coltura orticola su vasta
scala e oggi le primizie e la frutta si vendono nei mercati di tutta la
regione.
La bellezza della cittadina e dei dintorni,con il suo straordinario clima
mite, fanno di Fontvieille uno dei centri turistici
più visitati della Provenza. Sulle colline che la circondano, accanto
ad alberi tipici della regione, si mescolano i profumi del timo, del rosmarino
e della lavanda. Esse sono poi dominate da quattro vecchi mulini a vento
(foto a lato), l'ultimo dei quali ha cessato di macinare nel 1915, resi
famosi perché “cantati” da Alphonse Daudet.
La vicinanza con le grandi città di Arles,
Salon, Tarascon,
Avignone, Nimes con
linee regolari di autobus e vie stradali che permettono un accesso rapido
alla cittadina ne fanno tappa dei programmi degli itinerari turistici
della Provenza e della Langue d'Oc.
“Il turismo è oggi una delle maggiori fonti dell'economia
locale con la presenza di numerose strutture ricettive quali alberghi,
ristoranti, case in affitto e anche di un campeggio immerso nella natura.
Durante l'anno si susseguono poi numerose iniziative culturali, feste
tradizionali e folcloristiche che attraggono numerosi turisti. I prodotti
tipici regionali e locali sono le specialità di salumeria, miele
e i suoi derivati, vino e olio, fiori secchi, erbe di Provenza, abiti
e tessuti con fantasie tipiche provenzali”.
La parte più caratteristica della cittadina è “La
passeggiata di Alphonse Daudet”, che si apre sulla
strada del Castello di Montauban, scavata nella
roccia, fiancheggiata da pini e querce, dove è possibile incontrare
altri due mulini: il mulino Ramet e il mulino
Tissot o Avon.
La strada passa vicinissima alla capanna “Coudière”
e al “Trou du renard” che hanno
ispirato “La Chèvre de Monsieur Seguin”.
Essendo
vicinissimi si può visitare il Castello Montauban
dove ha soggiornato spesso lo scrittore e i cui personaggi - il pastore
e la cuoca - hanno ispirato “Lettres de mon Moulin”.
Il Mulino di Saint-Pierre ospita “Il
museo di Daudet” che comprende opere, scritti, ricordi
e fotografie del Poeta; il meglio conservato che possedeva nel 1935, epoca
in cui La Società degli amici di Saint-Pierre,
decide di creare un Museo Alphonse Daudet. Soprattutto
è il solo ad avere “una stanza al piano di sotto, bassa e
a volta come un refettorio di convento”, secondo la descrizione
che l'autore ne fa nel racconto “Installation delle
Lettres de mon Moulin”. Poi c’è l’Esposizione
"Bonjour Monsieur Daudet" che ha lo scopo di restituire
l'autore nella sua epoca e nella sua opera. Il filo conduttore è
una lettera indirizzata allo scrittore, lettera immaginaria che pone delle
domande alle quali Egli risponde. Sono sei frammenti di corrispondenza
che accompagnano il percorso e quarantasei pannelli illustrano, tutte
le sfaccettature dell'opera.
M. Sachs, The Career of Alphonse Daudet. A Critical Study,
Cambridge (Massachusetts), 1965;
Ch. Mantoux, Alphonse Daudet et la souffrance humaine, Parigi, 1971;
G. H. Hase, Alphonse Daudet, a Critical Bibliography, Londra, 1978-79;
H. De Guillon, Alphonse Daudet. Ètude historique et critique, Lione,
1983.
Reno Bromuro è nato a Paduli, in Campania, nel 1937. E' stato un poeta, scrittore, attore e regista teatrale. Nel 1957, a Napoli, ha fondato il Centro Sperimentale per un Teatro neorealista. Ha fondato nel 1973 (di fatto) l'A.I.A. Associazione Internazionale Artisti "Poesie della Vita", e, come critico letterario, ha recensito molti poeti italiani e stranieri. Si è spento nel 2009, qualche anno dopo averci dato l'opportunità di collaborare con lui. Noi di Letteratour lo ricordiamo con affetto qui.
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