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Gli stereotipi linguistici
Impariamo ad usare gli aggettivi

di Eloise Lonobile

Nella categoria: HOME | Lingua e comunicazione

Cos'è l'aggettivo

Gli aggettivi sono una delle parti del discorso più utilizzate, soprattutto nel linguaggio orale. Come lo dice l'etimologia latina, (nomen) adiectivum, l'aggettivo è quella parola che si aggiunge al nome, al sostantivo. La sua funzione è quella di caratterizzare i sostantivi e, più in generale, di dare personalità o precisione all'espressione, qualificandola.

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Un tesoro della lingua

Esiste una differenza non trascurabile tra sostantivi e aggettivi, dal punto di vista degli utenti di una lingua: i sostantivi, a meno di casi particolari, etichettano convenzionalmente una precisa realtà referenziale (l'animale che abbaia è per tutti il "cane", l'oggetto di metallo che si usa per tagliare è la "forbice", ecc); al contrario, l'aggettivo è sentito come una parte del discorso più personalizzabile, in cui si possono esprimere sfumature di significato anche molto soggettive.

Questa natura particolare dell'aggettivo ha dei grandi vantaggi: spesso, soprattutto quando si vuole fare effetto sull'interlocutore, è proprio sull'aggettivo che si focalizza il nostro sforzo di attirare l'attenzione. L'aggettivo è capace di sintetizzare una situazione, un concetto, un pensiero, dandone al contempo un'immagine che permette all'altro di inquadrarli con precisione. Se, ad esempio, parlo di "un carattere fermo e deciso", oppure di una "immagine vivida", chi ci ascolta, pur non avendo nessun preciso referente in mente, può immaginare bene a cosa ci riferiamo; un "carattere" da solo non dice niente, un "carattere fermo e deciso" può già indicare una situazione linguistica completa.

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Due rischi: gli stereotipi e le mode

Alla luce di queste osservazioni, è chiaro che se si vogliono utilizzare aggettivi tali da personalizzare il nostro discorso o comunque da richiamare l'attenzione altrui su ciò che diciamo, è necessario fare una scelta accurata. La prima cosa da evitare è l'uso di stereotipi linguistici: non copiamo quello che è già stato detto da altri, evitiamo formule generiche o inespressive.

Molte espressioni, tipiche del linguaggio burocratico, giornalistico o politico, sono entrate a far parte del linguaggio comune. Anche se questo fatto, a prima vista, può sembrare un arricchimento per alcuni settori della lingua, in realtà prefigura un impoverimento linguistico dovuto all'uso sempre più generalizzato delle stesse espressioni, che diventano vere e proprie frasi fatte. Così, i politici usano continuamente gli stessi aggettivi, parlando di "una netta opposizione", "un vergognoso compromesso", "una ferma presa di posizione".

Una tendenza comune è anche quello di usare aggettivi in maniera da rendere eccessiva un'idea, di drasticizzarla, sempre per destare maggiore attenzione o maggiore emotività nell'interlocutore. Di nuovo, il linguaggio di giornalisti e politici si caratterizza anche per questo: si parla di "una insanabile frattura tra forze politiche" quando si intende una divergenza di opinioni, oppure di "un'eccezionale ondata di freddo" per indicare una nevicata che, magari, avviene ogni anno alla stessa maniera.

Le espressioni che vanno di moda sono altrettanto un rischio. Un aggettivo viene spesso scelto, in un dato periodo e da un certo gruppo di parlanti - tra cui soprattutto i giovani -, come qualificatore per tutta una serie di cose, anche molto diverse, e con connotazione talvolta opposte. È stato il caso, ad esempio, di "bestiale" (bestiale era il film di successo, così come il film commerciale, e così via), dove il significato positivo o negativo poteva essere colto solo all'interno del contesto.

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L'uso dei sinonimi

Un ottimo strumento da imparare a maneggiare per arricchire lessicalmente il proprio vocabolario, e renderlo quindi più personale e preciso, è dato dai sinonimi, cioè da quegli aggettivi che hanno all'incirca lo stesso significato ma che, con le eventuali sfumature di senso, possono essere più precisi e quindi più atti a qualificare il sostantivo a cui vengono aggiunti.

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Aggettivi in letteratura

La pubblicità fa largo uso degli aggettivi per catturare l'attenzione e, come lei, in generale anche la letteratura. In quest'ultimo caso, ovviamente, l'intento non è quello di "fare effetto" sul lettore (o almeno solo in parte), ma quello di mettere in evidenza un concetto, ampliando la risonanza emotiva e contenutistica del testo. La poesia è il campo letterario in cui questo è più evidente; talvolta un solo aggettivo, aggiunto ad un sostantivo in maniera inaspettata, riesce a suscitare emozioni nel lettore/ascoltatore, oppure ad evocare intere situazioni o sentimenti.

Ad esempio, nel seguente verso di Alda Merini (Lasciando adesso che le vene crescano, in "La presenza di Orfeo"):

in intrichi di rami melodiosi

l'accostamento imprevisto, perché inusuale, dell'aggettivo melodiosi al sostantivo rami attira l'attenzione evocando un'immagine visiva (di rami che si intrecciano armoniosamente) e insieme un sentimento (di pace e comunione, e comunque sia connotato positivamente). Questo effetto non sarebbe stato ottenuto se la poetessa si fosse espressa dicendo, per esempio, "intrichi di rami attorcigliati", oppure "groviglio di rami intrecciati": due espressioni che pur lasciando una suggestiva immagine nel lettore non ha certo la stessa portata dell'originale.

 

Eloise Lonobile (classe 1976) vive e lavora. La passione per la letteratura, perfezionata con una Laurea all'Università di Pisa, accompagna da sempre la sua vita. Letteratour ne è il prodotto principale.

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