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Gli aggettivi sono una delle parti del discorso più utilizzate, soprattutto nel linguaggio orale. Come lo dice l'etimologia latina, (nomen) adiectivum, l'aggettivo è quella parola che si aggiunge al nome, al sostantivo. La sua funzione è quella di caratterizzare i sostantivi e, più in generale, di dare personalità o precisione all'espressione, qualificandola.
Esiste una differenza non
trascurabile tra sostantivi e aggettivi, dal punto di vista degli utenti
di una lingua: i sostantivi, a meno di casi particolari, etichettano convenzionalmente
una precisa realtà referenziale (l'animale che abbaia è
per tutti il "cane", l'oggetto di metallo che si usa per tagliare
è la "forbice", ecc); al contrario, l'aggettivo è
sentito come una parte del discorso più personalizzabile, in cui
si possono esprimere sfumature di significato anche molto soggettive.
Questa natura particolare dell'aggettivo ha dei grandi vantaggi: spesso,
soprattutto quando si vuole fare effetto sull'interlocutore, è
proprio sull'aggettivo che si focalizza il nostro sforzo di attirare
l'attenzione.
L'aggettivo è capace di sintetizzare una situazione, un concetto,
un pensiero, dandone al contempo un'immagine che permette all'altro di
inquadrarli con precisione. Se, ad esempio, parlo di "un carattere
fermo e deciso", oppure di una "immagine vivida", chi ci
ascolta, pur non avendo nessun preciso referente in mente, può
immaginare bene a cosa ci riferiamo; un "carattere" da solo
non dice niente, un "carattere fermo e deciso" può già
indicare una situazione linguistica completa.
Due rischi: gli stereotipi e le mode
Alla luce di
queste osservazioni, è chiaro che se si vogliono utilizzare aggettivi
tali da personalizzare il nostro discorso o comunque da richiamare l'attenzione
altrui su ciò che diciamo, è necessario fare una scelta
accurata. La prima cosa da evitare è l'uso di stereotipi
linguistici:
non copiamo quello che è già stato detto da altri, evitiamo
formule generiche o inespressive.
Molte espressioni, tipiche del linguaggio burocratico, giornalistico o
politico, sono entrate a far parte del linguaggio comune. Anche se questo
fatto, a prima vista, può sembrare un arricchimento per alcuni
settori della lingua, in realtà prefigura un impoverimento
linguistico dovuto all'uso sempre più generalizzato delle stesse espressioni,
che diventano vere e proprie frasi fatte. Così, i politici usano
continuamente gli stessi aggettivi, parlando di "una netta opposizione",
"un vergognoso compromesso", "una ferma presa di posizione".
Una tendenza comune è anche quello di usare aggettivi in maniera
da rendere eccessiva un'idea, di drasticizzarla, sempre per destare maggiore
attenzione o maggiore emotività nell'interlocutore. Di nuovo, il
linguaggio di giornalisti e politici si caratterizza anche per questo:
si parla di "una insanabile frattura tra forze politiche" quando
si intende una divergenza di opinioni, oppure di "un'eccezionale
ondata di freddo" per indicare una nevicata che, magari, avviene
ogni anno alla stessa maniera.
Le espressioni che vanno di moda sono altrettanto un rischio. Un aggettivo
viene spesso scelto, in un dato periodo e da un certo gruppo di parlanti
- tra cui soprattutto i giovani -, come qualificatore per tutta una serie
di cose, anche molto diverse, e con connotazione talvolta opposte. È
stato il caso, ad esempio, di "bestiale" (bestiale era il film
di successo, così come il film commerciale, e così via),
dove il significato positivo o negativo poteva essere colto solo all'interno
del contesto.
Un ottimo strumento da imparare a maneggiare per arricchire lessicalmente il proprio vocabolario, e renderlo quindi più personale e preciso, è dato dai sinonimi, cioè da quegli aggettivi che hanno all'incirca lo stesso significato ma che, con le eventuali sfumature di senso, possono essere più precisi e quindi più atti a qualificare il sostantivo a cui vengono aggiunti.
La pubblicità
fa largo uso degli aggettivi per catturare l'attenzione e, come lei, in
generale anche la letteratura. In quest'ultimo caso, ovviamente, l'intento
non è quello di "fare effetto" sul lettore (o almeno
solo in parte), ma quello di mettere in evidenza
un concetto, ampliando
la risonanza emotiva e contenutistica del testo. La poesia è il
campo letterario in cui questo è più evidente; talvolta
un solo aggettivo, aggiunto ad un sostantivo in maniera inaspettata, riesce
a suscitare emozioni nel lettore/ascoltatore, oppure ad evocare intere
situazioni o sentimenti.
Ad esempio, nel seguente verso di Alda Merini (Lasciando
adesso che le vene crescano, in "La presenza di Orfeo"):
in intrichi di rami melodiosi
l'accostamento
imprevisto, perché inusuale, dell'aggettivo melodiosi al sostantivo
rami attira l'attenzione evocando un'immagine visiva (di rami che si intrecciano
armoniosamente) e insieme un sentimento (di pace e comunione, e comunque
sia connotato positivamente). Questo effetto non sarebbe stato ottenuto
se la poetessa si fosse espressa dicendo, per esempio, "intrichi
di rami attorcigliati", oppure "groviglio di rami intrecciati":
due espressioni che pur lasciando una suggestiva immagine nel lettore
non ha certo la stessa portata dell'originale.
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