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Scrivere una tesi umanistica

con la gentile collaborazione del prof. Gianni Iotti - Univ. Di Pisa

Nella categoria: HOME | Lingua e comunicazione

Quest'articolo nasce con lo scopo di agevolare gli studenti che arrivano alla tesi e, più in generale, di fornire preziosi consigli a chiunque abbia la necessità di scrivere un lavoro critico su materiale cartaceo. Nonostante sia la meta di ogni studente, la tesi in particolare può presentare alcuni problemi durante la sua stesura, di ordine sia pratico che contenutistico, anche perché rappresenta un lavoro di tipo "scolastico" che si basa su uno standard abbastanza preciso.

Dopo il libro di Umberto Eco Come si fa una tesi di laurea - già di qualche anno -, e tramite Internet, affrontiamo qui di seguito uno per volta i momenti fondamentali di una buona redazione, dando per scontato che venga fatta con mezzi elettronici (computer).

L'impaginazione

L'impaginazione comprende l'insieme di norme, di natura essenzialmente tipografica, per cui un testo viene inserito - dunque visualizzato - in un preciso modo sulla pagina. Le regole di base per una buona impaginazione prevedono:
    - l'uso di rientri sporgenti per ogni paragrafo (ogni "andata a capo") - per la tesi, il rientro può essere di 1 cm o di 1,5 cm. L'uso dei paragrafi non dovrebbe essere troppo "capriccioso". Il paragrafo va concepito come una sorta di unità di misura del pensiero che si sta sviluppando. Perciò la scansione tipografica in paragrafi riflette visivamente il "ritmo" del discorso. La misura ottimale di un paragrafo è di mezza pagina anche se, naturalmente, si tratta solo di un'indicazione orientativa.
    - margini appropriati al tipo di stampa. Solitamente questa opzione è già prevista dai principali programmi di scrittura (incluso Word), ma nel caso della tesi si può prevedere un margine di circa 2,5 cm sopra e sotto, e di circa 4 cm a sinistra e a destra. Nel caso specifico di una tesi che superi le 150 pagine, è consigliabile prevedere anche un margine sinistro che tenga conto della rilegatura.
    - una divisione tipografica in capitoli, attraverso spazi bianchi e titoli. Ogni capitolo dovrebbe essere numerato, così da permettere, soprattutto nel caso in cui vi siano sottocapitoli, di numerare nuovamente questi ultimi come sottosezioni del capitolo, secondo lo schema seguente:

  1. Titolo capitolo 1
             1.1. Titolo sottocapitolo 1
             1.2. Titolo sottocapitolo 2

    - l'uso di font (caratteri) classici, come ad esempio Times, Garamond, Century Schoolbook, ecc. Altri tipi di font possono appesantire inutilmente l'aspetto visivo del testo e danneggiarne la leggibilità. Il font scelto deve rimanere lo stesso in tutto il lavoro, tranne per le note e il numero di pagina, dov'è possibile usare un altro font (però sempre "classico").
    - una grandezza standard del font, che nel caso della tesi può variare da 12 a 14 punti (fermo restando l'opportunità di ingrandire il font nei titoli, e di diminuirlo nelle note).
    - un'interlinea (cioè una distanza tra le righe del testo) doppia per la tesi, di 1,5 punti per un altro tipo di lavoro.

Un discorso a parte meritano citazioni, note e bibliografia.

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Il contenuto

La stesura di una tesi prevede almeno 6 elementi: l'introduzione, il testo della tesi (l'oggetto della ricerca) opportunamente diviso in capitoli, la conclusione, la bibliografia e l'indice.

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L'introduzione

In media di 4 o 5 pagine, l'introduzione deve presentare il lavoro in maniera chiara e succinta, giustificandone l'esistenza e definendo il metodo utilizzato. In particolare, può essere utile spiegare anche l'eventuale suddivisione in parti.

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L'oggetto

La tesi più classica ha per oggetto un singolo autore. È preferibile che si tratti d'un autore "minore", per definizione meno studiato e che, quindi, può permettere dei contributi più originali. Affrontare autori di prima grandezza come Goethe, Proust o Joyce può rivelarsi una scelta ingenua e/o arrischiata: sia perché tale scelta comporta il dominio di una bibliografia sterminata, sia perché - per definizione - le problematiche aperte intorno a questi scrittori sono molto ardue e complesse. È comunque possibile scegliere di studiare un autore di prima grandezza a condizione di disporre di un "taglio" interpretativo sufficientemente "peculiare"; vuoi in quanto si concentra il lavoro su un'opera o una serie di opere di quell'autore ritenute meno importanti o comunque meno studiate; vuoi in quanto si adotta un approccio metodologico originale e non inflazionato.
Lo studio di un autore minore implica una presentazione iniziale della sua figura. Tale presentazione deve comportare una serie di informazioni biografiche; ma è importante non limitarsi a un mero racconto della vita del singolo scrittore, e occorre abbozzare una ricostruzione quanto più possibile approfondita del contesto culturale relativo. Nel caso d'un "maggiore", la conoscenza della sua figura si dà invece per scontata, anche se è pensabile illuminare qualche aspetto biografico particolare.

Il singolo autore è l'oggetto più comune per una tesi letteraria, ma è possibile anche soffermarsi a studiare più autori, magari evidenziandone i rapporti, oppure analizzare singole tematiche o privilegiare un metodo.

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La conclusione

In media di 6-8 pagine, la conclusione per molti aspetti può sembrare un doppione dell'introduzione, dato che riassume nuovamente il lavoro svolto; in realtà ha una funzione molto diversa. Principalmente, il suo ruolo è quello di "tirare le somme" della nostra ricerca esplicitando chiaramente quello che si è cercato di dimostrare in precedenza nel testo, magari dedicando un paragrafo per ogni ambito di ricerca (per ogni capitolo, o parte).

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La bibliografia

La parte forse più problematica della tesi è la bibliografia, luogo di riferimento, per il lettore, di tutto il nostro lavoro originale di ricerca sui testi. Essa deve comprendere non solo i testi sui quali verte la tesi, ma anche tutti quelli di critica, di metodologia, di storia, di cultura o altro a cui si è fatto riferimento diretto o indiretto.

Per ogni testo è necessario specificare:
    - il nome e il cognome dell'autore (eventualmente l'iniziale del nome e il cognome) - ad es:

A. Gide

    - il titolo (da scrivere in corsivo, meglio se con una maiuscola sul primo sostantivo, e dopo una virgola che lo separi dall'autore) - seguendo l'es. precedente avremo:

A. Gide, Les Nourritures terrestres

    - il luogo, la casa editrice e l'anno dell'edizione originale, sempre dopo una virgola. Avremo quindi:

A. Gide, Les Nourritures terrestres, Paris, Mercure de France, 1897.

    - al termine di ogni riferimento bibliografico si può aggiungere un punto.

L'insieme dei testi deve essere ordinato secondo un criterio preciso e coerente lungo tutta la bibliografia, con suddivisioni pertinenti. Ad es., si può distinguere tra monografie (singoli libri) e articoli, oppure tra testi letterari e testi non letterari (di critica, di metodologia, ecc), o ancora, all'interno dei testi letterari, tra opere in prosa e poesie, ecc. Ovviamente ogni categoria può intersecarne un'altra. All'interno di ogni suddivisione è necessario scegliere un criterio di inserimento dei testi: i più correnti sono il criterio alfabetico o quello cronologico, relativo all'anno di pubblicazione.

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Le citazioni

Parte fondamentale di un testo di critica, le citazioni affiancano la nostra riflessione dimostrandone la pertinenza.
Esse Possono essere inserite in due modi nel testo:
    - all'interno del nostro discorso, di una nostra frase, quando è più breve di una frase e stando attenti a inserirla nel modo corretto (rispettando il tempo verbale e il soggetto del contesto linguistico). In questo caso la citazione non si distingue con particolari accorgimenti tipografici, tranne che per l'uso delle virgolette. Es:

Lo studioso arriva a formulare la legge per cui, "con mossa spudorata o furtiva, scissa o inconscia, il nazionalista imita la qualità presunta più avversa dello straniero".

    - al di fuori del nostro discorso, in uno spazio tipografico separato. In questo caso bisogna distinguere la citazione dal testo. È possibile farlo utilizzando una grandezza diversa del font (di un punto in meno) e un'interlinea più stretta. Anche il rientro sporgente può essere leggermente più piccolo, ad es. di 0,5 cm.
Una regola fondamentale alla citazione è la riproduzione esatta del testo che citiamo: non si deve cambiarlo. Quando, per motivi contingenti, si ha bisogno di farlo, è necessario far capire al lettore che in quel preciso punto il testo è stato manipolato, e ciò è possibile con l'uso di parentesi quadre e di puntini di sospensione:
    - per segnalare un cambiamento di parola - in questo caso la parola aggiunta o modificata va inserita nelle parentesi
    - per segnalare che la frase citata è già cominciata o non è finita - in questo caso si aggiungono dei punti di sospensione prima e/o dopo il passo citato, senza mettere maiuscole d'inizio di frase
    - per segnalare che una frase o un discorso, all'interno della citazione, sono stati omessi - in questo caso si aggiungono, al posto del testo mancante, dei puntini di sospensione all'interno di parentesi (sempre quadre).
Il testo inserito in parentesi quadre indica una nostra manipolazione del testo, e al suo interno sono dunque possibili tutte le operazioni che vogliamo, persino un cambiamento di lingua. Ecco un esempio di citazione in cui si trovano tutti i casi sopra riportati:

... in collegamento con l'inchiesta di Fianchetti e Sonnino sul lavoro minorile nelle miniere di zolfo [...] [la novella] finisce per trovare nella natura stessa una giustificazione ideologica...

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Le note

Oltre ad essere un luogo dov'è possibile aggiungere osservazioni non strettamente inerenti alla nostra ricerca, la nota è l'importante compagno della citazione. In altre parole, ogni citazione deve essere seguita da un rimando ad una nota. Questa può essere messa a fine capitolo, addirittura a fine volume, oppure (scelta consigliata per i testi lunghi) a piè di pagina (in basso alla pagina).

Il font del testo in nota deve essere più piccolo di quello del testo, per es. di 8 punti, e l'interlinea singola.
Il rimando bibliografico in nota segue le stesse regole tipografiche della bibliografia, salvo per qualche accorgimento in più, come la possibilità di scrivere in maiuscolo tutto il cognome dell'autore e la necessità di aggiungere le pagine da cui proviene la citazione (non necessariamente dall'edizione originale dell'opera).

La questione è più complessa relativamente a testi che vengono citati più d'una volta nel testo:
    - se un autore è citato per la prima volta, e in riferimento ad una sola opera, si deve scrivere, ad es:

A. MALRAUX, La Condition humaine, Paris, Gallimard, 1999, p. 16.

In seguito, lo stesso autore sarà richiamato così:

MALRAUX, op. cit., p. 22.

    - se un autore è citato per la prima volta, ma nel testo si fa riferimento a più di una sua opera, si deve scrivere:

A. MALRAUX, La Condition humaine, Paris, Gallimard, 1999, p. 16.

e, in seguito, richiamarsi così ad una sua precisa opera:

MALRAUX, La Condition humaine cit., p. 22.

Nel caso in cui uno stesso testo sia citato più volte di seguito, basta un primo richiamo alla prima citazione, e poi un semplice:

Ibid., p. 26.

alle note successive.
Nel caso in cui le pagine da cui è tratto il passo siano più d'una, di possono usare due "p", oppure due "p" seguite dall'abbreviazione "e segg." (che sta per "e pagine seguenti"); es:

Ibid., pp. 22-23.
Ibid., pp. 22 e segg.

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Può essere utile consultare il seguente libro:

Umberto Eco, Come si fa una tesi di laurea. Le materie umanistiche.

articolato in 7 capitoli: "Cos'è una tesi di laurea e a cosa serve", "La scelta dell'argomento", "La ricerca del materiale", "Il piano di lavoro e la schedatura", "La stesura", "La redazione definitiva", "Conclusione".

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