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"La verità dell'innocenza" di Gaetano Sacco
Capire il dolore attraverso lo studio delle cose umane per giustificare quale funzione ricopra nella vita

di Anna Picci

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Wip edizioni pubblica la storia di un uomo che vuole essere omaggio all'amata madre

La morte di un genitore, specialmente se avviene dopo una lunga malattia che ha portato la persona amata a trasformarsi fino ad assumere nei tratti fisici la maschera della sofferenza, porta sempre, assieme alla compassione, una serie di domande sul nostro personale comportamento nei confronti dell'infermo e anche sul senso generale del dolore nella vita umana. Cosa è, dunque, il dolore e per quale motivo esiste? Questi sono gli interrogativi a cui cerca di dare una risposta Gaetano Sacco nel suo romanzo La verità dell'innocenza (Wip edizioni, € 15,00, pp. 312). Concepito come un omaggio postumo alla madre, lo scritto si trasforma in un lungo fiume di riflessioni che toccano vari spazi del sapere, tanto da assumere la forma del romanzo-saggio, in cui Nedo, protagonista della vicenda, si ritrova a ripercorrere il filo dei suoi pensieri per trovare non solo una giustificazione a quello che la madre ha sofferto nel momento della malattia, ma anche per tentare di liberarsi dal senso di colpa che lo attanaglia al pensiero che avrebbe potuto agire diversamente nei suoi riguardi, se solo avesse rinunciato a qualche comodità del suo vivere quotidiano.

Le riflessioni notturne di Nedo

È una calda notte d'estate, Nedo è in vacanza, ma, nonostante l'ora tarda, non riesce a dormire poiché tormentato da una fastidiosa zanzara (o dai suoi sensi di colpa?). L'unica soluzione possibile, perso il sonno, è alzarsi e godersi il fresco in terrazza. Qui hanno inizio una serie di considerazioni che si dipanano tra varie tematiche e danno origine ad una lunga disquisizione che assume i connotati di un simposio platonico, in cui l'uomo si trova a dover dibattere e dimostrare la sua verità dinanzi ai grandi della storia, della filosofia, della letteratura. Inizialmente l'intreccio narrativo sembra il "pretesto" per un lungo soliloquio in cui il protagonista affronta tutti i demoni del dubbio, interrogando gli illustri personaggi chiamati in causa dalla sua fantasia e riaffermando sempre e con forza il suo ateismo. Solo in seguito fa la comparsa nel racconto la madre, Maria, la cui malattia e morte ha portato Nedo al tormento dell'anima che non lo lascia più vivere in pace ed esige una spiegazione alla miseria dell'uomo in balia del suo destino di dolore. La vicenda della donna assomiglia a quella di tante altre anziane: la vedovanza improvvisa, la solitudine, il lento declino del fisico e della mente, il peregrinare tra molte case protette alla vana ricerca di quella migliore, i maltrattamenti, le cadute fatali, il ricovero in ospedale e, infine, la morte tra grandi sofferenze del corpo, ma soprattutto dello spirito. Nedo prova un senso di inadeguatezza perché non ha potuto e voluto trovare soluzioni più convenienti per aiutare la madre a vivere con serenità l'ultimo tratto della sua vita. La morte ha riportato quiete nel corpo e nell'anima di Maria e suo figlio, non pacificato con se stesso e pieno di dubbi irrisolti, si sofferma, traendone un po' di conforto, sul pensiero che nelle vene di sua nipote scorra il sangue dei suoi genitori e che nell'innocenza infantile si riversi anche quella di chi ci ha lasciati riguadagnando, attraverso il dolore, il candore della fanciullezza, quasi assolvendo un processo di catarsi.

Superare il senso di colpa

L'opera di Sacco ha la peculiarità di trasformarsi man mano che si va avanti nella lettura, infatti, partendo dalle considerazioni generali sul destino, fatte utilizzando citazioni storiche, filosofiche, letterarie, frutto di un lungo e meticoloso studio personale dell'autore, si arriva al caso particolare di un figlio che segue il declino fisico della madre. Il percorso di Nedo tocca la coscienza di tutti perché spinge a riflettere sul delicato tema della cura del genitore anziano. In una società che corre velocemente, che non può occuparsi della cura dei suoi vecchi per egoismo o per cronica mancanza di tempo, tutti possiamo diventare un Nedo che non riesce a sconvolgere il suo equilibrio e preferisce affidare, e un po' abbandonare, il genitore a badanti o case di cura. La sensazione di compiere un torto, però, assale facilmente chi si accorge che avrebbe potuto agire in maniera diversa, ricompensando l'amore ricevuto con maggiore premura e cure più affettuose da dedicare alla persona malata e prossima a lasciarci. In questo modo può iniziare un conflitto morale in cui si analizzano gli errori, si mette a nudo la propria meschinità e si tenta di ricevere un perdono postumo per sentire l'animo più leggero e ritrovarsi, alfine, assolti dai propri "peccati". Nedo non si perdona mai completamente, non trova spiegazioni per la sofferenza, ma non sa nemmeno sottrarsi, pur sentendosi colpevole, al suo egoismo. È capace però di accomiatarsi dal suo lettore con l'aspettativa del futuro riflessa negli occhi della sua nipotina e con il messaggio che è possibile procedere differentemente da lui.

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