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• Introduzione
• Spunto iniziale, nota dell'Autore
• Notacritica, di Giuseppe Panella
• Il libro
E se il genio di Leonardo fosse in realtà quello del suo sosia?
Cosa scatta nella mente di un genio come Leonardo quando per circostanze assolutamente fortuite si imbatte nel proprio doppio, ossia in quello che sembra essere una copia esatta di se stesso? È questo che si è chiesto Ivano Mugnaini nel suo ultimo romanzo intitolato Lo specchio di Leonardo , ed è da qui che prende le mosse la trama del libro che narra il percorso di evoluzione e trasformazione, di complicità e rivalità che si innesta tra due persone in apparenza uguali ma dalla personalità agli antipodi.
Ne scaturisce un romanzo sui generis, una biografia romanzata che attinge dalla storia con avvenimenti concreti e circostanziati per mettere in scena un sottile e complesso gioco dei ruoli che svelerà un finale sorprendente.
Un libro dal ritmo serrato ma da assaporare lentamente, parola per parola, scritto con grande maestria e sensibilità psicologica da uno degli autori più eclettici del panorama letterario italiano. Ivano Mugnaini si muove infatti con estrema facilità tra prosa e saggistica, poesia e critica letteraria connotandosi per uno stile inconfondibile che sa parlare alla mente e al il cuore dei suoi lettori.
Lo spunto iniziale, nota dell'Autore
Lo spunto iniziale del romanzo è nato da un film-documentario, uno dei tanti dedicati a Leonardo da Vinci, alle sue scoperte, al suo inesauribile talento. Veniva mostrato Leonardo alle prese con gli specchi da lui studiati a lungo per scopi scientifici e militari. Mi sono interrogato, in quell'istante, sul rapporto del genio con la sua immagine. Ho provato ad immaginare il divario tra ciò che appariva al mondo, la sua eclatante gloria e la scintillante fama, e ciò che di intimo sentiva dentro di sé, nella sua interiorità autentica. Ho pensato al contrasto tra i suoi veri desideri e ciò che era costretto a realizzare in qualità di persona soggetta alle ambizioni dei potenti del suo tempo, signori, notabili, politicanti e ricchi mecenati. Non ultimo, ho pensato al contrasto tra il bianco e il nero, il buio e la luce, il bene e la malvagità che anche Leonardo, come ogni altro uomo, ospitava dentro di sé: il lato in ombra, i chiaroscuri e i contrasti più laceranti forzatamente nascosti per motivi di opportunità e per mantenere vivo il suo prestigio.
Ho pensato cosa avrebbe fatto Leonardo se si fosse trovato, per qualche accadimento favorevole, ad essere finalmente libero di agire secondo le sue più profonde e sincere inclinazioni. Come si sarebbe comportato, quali rivalse avrebbe cercato, quali piaceri e quali verità, anche nell'ambito più delicato e significativo, l'amore.
L'accadimento favorevole è l'incontro casuale con un suo sosia, una persona identica a lui per l'aspetto fisico ma diversissima come carattere, inclinazioni, modo di vedere e di pensare.
L'incontro inatteso con il suo "doppio", Manrico, un copista ottuso e acuto, ingenuo e profondo, gli dà la possibilità di progettare per sé la più complessa delle opere, la vita, un'esistenza diversa, autentica. Leonardo decide di affidare al sosia il ruolo del genio saggio, conscio, adatto al ruolo e al mondo, per poter fuggire da sé dedicandosi finalmente alla scoperta della vera follia, le passioni, il sesso, la sincerità, il bene e il male. Il percorso di trasformazione è ritmato dai quadri più significativi di Leonardo, lasciati volutamente incompiuti oppure abbandonati per eccesso di coinvolgimento, un dialogo mai concluso, un dubbio mai risolto. L'affresco de "La Battaglia di Anghiari", innanzitutto, dipinto a fianco del rivale, Michelangelo, e lasciato a metà nel momento in cui, anche grazie a Manrico, scopre il senso reale di quella celebrazione di un massacro che gli era stata commissionata dal partito al potere. Ma soprattutto il gesto del sosia, un atto di passione, anche schiettamente sessuale, fornirà la soluzione, e insieme un ulteriore elemento di dubbio, al quadro più amato e odiato, "La Gioconda".
Dopo una serie di prove e avventure in cui, ancora una volta, la montagna più alta da scalare si rivela la verità, la fedeltà nei confronti delle proprie idee e convinzioni, Leonardo si avvicina al proprio doppio, per poi distaccarsene, e alla fine avvicinarsi ancora, sentendo una beffarda, dolorosa affinità. A Manrico Leonardo rivela i suoi ricordi più oscuri e tormentati, le violenze, le colpe, i peccati, i torti commessi e subiti, gli attimi in cui è stato vittima e carnefice.
A fianco di ogni passo, ogni svolta del sentiero, c'è la lotta per la comprensione di ciò che davvero conta: la bellezza, la dignità umana, il mistero del tempo, della bontà, dell'amore. Lo scontro vitale più aspro è quello tra la complessità e la linearità, i dettagli e la prospettiva, gli incontri e le memorie essenziali: uomini e donne conosciuti per caso e traditi per una vita intera, o il ricordo della madre, fonte per lui di un conflitto mai risolto.
Nota critica, di Giuseppe Panella
Senza voler fare nessuna comparazione con i precedenti (e neppure con i tanti emuli del Codice da Vinci di Dan Brown che hanno sfruttato il grande successo del romanzo dello scrittore americano per propinare ai loro lettori versioni più o meno rabberciate di ricerche del Sacro Graal o di complotti di templari redivivi in nome del grande artista), mi accingo alla disanima del breve ma succoso romanzo di Ivano Mugnaini.
Lo specchio di Leonardo non è un romanzo storico né aspira ad essere un thriller sensazionalistico. È uno scavo in profondità nella mente di Leonardo supportato da una notevole ricostruzione del suo percorso biografico che non pretende, tuttavia, di rivelare verità storiche nuove o sorprendenti quanto di puntualizzare e di ricostruire ciò che è noto della dimensione umana del personaggio, tentando di farlo interagire con le proprie contraddizioni:
«Non avevano capito niente di me, anche per colpa mia. Non comprendevano che io dissezionavo uomini e animali morti, e ideavo macchine di legno e di ferro, ma non avevo mai compreso nulla in fondo delle menti, dei cervelli, delle anime, come le chiama la gente di chiesa. Osservavo da sempre ciò che è statico, regolato da leggi fisiche, sicure, neutre, impersonali. Mi vedevano, gli altri, come un semidio, eccelso, capace di prodigi, quasi onnipotente, senza sapere quanto mi fossero oscuri e alieni i gesti profondi, i moti interiori, le voglie e le necessità degli uomini che vivevano attorno e dentro di me. Non comprendevo loro in me e me in loro, perché non c'è regola né schema in questo campo, e ho fallito quando ho provato a indagarli, sempre, immancabilmente. Così come ho fallito quando ho guardato al sacro, al cielo».
In poche frasi, Mugnaini riassume il dramma interiore di Leonardo, la sua angoscia interiore, il suo desiderio profondo. L'aspirazione del grande artista a comprendere la natura umana, la mente degli uomini e, di conseguenza, anche la propria mente, urta contro la difficoltà ad andare oltre le leggi fisiche che impediscono di leggere la realtà in modo diverso da esse. Il suo essere "omo sanza lettere" (come amava definirsi) lo mette nella difficile condizione di non riuscire a descrivere il percorso della sua mente creatrice ma solo di poter realizzare con le sue mani, con il suo pennello e i suoi disegni, ciò che pensa e che non trova le parole per dire ed esprimere.
Inoltre la sua situazione, che è poi quella di chi dipende in ogni occorrenza dal capriccio di un signore o di un committente, lo blocca, gli impedisce di dedicarsi ai suoi studi "veramente eretici", lo mette al servizio di ciò che deve produrre per forza se non vuole perdere fama e ricchezza conquistate con apparente facilità in anni di duro lavoro.
Il pretesto narrativo da cui scatta la tesa narrazione contenuta nel libro di Mugnaini è semplice e, nello stesso tempo, sconvolgente: Leonardo incontra un suo sosia, il copista Manrico, da cui decide di farsi sostituire nella vita quotidiana onde potersi dedicare alle ricerche scientifiche cui maggiormente tiene. Per un bel po' di tempo, l'artista è soddisfatto della possibilità di sdoppiarsi in un altro, di vivere la propria vita naturale e compiacere in modo animale certi propri istinti repressi troppo a lungo (si concede un rapporto con una "giunonica" prostituta, ad esempio) ma, alla fine, si accorge che tutto questo non gli basta. Vedersi allo specchio riflettendosi nel corpo di un altro non gli è servito a scrutarsi dentro adeguatamente, a ritrovarsi e a trovare la propria autentica misura e identità. Si rende conto che il suo progetto è, in realtà, fallito:
«Fino a quel momento anche il tentativo di portare fuori pista il mondo e la verità tramite il trucco del doppio, non era servito a niente. Manrico era sempre con me e, lungi dall'essere uno specchio tramite cui vedere più nitidamente, era diventato un punto d'appoggio mite e rassicurante, una strada in discesa che mi conduceva ancora più lontano dalle domande autentiche e dalle risposte più essenziali. Dovevo allontanarlo da me. Lasciandolo distante, a vivere la vita di Leonardo, l'artista e lo scienziato, mentre io, da solo, avrei cercato il cammino reale per annientarmi e rinascere. Per gioco e per necessità avevo sempre sviato gli sguardi indagatori: l'uso della mano sinistra per scrivere e disegnare, l'orientamento stesso della scrittura, il modo di rapportarmi con il mondo e con l'altro sesso, tutto era mirato a scardinare l'asse fissa del vero e del suo contrario, rendendola incerta, oscillante».
Ambiguità originaria o volontà di nascondimento, di occultamento del Sé? In Leonardo ci sono entrambi questi movimenti che, alla fine, si elidono, facendolo ritornare al punto di partenza.
Manrico viene rimandato a casa, nel Mugello, ma non si rassegna e chiede al Maestro di trasformarlo profondamente, di farne un artista, di modellare la sua rozza creta per ottenere da essa un'opera d'arte, la più grande mai realizzata da Leonardo. Insieme dipingono e raggiungono una qual certa forma di simbiosi artistica e il risultato del loro congiungimento mentale diventa il quadro più famoso dell'artista, la Gioconda. Poi sempre insieme si dedicano a realizzare i progetti di macchine stupefacenti ideate dal Maestro. Ma, alla fine, ancora una volta, il grande artista si stanca di questo rapporto a due che tanto esalta Manrico e gli chiede di "prendere il volo", di separarsi da lui. Il copista non prende bene questa richiesta del suo mentore e lo accusa, in combutta con alcuni lavoranti di origine tedesca in una fabbrica di specchi, di aver profanato alcuni cadaveri a scopo negromantico, colpa gravissima la cui pena comminata era la morte. Leonardo si difende alla presenza del Papa che lo salva dalla condanna. Gli chiede, però, di lasciare l'Italia e di rifugiarsi in Francia. Ma il Maestro, stanco e disilluso, non andrà Oltralpe. Ad Amboise morirà il suo doppio, vecchio e coronato di gloria - il "vero" Leonardo resterà in Italia e scomparirà nel nulla, come aveva voluto fare fin dall'inizio di tutta questa storia.
Il libro di Mugnaini è un romanzo, anzi una biografia romanzata simpatetica e allucinata, attraversata dai brividi dell'approssimarsi alla verità, dal timore di non poterla raggiungere. Ma ogni biografia (e, aggiungo, ogni autobiografia) è il romanzo che il suo protagonista non ha avuto il tempo o il coraggio di scrivere. Lo specchio di Leonardo è un sogno della Storia e, come tutti i sogni che si sono avverati, parla un linguaggio fatto di poesia e di sapiente accostamento al vero.
Il libro
Lo specchio di Leonardo di Ivano Mugnaini - Edizioni Eiffel 2016
Disponibile in libreria (in versione italiana) e in eBook (in versione inglese) oppure on line su IBS.
Per maggiori informazioni visita il sito www.ivanomugnaini.it e www.edizionieiffel.com.
Ivano Mugnaini è nato a Viareggio. Si è laureato a Pisa in Lettere e Filosofia. Scrive narrativa, poesia e saggistica e collabora come editor e traduttore con alcuni editori. Fra i suoi libri, Limbo minore (Manni, 2000), i racconti Desaparecidos (Marsilio, 2002) e Un'alba (Marcos y Marcos, 2009), L'algebra della vita e altri racconti (Greco & Greco, 2011), il romanzo Lo specchio di Leonardo (Eiffel, 2016) e la raccolta di poesie La creta indocile (Oèdipus, 2018).
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