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Quel Magnifico Bagliore nei tuoi occhi, di Antonella Maia

di Rosella Rapa

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Antonella Maia è una esperta e avvincente narratrice. In poche pagine, parte da un episodio sconnesso, con protagonisti sconosciuti e sbalza il lettore al centro di una elaborata ragnatela, da cui si dovrà uscire come da un labirinto, percorrendo all'indietro una complessa vicenda d'amore e tradimenti, non superficiale, ma ricca di introspezione. La storia cattura e trascina via, curiosi di sapere come i protagonisti risolveranno i loro drammi esistenziali.

Ritroviamo qui il seguito del suo primo libro ("E allora riaprirò gli occhi") con lo stesso triangolo amoroso: lui (Boris), lei (Beatrice), l'altro (Pietro). Sono passati più di trent'anni, i contatti si sono persi, quando una folle ricerca scatena un ancor più folle tentativo di suicidio e ricostruisce il terzetto.

Lo schema narrativo è lo stesso del primo romanzo, con Beatrice, Boris e Pietro che si alternano nella narrazione, esplorando il proprio "io", con dubbi sulla loro vita passata e desideri di un futuro ancora da vivere. Se possibile.
Pietro non potrà. Un male incurabile gli lascia poco tempo e deve trovare il  modo per riparare i molti errori di una vita turbolenta.

I personaggi di contorno sono visti attraverso una nebbia, lontani dapprima, poi sempre più vicini, infine chiaramente visibili; daranno il proprio contributo alla storia per poi sparire di nuovo. Nell'introspezione non c'è spazio per elementi estranei al “se”, nemmeno per gli amici più cari, nemmeno per i figli. Eppure tutti questi “estranei” contribuiscono a definire un quadro che riflette il labirinto, proiettato verso l'esterno; ognuno di loro ne vedrà solo una parte. Simili ad  abbozzi definiti con scarne pennelate, in colori foschi o vivaci, per quanto abbiano la buona intenzione di aiutare, possono raccogliere solo un pezzettino della ragnatela. Fa eccezione la psicologa amica di Boris, che riesce a dare un senso alle controverse azioni di Beatrice e a rimettere in piedi una storia traballante.

L'autrice riesce a scrivere un romanzo delineando ogni personaggio sulla base delle sue emozioni, piuttosto che dalle azioni. I protagonisti sono vivi, veritieri, complessi, molto ben delineati; si fanno seguire nelle loro peripezie, eppure io non li definirei delle "belle persone". Egoisti, ripiegati su se stessi; vagano tra il presente e il passato, senza una meta, senza un costrutto. Quel che era ammissibile quando erano giovani, non si può accettare adesso che sono nella fase discendente della vita, che dovrebbe aver portato un po' di maturità e saggezza.  E' la nuova generazione che dimostra maggiore buon senso, ed è così che va il mondo.

Per i temi trattati, l'età dei protagonisti, l'abuso di alcool e il linguaggio molto esplicito non consiglierei questo lavoro a ragazzi e ragazzini. E' per persone adulte. Il romanzo, come già detto, è il seguito del precedente "E allora riaprirò gli occhi", ma può essere letto anche da solo, oppure, invertendo i titoli, prima del precedente; si tratta infatti di romanzi completi, che non lasciano in attesa il lettore, dando comunque una conclusione e lasciano le porte aperte a ciò che si vuole immaginare: con alti e bassi, la VITA.

 

Autore:        Antonella Maia
Editore:       Golem Edizioni
Collana:       Mondo
Anno ediz. : 2021
Pagine:        240 p   Brossura
EAN:           9788892910119

 

Citazioni

Prendi uno qualunque, possibilmente con una voce fastidiosa e che magari pizzichi anche le esse, dagli un testo insulso, o meglio ancora, demenziale, che solo gli idioti possano comprendere e condividere e sarà un successo. La musica? Mica serve

Beatrice ha fatto danza classica per tanti anni e la disciplina l’ha forgiata. Professore, sa quanto sia difficile e faticoso andare a lezioni di danza dopo la scuola? Eppure, lei lo faceva. E le piaceva. …
Le mie scarpette di raso, con le punte strofinate nella pece, fanno male da cani, ma devo resistere. Il rito del calzarle è indescrivibile: col nastro di raso rosa si fanno intrecci sempre uguali, con una loro armonia, e i piedi devono essere perfettamente compressi. Chissà chi ha deciso di dover martoriare delle povere ragazze. Il gesso nelle punte dà il colpo di grazia, nonostante i batuffoli di cotone. ... Sì, sono brava; peccato non mi abbiate visto danzare.
Non importa, sono un’inutile bambola di pezza, io.

Un padre tende a considerare una figlia, soprattutto se l’unica, come un’eterna bambina. Per me non è così, non lo è più stata sin da quando, a otto anni, decise di lasciar perdere la danza classica, pallino di sua madre

Perse il bambino, un figlio che piansi perché credevo mio. Ma ora, dopo trentacinque anni, scopro da una mail che era di quell’altro. Un ultimo atroce inganno, che mi ha fatto capire che lei ha sempre continuato ad amarlo e a rimpiangerlo.

Mare e montagna, come dire bianco e nero, senza nessuna sfumatura. Invece, c’è una via di mezzo: la collina. Le colline mi fanno star bene perché sanno continuamente stupire, con la loro indecisione se essere alte o basse

Bianca mi si siede accanto e posa una mano sulla mia spalla.
Asciugo con il palmo della mano le lacrime e la guardo. I suoi occhi mi hanno già condannata. Senza processo e prima di una vana e superflua arringa difensiva.

Non posso non paragonare Michelangelo, capace in così giovane età di dar vita a un capolavoro noto in tutto il mondo, ai ragazzi di oggi. Purtroppo il confronto è improponibile: colpa nostra, intendo di noi genitori e di professori inadeguati, o solo svogliati, incapaci di trasmettere a figli o studenti il fascino, l’ebbrezza e la magnificenza di sculture come quelle, perché troppo impegnati a organizzare le frenetiche vite per trovare il tempo e la voglia di trasmettere ai giovani la cultura del bello.

«Qualcuno nella sua famiglia ha sofferto di tumore al fegato?» chiede a bassa voce Picchi. Non ho bisogno di sentire altro. «C’è una cura? Chemioterapia o trapianto, per esempio?»
Scuote la testa.
«Le metastasi sono ormai troppo diffuse. Inoltre, hanno già intaccato anche altri organi.»
«Quanto mi resta?» chiedo, con un tono di voce neutro
«Pochi mesi. Forse di più, forse meno: non si può conoscere una data certa.»

«In pratica,tutti cresciamo fino a dieci, undici o dodici anni potenzialmente omosessuali. È solo dall’adolescenza che la nostra sessualità imbocca una via più definita. Bada bene, definita ma non definitiva, solo più orientata verso un sesso o l’altro. È in quel momento che le nostre pulsioni si mettono in cammino in una direzione precisa, ma questa ha un’infinità di bivi, scorciatoie, sensi vietati e deviazioni di marcia, condizionati dalla nostra cultura, l’educazione e gli schemi sociali in cui viviamo.»   
«Intendi dire che tra eterosessualità e omosessualità non esistono steccati invalicabili?»  
«Esatto. È la società a imporceli. In pratica, io ritengo che, solo mentalmente, o anche fisicamente, tutti potremmo essere bisessuali.» 

 

Rosella Rapa (classe 1959) è nata a Torino. Si è laureata in Cosmo-Geo-Fisica, scrive e disegna fin da bambina. Collabora con Letteratour dal 2001, quando uscì il suo libro Draghi & Computer (sette racconti fantasy). Si interessa di Matematica, Letteratura e Storia Europea, vecchi Film e Serial impegnati. Le piace viaggiare, soprattutto nell'Europa del Nord, per vedere con i propri occhi paesaggi, arte e persone. Un po' estrosa, non ama pregiudizi e preconcetti.

     

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