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La confraternita del Re, di Giuseppe Pascali

di Anna Lattanzi

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Al largo della costa di Venezia, 31 gennaio dell’anno del Signore 828
“La bruma scesa sul mare durante la notte iniziava a rarefarsi, lentamente, disfacendosi in lunghi e sottili filamenti che, mossi dai refoli, vorticavano su se stessi per disegnare bizzarre forme, prima di scomparire tra le acque, in attesa che l’umidità della notte seguente li riportasse in vita. Il tempo della navigazione porta con sé spettri e foschi pensieri annunciatori di sciagure. Ogni navigante, anche il più consumato, conosce le insidie dell’infido mare e sa bene che ogni traversata è una disfida con gli elementi della natura e con le profondità che solo il più impavido riesce a vincere…”

La sinossi

Siamo a Venezia e corre l’anno 1952 quando i festeggiamenti per il Carnevale irrompono nella città, provocando tumulti e fracassi. Quello che nessuno sa, è che una misteriosa maschera si aggira tra le calli, raggiungendo Palazzo Ducale, dove lascia nella Bocca delle Denontie Segrete un foglio contenente un importante avvertimento: Venezia è in serio pericolo, minacciata da un’antica Confraternita, custode del Libro di Toth, capace di dominare il mondo.

L’inquirente incaricato di scoprire la verità è Matteo Scarpa, un membro del Consiglio dei Dieci: un ruolo di responsabile delle indagini che ricopre per poco, in quanto viene misteriosamente ammazzato. Tutte le accuse per la sua inspiegabile morte cadono su Giovanni Malipiero, al quale, però, viene concessa una temporanea grazia: trovare il colpevole prima di essere accusato pubblicamente. Due settimane, solo due settimane per potersi salvare. Ed è proprio in questo lasso di tempo, che l’uomo incontra la spia Caterina Cavazza, una donna di spessore, determinata e intelligente, che si appresta a scoprire importanti verità.

L’intreccio e il graffito

Un’incantevole ambientazione per il romanzo storico  La confraternita del Re (Kimerik, 2020), dello scrittore e giornalista salentino Giuseppe Pascali; una Venezia colma della sua intrinseca e autentica bellezza e di quel misterioso fascino che da sempre la contraddistingue. La penna di Pascali s’impregna ancora di Storia, tingendosi di giallo e dando vita a un delicato noir, in cui eventi storici e fiction conoscono un perfetto equilibrio.

Pascali, sin dalle prime pagine del libro, fa un certosino graffito della tradizione carnascialesca veneziana, emblema di studio e preparazione. Notevole la capacità narrativa dell’autore, identificabile nella dovizia di particolari con cui delinea gli ambienti e il profilo delle figure che animano il romanzo. Nulla è trascurato, la trama è compatta, ogni fatto e ogni personaggio conoscono la loro giusta collocazione.
Un intreccio, quindi, curato e accurato, dove fatti di notevole rilevanza storica si amalgamano con vicende nate dalla fantasia, che ben si incastonano nella cornice di una Venezia fortemente “empirica”.

Giovanni Malipiero

Pascali racconta della bellezza della città lagunare e disegna la storicità degli eventi veneziani, non solo narrandone i fatti, ma anche attraverso la descrizione dei personaggi, delle loro emozioni e della maniera in cui vivono le situazioni.
Simbolica del periodo rinascimentale è la concessione del tentativo di redenzione data dal doge a Giovanni Malipiero, prima della pubblica accusa. Un personaggio, quest’ultimo, a rappresentazione delle inquietudini e dei timori degli uomini di un’epoca in cui una lama affilata è sempre pronta a colpire alle spalle chi, in qualche modo, è considerato un elemento pericoloso. Un uomo che vive giorni pieni di paura, carichi di smania e trepidazione, temendo per la propria condizione di innocente. Uno stato che arriva al lettore in tutta la sua potenza realistica, creando un pathos di forte impatto emotivo.

Caterina Cavazza

“Negli occhi da bambina di Caterina, impressa come marchio segnato col fuoco, era rimasta la fosca immagine della piazza involta nei vapori mattutini mentre quei corpi abbandonavano al vuoto del patibolo le loro vite. Non l’aveva mai più lasciata. Anzi, spesso andava a tormentarla di notte, nei suoi incubi, dove rivedeva anche il misterioso uomo che le era accanto, un cappuccio calato sul volto, mentre con una risata indecente lasciava quel luogo”.

La piccola Caterina Cavazza, che assiste alla condanna del padre, una scena di cui non si libera mai più e che sempre la perseguita, è di una tenerezza disarmante. La bella Caterina è una spia che usa i travestimenti in maniera magistrale, perché quell’ingiustizia, che ancora piange, qualcuno deve pagarla. Porta sempre al collo il medaglione, dono di suo padre morente, nascondendolo sotto la camicia bianca, affinché nessuno veda e nessuno sappia chi è realmente. Leggendo di Caterina, delle sue lacrime, della sua forza, della sua disperazione e della sua arguzia, non si può non immaginarla di fronte a sé, o non immaginarsi appollaiati vicino a ella, ovunque vada e ovunque sia.

La penna

Si muove bene la penna di Guseppe Pascali tra Storia e storie, tra mistero, enigmatici fatti e verità. Lo stile dello scrittore è sinuoso, a tratti lineare, pur non abbandonando mai una delicata musicalità. Non si perde in ampollosità, o in noiose descrizioni. Tutto è essenziale ai fini di una narrazione scorrevole, vincente e avvincente. La sua scrittura gode di grande semplicità, rispettando i canoni dell’eleganza e dello spessore che un testo dall’impronta storica richiede.

Giuseppe Pascali autore

Giuseppe Pascali è già autore di romanzi storici. Ricordiamo Il sigillo del Marchese (Lupo, 2013), con il quale si è classificato secondo nel concorso letterario Protagonisti 2014 e La maledizione di Toledo (Grifo, 2016). Laureato in Materie Letterarie all’Università degli Studi di Lecce (oggi Università del Salento), insegnante, giornalista, scrive per La Gazzetta del Mezzogiorno occupandosi di Cultura e Spettacoli ed è direttore responsabile del quotidiano online Salentoinlinea.it. Ha realizzato numerosi servizi su lirica, musica sinfonica e bande musicali del Mezzogiorno d’Italia. Ha intervistato personaggi dello spettacolo tra cui Giancarlo Giannini, Katia Ricciarelli, Albano, Monica Guerritore, Margherita Buy, Sebastiano Somma, Ennio Fantastichini e scrittori come Roberto Pazzi, Valerio Massimo Manfredi e Marcello Simoni. Ha seguito seminari di approfondimento con i giornalisti Rai Duilio Giammaria, Antonio Caprarica, Salvo Sottile e Piero Dorfles. Con Capone Editore ha pubblicato i saggi La banda di Lecce. Dal concerto cittadino alla Schipa-D’Ascoli (2006), Bande di Puglia. Il teatro sotto le stelle (2008), Gli Spiziotti. Storia della banda dell’Ospizio Garibaldi di Lecce (2009). È insignito del titolo L’eccellenza del territorio dell’Ordo Equestris Templi Arcadia, del premio Il Sallentino per la Letteratura e del Premio Thot, quest’ultimo riconosciutogli per il personale impegno profuso nel concorso Lo scrivo io organizzato dalla Gazzetta del Mezzogiorno e riservato agli studenti di scuole di ogni ordine e grado. Il suo nome figura nel Dizionario Enciclopedico dei Salentini di Carlo Stasi.

 

Anna Lattanzi (classe 1970) è nata a Bari, dove ha frequentato la facoltà di Lettere e Filosofia. La passione per i libri e la scrittura hanno da sempre guidato il suo percorso di vita e professionale. E' amante dei viaggi e delle passeggiate nella natura, prediligendo su tutto la montagna, che sembra permetterle di toccare il cielo con un dito.

 

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