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Einaudi non pubblicherà Il quaderno, il libro che raccoglie testi letterari e politici scritti sul blog dallo scrittore portoghese José Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998.
Einaudi non pubblicherà Il quaderno, il libro che raccoglie testi letterari e politici scritti sul blog dallo scrittore portoghese José Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998. Ne dà notizia «L'Espresso», anticipando che l'editore della raccolta di saggi sarà sempre torinese, Bollati Boringhieri, ma soprattutto svelando il motivo della momentanea rottura tra l'autore di Cecità e la casa dello Struzzo. «La nuova opera - scrive Mario Portanova - contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario». Saramago è severo con Berlusconi ma anche con gli italiani, il cui sentimento «è indifferente a qualsiasi considerazione di ordine morale». Ma «nella terra della mafia e della camorra che importanza può avere il fatto provato che il primo ministro sia un delinquente?». L'autore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo del governo a «un capo mafioso ».
Il libro è uscito a fine aprile in Portogallo, patria dello scrittore, e in Spagna. Si intitola, nelle rispettive lingue, "Il quaderno", come il blog che l'ottantasettenne Saramago tiene dall'anno scorso su Internet, ed è composto dai testi pubblicati sul Web tra il settembre 2008 e il marzo 2009. L'edizione successiva doveva essere proprio quella italiana, ma il gran rifiuto di Einaudi ha riaperto i giochi, per la felicità di diverse case editrici concorrenti che guardano con interesse al testo dell'autore che ha vinto il Nobel per la letteratura nel 1998. La sua ultima opera è arrivata in libreria appena due mesi fa: si intitola "Il viaggio dell'elefante" ed è l'epopea di un pachiderma indiano di nome Salomone che attraversa l'Europa del 1551, con tanto di convoglio reale a fargli da scorta. Attualmente è il quinto titolo più venduto di Einaudi, informa il sito della casa editrice. E qui si torna al problema: censura o mercato? Dall'entourage dello scrittore filtra soltanto la conferma che Einaudi ha rifiutato il testo, dicendosi interessata solamente alle opere narrative di Saramago e non ai suoi saggi.
«L'Einaudi - spiega per parte sua un comunicato della casa editrice che ha pubblicato quasi tutti i romanzi del premio Nobel - ha deciso di non pubblicare O caderno di Saramago perché fra molte altre cose si dice che Berlusconi è un 'delinquente'. Si tratti di lui o di qualsiasi altro esponente politico, di qualsiasi parte o partito, l'Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un'accusa che qualsiasi giudizio condannerebbe». Nell'ambiente editoriale viene citato esplicitamente il brano sui "vizi" berlusconiani come pietra dello scandalo. Einaudi avrebbe chiesto all'autore di eliminarlo e quest'ultimo avrebbe fatto muro: fine della trattativa. Qualcuno ricorda un precedente simile, di pochi mesi fa, quando un altro autore Einaudi, Marco Belpoliti, ha finito per traslocare in casa Guanda con il libro "Il corpo del capo", dove il capo era sempre lui, Berlusconi. Saramago non si scompone: «Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non nascono dalla mia testa ma si basano su informazioni giornalistiche che ogni giorno appaiono sulla stampa europea. Io semplicemente osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente». Ma perché arrivare a paragonare Berlusconi a un «capo della mafia»? Saramago risponde: «Davvero le sembra esagerato? È sicuro? Almeno mi concederà che ha una mentalità mafiosa». Intanto nel mondo editoriale si è aperto un caso: lo storico marchio, che ha sempre cercato di distinguersi per autonomia e tradizione all'interno della vasta galassia mediatica del Biscione di Arcore, ha fatto una scelta di mercato o ha imposto una censura?
Insomma, un premio Nobel messo alla porta. Così lui ha sentito il bisogno di tornare sull'argomento in un articolo dal titolo "La cosa Berlusconi" ed ha scelto la Spagna per parlare:
Non vedo che altro nome
gli potrei dare. Una cosa che assomiglia pericolosamente a un essere
umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda
in un Paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus
minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se
un conato di vomito profondo non riuscirà a strapparlo dalla
coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrompere
le loro vene e per squassare il cuore di una delle più ricche
culture europee.
I valori fondamentali della convivenza umana sono
calpestati tutti i giorni dai piedi appiccicosi della cosa Berlusconi
che, tra i suoi molteplici talenti, ha un'abilità funambolica
per abusare delle parole, sconvolgendone l'intenzione e il senso, come
nel caso del Polo della Libertà,
come si chiama il partito con il quale ha preso d'assalto il potere.
L'ho chiamato delinquente, questa cosa, e non me ne pento. Per ragioni
di natura semantica e sociale che altri potranno spiegare meglio di me,
il termine delinquente ha in Italia una valenza negativa molto più forte
che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa.
Per tradurre in forma
chiara ed efficace ciò che penso della
cosa Berlusconi utilizzo il termine nell'accezione che la lingua di Dante
gli dà abitualmente, sebbene si possa avanzare più di un
dubbio che Dante qualche volta lo abbia usato. Delinquere, nel mio portoghese,
significa, secondo i dizionari e la pratica corrente della comunicazione, "atto
di commettere delitti, disobbedire alle leggi o ai precetti morali".
La definizione combacia con la cosa Berlusconi senza una piega, senza
un tirante, fino al punto da assomigliare più a una seconda pelle
che ai vestiti che si mette addosso. Da anni la cosa Berlusconi commette
delitti di varia, ma sempre dimostrata, gravità. Per colmo, non è che
disobbedisca alle leggi, ma, peggio ancora, le fa fabbricare a salvaguardia
dei suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore
di minorenni, e in quanto ai precetti morali non vale neppure la pena
parlarne, non c'è chi non sappia in Italia e nel mondo intero
che la cosa Berlusconi da molto tempo è caduta nella più completa
abiezione.
Questo è il primo ministro italiano, questa è la
cosa che il popolo italiano ha eletto due volte per servirgli da modello,
questo è il cammino verso la rovina a cui vengono trascinati i
valori di libertà e dignità che permearono la musica di
Verdi e l'azione politica di Garibaldi, coloro che fecero dell'Italia
del secolo XIX, durante la lotta per l'unità, una guida spirituale
dell'Europa e degli europei. Questo è ciò che la cosa Berlusconi
vuole gettare nel bidone della spazzatura della Storia. Gli italiani,
alla fine, lo permetteranno?
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