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La scuola lavora con le idee, non con le ideologie

di Eloise Lonobile

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Cosa sta succedendo in molte scuole italiane? E, soprattutto, perché è diventata necessaria una riflessione su certi argomenti?

La scuola è sempre stata lo specchio della società. Lo si è sempre visto tra i banchi, dove confluiscono, attraverso le generazioni dei bambini e ragazzini che passano, le nostre stesse vite, le nostre famiglie, le nostre scelte, le nostre possibilità. Uno specchio troppo spesso dimenticato o non ascoltato, fulcro di problemi sociali e tagli economici con cui gli insegnanti si trovano quotidianamente a dover lavorare.

Per questo motivo, se questo specchio comincia a rimandare un'immagine che fino a poco tempo fa sembrava lontana, dovremmo tutti riflettere su quanto sta accadendo alla nostra società e soprattutto riflettere sul tipo di società che vogliamo riservarci nel futuro.

L'educazione alle idee

Questa riflessione nasce a partire da una lettera scritta da un Collegio docenti (I.C. Gamerra di Pisa). E già questo, a mio avviso, la dice lunga: che cioè un Collegio docenti debba scrivere una lettera per motivare le proprie scelte professionali.

Riporto qui alcuni passi:

Negli ultimi tempi sulla stampa si sono letti ripetuti e violenti attacchi contro le attività didattiche che si occupano di progetti sull’educazione alle differenze. Fino ad oggi noi insegnanti non abbiamo fatto sentire la nostra voce, anche quando chiamati direttamente in causa. Abbiamo invece mantenuto il silenzio: un silenzio assordante. Pensavamo che questo silenzio fosse necessario.
Ritenevamo che la questione si sgonfiasse da sola perché i contenuti, oltre che inesatti, sono lontani anni luce dal nostro operato quotidiano tendente a creare in classe un clima di ascolto e rispetto, dove ognuno con la propria storia e diversità possa sviluppare al meglio le sue potenzialità. Un operato realizzato con la professionalità costruita nel corso di anni di lavoro e aggiornamento costante.

Tutti dovremmo riconoscere l'importanza di educare alle idee. Quando un insegnante si pone l'obiettivo di formare un individuo, non solo come soggetto acculturato cui si impartiscono nozioni, ma come individuo responsabile che sia parte integrante di una società civile, tollerante e aperta al dialogo, dovremmo appoggiarlo, sostenerlo, aiutarlo. Soprattutto, non dovremmo inchiodarlo al muro delle ideologie.

Un altro insegnante, Christian Raimo, docente di storia e filosofia in un liceo a Roma, si pone lo stesso problema quando sostiene che "è importante parlare di antifascismo a scuola". E spiega subito cosa significa per lui:

Spiego poi subito anche, a scanso di equivoci facili, che essere antifascisti non vuol dire essere contro un determinato periodo storico – quest’affermazione, dico, chiaramente non avrebbe senso: sarebbe come dire “Sono contro la guerra dei trent’anni”, “Sono contro l’idealismo tedesco”.
Cosa vuol dire allora, mi possono chiedere i miei studenti, essere oggi un antifascista? Molte cose, alcune assai complesse, ma alcune semplici anche per chi non ne sa nulla di storia: il rispetto degli altri come persone di qualunque etnia o cultura, la tutela delle libertà fondamentali, la condanna della violenza fisica contro i deboli, il contrasto con tutto ciò che incoraggi le pratiche opposte – oppressione, illiberalismo, sopraffazione, antidemocrazia, razzismo…
Antifascismo è una parola importante, provo a ragionare, perché non è un valore astratto, ma è calata in una realtà storica, e noi facciamo parte di questa realtà; non si tratta, ci tengo a precisare, di una generica bontà, di gentilezza, e nemmeno di tolleranza, ma è un termine che ha un senso per il presente, un concetto pieno, rotondo, che esiste da più di un secolo e che indica una certa idea di mondo, in antitesi a tutte quelle idee che invece ritengono che questi, della tutela della libertà, della difesa delle minoranze, o del senso di giustizia contro gli oppressori, non siano dei valori condivisi. Se c’è il fascismo – e c’è il fascismo – combattere contro questo vuol dire essere antifascisti, nonostante non ci sia più un duce che si affacci sui balconi o mandi al confino i dissidenti.

Che la si chiami dunque antifascismo, o semplicemente educazione ai valori civili di tolleranza e rispetto altrui, la questione è diventata reale e sempre più impellente. C'è necessità di lavorare sulla cultura della tolleranza, sulla cultura alla diversità, sulla cultura tout court - perché di questo si tratta: non c'è cultura se non c'è apertura verso l'altro, non c'è cultura se non c'è desiderio di capire e dunque comprendere - nel senso di essere "comprensivo", inglobare in sé - dei significati "altri", "diversi", "nuovi". La cultura non è un insieme di dati e conoscenze, se questi dati non sono rielaborati nella capacità di ascoltare e crescere nella reciprocità delle idee.

Continuano gl'insegnanti del Collegio docenti nella lettera:

Noi ci sentiamo particolarmente feriti ed amareggiati perchè facciamo parte di una scuola, l’istituto comprensivo “Gamerra” di Pisa, che pone l’inclusione al primo posto; una scuola che cerca di risolvere i conflitti con il confronto continuo e quotidiano; una scuola che rispetta la diversità di cultura e il vissuto di ogni genitore. Quella stessa scuola che cerca di costruire un dialogo dove siano riconosciuti e rispettati, reciprocamente, i ruoli e le competenze di ogni soggetto; una scuola per tutti e per ciascuno.
Per raggiungere questo obiettivo, per noi essenziale, da decenni aderiamo a progetti di vario genere grazie ai quali i bambini/e e i  ragazzi/e imparano il rispetto delle regole, il rispetto e l’accettazione dell’altro, la capacità di esprimere liberamente il proprio pensiero.

Sarebbe il caso a questo punto di ricordare che questi punti espressi non sono altro che il fondamento della nostra Costituzione. Come ricorda giustamente Raimo: «la mia è proprio una fedeltà al patto costituzionale, che è ciò che fa sì che la nostra comunità si possa dire tale».

 

Per maggiori approfondimenti:

  Educare alle differenze. Lettera IC Gamerra di Pisa

  Christian Raimo, Perché è importante parlare di antifascismo a scuola

 

Eloise Lonobile (classe 1976) vive e lavora. La passione per la letteratura, perfezionata con una Laurea all'Università di Pisa, accompagna da sempre la sua vita. Letteratour ne è il prodotto principale.

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