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Alessandro D'avenia,
Bianca come il latte, rossa come il sangue

di Marco Porta

Nella categoria: HOME | Recensioni

 

Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori "una specie non protetta che speri si estingua presto". Così, quando arriva un nuovo supplente di Storia e Filosofia, il protagonista si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno. E il sogno di Leo si chiama Beatrice, la ragazza più bella della scuola. Beatrice è la passione, colei che, con uno sguardo, sa dischiudere le porte del Paradiso. Quando scoprirà che Beatrice è ammalata di leucemia, il protagonista dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande. Un romanzo coraggioso che, attraverso il monologo di Leo - ora scanzonato e brillante, ora intimo e tormentato - racconta cosa succede quando nella vita di un adolescente fanno irruzione la sofferenza, la paura, la morte, e prova a offrire, con forza e intensità, qualche risposta, non definitiva ma neppure scontata.
Formato: Rilegato
Pagine: 254
Lingua: Italiano
Editore: Mondadori

Diceva Mafalda, la bambina terribile dei fumetti di Quino, che nel mondo abbondano i problemologi e scarseggiano i soluzionologi. Di questi ultimi hanno bisogno soprattutto genitori ed educatori, per aiutare i giovani a non smarrirsi nella valle oscura della disperata “solitudine dei numeri primi” descritta un paio d’anni fa da Paolo Giordano. Forse Alessandro D’Avenia non aveva intenzione di contrapporsi con il proprio esordio narrativo al best-seller di Giordano, ma basta confrontare le copertine dei due romanzi per rendersi conto che la scelta editoriale di Mondadori va in questa direzione. Il romanzo di D’Avenia può irritare i problemologi, tendenzialmente giordaniani, e confortare i soluzionologi, soprattutto quelli impegnati sul fronte dell’emergenza educativa, ai quali D’Avenia ama ricordare le parole di George Steiner: «Se esiste una malattia cronica, che dovrebbe colpire ogni insegnante, è proprio la speranza».

Ben venga in ogni caso un pacato e stimolante confronto tra i due autori e le loro opere prime, tra i colori vivaci della narrativa di D’Avenia e le tinte fosche con cui lo “spietato” Giordano dipinge il mondo, con la famiglia in perenne corto-circuito comunicativo, la scuola competitiva e bullistica, il matrimonio ridotto a farsa e il sesso a mera pulsione animale che nessuno riesce a trasformare in linguaggio di amore (e chi più ne ha più ne metta). Nemmeno nel romanzo di D’Avenia il mondo è una casetta di marzapane e cioccolato. Leo è un ragazzo di terza liceo alle prese con le piccole e grandi sfide esistenziali: gli studi scolastici, l’amicizia, l’amore umano, la malattia, persino la morte, all’interno dei classici conflitti relazionali tra genitori e figli, tra insegnanti e alunni. Leo si trova in quella fase dell’adolescenza in cui la vita comincia a interpellare la libertà con interrogativi e scelte fondamentali, davanti alle quali si può arretrare, magari per rifugiarsi in un superficiale edonismo, o al contrario assumere le proprie responsabilità e imparare ad affrontare gli ostacoli.

A questo punto l’educatore gioca un ruolo determinante, ma estremamente delicato, perché l’adolescente rifiuta l’autorità, vuol fare di testa sua, non tollera intromissioni nella propria intimità. Come possono, genitori e insegnanti, aprire l’ostrica/cuore dell’adolescente per instaurare un efficace dialogo educativo? Qualcuno vorrebbe forse cercare ispirazione nei metodi supercalifragilistichespiralidosi della tata Mary Poppins o nelle arti magiche di Albus Silente e Minerva McGranitt. D’Avenia, che già da qualche anno
lavora con tenacia sulla cattedra di un liceo milanese, ci assicura che we can anche senza frequentare i corsi di Trasfigurazione e di Incantesimi di Hogwarts.

Ad aprire l’ostrica/cuore di Leo ci riesce infatti il prof. Sognatore, un supplente di filosofia che non si scandalizza per le parolacce, gli sfoghi e le provocazioni di Leo e che sa fargli scoprire che c’è abbastanza magia nella letteratura, nella filosofia, nella musica, nell’arte, nella matematica e persino nella geografia per imparare a trasformare i sogni in realtà. Grazie all’aiuto del Prof. Sognatore (ma anche a quello di due bravi genitori) Leo impara che i sogni si realizzano solo se non si scappa davanti alle prove della vita ma le si affronta con coraggio.

Sul campo di calcetto e nelle corse in motorino Leo si batte come un leone, ma prove ben più ardue lo attendono. Beatrice, la ragazza dai capelli rossi di cui si è innamorato, si ammala di leucemia. Accanto a lei il giovane leone impara che l’amore s’intreccia con il dolore e che è rosso come il sangue che dona alla ragazza ammalata. Poi un po’ alla volta Leo si accorge dell’amore di Silvia, la Fata turchina che con affetto e fortezza lo tira fuori da tanti guai, che è capace di dargli dello stupido con il tono giusto, ma è sempre pronta ad aiutarlo e a comprenderlo. Anche Silvia deve purificare il suo cuore dagli inganni dell’amore possessivo. Alla fine i due giovani imparano che l’amore è soprattutto dono di sé, un dono che giunge a maturazione nel reciproco perdono. Al termine della lettura si desidera sinceramente ringraziare il Prof. Sognatore/D’Avenia per le sue simpatiche e intelligenti lezioni, e augurargli che la sua fatica letteraria si scuota presto di dosso le critiche frettolose provocate da una poco azzeccata campagna di marketing.

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