di Elisa Pavoni
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Titolo: Racconti umoristici
Autore: Anton Cechov
Editore: E/O
Traduttore: Alfredo Polledro
Anno: 1991
Pagine: 128
Negli anni '80 dell'Ottocento Anton Cechov, da poco trasferitosi a Mosca, dove aveva iniziato a studiare medicina, inizia a pubblicare i suoi racconti su diverse riviste umoristiche, usando spesso degli pseudonimi, tra cui l'anagramma Antosa Cec honte . All'inizio non tutti i critici erano dalla parte di quello che oggi è considerato uno dei più grandi autori della letteratura russa, noto soprattutto per i drammi Il Gabbiano , Le tre sorelle e Il giardino dei ciliegi ; ma il talento di Cechov non poteva passare inosservato e ben presto non solo il pubblico, ma anche intellettuali, letterati ed editori dovettero riconoscerne lo spessore. Tra questi bisognerà ricordare il grande critico Dmitrij Grigorovic, che gli scrisse personalmente dandogli alcuni consigli, e Nikolaj Lejkin, direttore della rivista Schegge .
In questi racconti giovanili, dove si avverte maggiormente l'influenza gogoliana, troviamo abbozzate le tematiche, le situazioni e lo stile che caratterizzeranno le opere mature. Umorismo, caricatura e parodia sono al centro di queste scenette tratte dalla vita quotidiana, in cui vediamo rappresentati non tanto veri e propri personaggi dotati di un certo spessore psicologico, ma tipi umani, semplici abitanti della provincia o della città. Se in alcuni testi il comico scaturisce dall'equivoco o dal malinteso, da una parola di troppo o da un linguaggio inappropriato, in altri affiora maggiormente la verve satirica dell'autore.
Tra i racconti presenti nel volume vale la pena citare: Il romanzo del contrabbasso , su un musicista che in occasione di un concerto viene derubato dei suoi vestiti, e Lo specchio curvo (Racconto di Natale) , in cui vengono narrate le vicissitudini di una coppia di sposi che entra in possesso di uno specchio stregato e non se ne vuole più separare. Allegro e piacevole è il brevissimo Lieto fine , più grottesco e stravagante è Gli stivali , dove un maldestro accordatore di pianoforti riesce a mettere in imbarazzo un'attrice, il compagno e l'amante di lei. Una natura enigmatica è interamente ambientato in uno scompartimento di prima classe e ha come protagonisti Voldemar, funzionario di governatorato addetto agli incarichi speciali, e una graziosa signora di umili origini, andata molto giovane in sposa ad un anziano generale molto ricco. Alla morte del marito la bella dama deciderà di risposarsi non con l'uomo da lei amato, bensì, come preciserà lei stessa, con <<un altro vecchio ricco>>. Ancora incentrato sullo stesso tema è Matrimonio di calcolo (Romanzo in due parti) , probabilmente uno dei testi più belli di questa raccolta, in cui emerge lo spirito acuto e pungente dello scrittore e di cui proponiamo un breve estratto:
In casa della vedova Mimrin, sita nel vicolo Piatisobaci, v'è cena di nozze. A cenare son ventitré, di cui otto non mangiano nulla, bezzicano col naso e si lagnano di sentirsi "disturbati". Candele, lampade e un lampadario zoppo, preso a nolo alla trattoria, ardono così vivamente che uno degli ospiti seduti a tavola, un telegrafista, strizza gli occhi civettuolo e non fa altro che parlare d'illuminazione elettrica, per dritto e per traverso. A quest'illuminazione e in generale all'elettricità egli predice un brillante avvenire, ma nondimeno i commensali lo ascoltano con un certo disdegno.
Certo i Racconti umoristici non rappresentano il suo lavoro migliore, né possono ritenersi all'altezza delle grandi prove della maturità, ma costituiscono un buon punto di partenza per chi volesse accostarsi per la prima volta all'opera di questo insigne autore. A questo proposito, consiglio vivamente di leggere la postfazione di Caterina Graziadei.
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