di Maria Chiara Zucco
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Certe cose sono sconvolgenti
e inaccettabili per comune coscienza.
La comune coscienza è inadattabile alle atrocità. E ci
sarà
pure qualche ragione. Forse perché essa, in realtà, le
vuole. La comune coscienza prima non ha accettato le atrocità naziste,
e poi ha preferito dimenticarle. Certe cose atroci architettate o comunque
volute dal Potere sono comunissime nella storia: dico comunissime: eppure
alla comune coscienza paiono sempre eccezionali e incredibili.
Queste
sconvolgenti e inaccettabili cose per la comune coscienza di cui parla
Pasolini sono oggetto di una testimonianza e riflessione profonda ed
estrema da parte di uno degli scrittori più irregolari e implacabili
dei primi anni novanta: Joseph Roth. Il destino di questo
giornalista e saggista austriaco di origini ebraiche è segnato dalla
bestia nazista che in quegli anni dilagava costringendo molti cittadini
di religione ebraica ad andare in esilio mentre le opere di grandi scrittori
venivano date alle fiamme.
Vittima anch'egli della persecuzione nazista
aveva comunicato attraverso le sue opere il tramonto di una realtà politica
e sociale che molti credevano intramontabile. L'Europa agli occhi di
Roth è un continente che deve rassegnarsi al proprio destino di disgrazia
in quanto ha anteposto ad un Dio cristiano, il Dio di ferro delle macchine
e della guerra. Questa sua convinzione appare evidente soprattutto da
una delle sue ultime opere, "l'Anticristo", un'opera
rimasta misconosciuta per diversi decenni, inedita in Italia; meritevole
è stata la decisione di Editori Riuniti di tradurlo
e pubblicarlo all'interno della collana Asce, con traduzione a cura di
Cristina Guarnieri. È un libro fondamentale per comprendere lo stato
d'animo di Roth di fronte ai grandi mali che si insinuavano nella società
moderna.
L'Anticristo di Roth è incarnato da figure che acquisiscono
volti e vengono da lui smascherati: comunismo, nazismo e fascismo, ma
anche socialismo, capitalismo, democrazia, scienza, tecnica, letteratura
sperimentale e d'avanguardia e cinema, che riduce gli uomini a ombre
svuotandoli della loro vera essenza.
Quando pubblica l'Anticristo, nel 1934, Roth vive a Parigi e ha già scritto alcuni dei suoi capolavori come la Marcia Redetzky, e altri ne dovrà scrivere, tra cui La leggenda del santo bevitore. Roth vede nel mondo in cui vive come espressione della catastrofe perciò l'arrivo dell'Anticristo è un ulteriore presagio di sventura, come dichiara nelle prime frasi dell'incipit:
L'Anticristo è venuto: travestito in modo tale che noi, noi che siamo abituati ad attenderlo da anni, non lo riconosciamo. E già abita in mezzo a noi, in noi stessi.
"Verità" e "giustizia" sono, in quanto attributi divini, concetti centrali della cultura ebraica. Roth si sentiva profondamente legato a questi valori, per questo viene considerato "fanatico della verità". Sacro per lui però non implica alcuna sublimità metafisica, alcuna ritualità, alcun ineffabile mistero. Il sacro è la semplicità della vita.
Negli ultimi anni la salute e la situazione economica di Roth peggiorarono rapidamente, ridotto quasi come un clochard dopo l'abbandono dell'hotel dove aveva vissuto per dieci anni. Nonostante tutto continuerà a produrre ma anche a bere, chiudendosi in una profonda solitudine. Come scrisse egli stesso:
Ecco quel che sono veramente: cattivo, sbronzo, ma in gamba.
La sua vita toccherà in alcuni istanti i confini di una buffoneria irriverente anche se "L'uomo realmente religioso - scrive Alan Watts - è per eccellenza l'uomo dello sberleffo, dell'ironia, del riso, perché ride di tutti i piccoli idoli che goffamente e violentemente pretendono di essere dio. Non c'è nulla di così religioso quanto il riso".
Secondo Roth la religione proibisce qualsiasi violenza e manifestazione di odio e rancore. Il santo di Roth, colui che combatte l'Anticristo, non è quello "impossibile" ma un santo vivo e vero perfino peccatore. L'Anticristo agisce dove l'uomo pensa di poter creare una sorta di perfezione in terra, un'utopia insomma. Vive insieme a noi, anche se spesso gli uomini, troppo ciechi, non riescono o non vogliono riconoscerlo. Lo stesso Roth definisce il suo libro
come un monito affinché l'Anticristo venga riconosciuto, in tutte le forme in cui si mostra.
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