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I turbamenti del giovane Törless, di Robert Musil: l’anima e l’infinito

di Marzia Samini

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Noi togliamo stranamente valore alle cose non appena le pronunciamo. Crediamo di esser scesi sul fondo degli abissi, e quando ne riemergiamo la goccia d’acqua che stilla dalla punta sbiancata delle nostre dita non somiglia più al mare da cui viene.

Scritto nel 1906, I turbamenti del giovane Törless racconta la storia di un’adolescente, di un ribelle e sensibile ragazzo che percepisce in infiniti istanti la falsità di una realtà regolata da schemi e precocetti che le fanno perdere significato, che imprigionano e violentano il senso di ogni esperienza dell’anima costretta dalla ragione a tacere e subire.
Dunque il romanzo non è solo il racconto di un adolescente ma è la descrizione, dettagliata, della formazione di una coscienza, di quello che Jung chiamava ‘processo di individualizzazione’, così attraverso varie fasi, che nel romanzo si articolano in episodi, siamo in grado di percepire ad ogni passo il cambiamento e la trasformazione del personaggio; i suoi sentimenti mutano costantemente, le sue intuizioni - che all’inizio lo spaventavano lasciandolo nel panico - diventano l’unica strada percorribile per arrivare alla verità. Dall’ignoranza alla verità, dalla confusione all’amore, dalle parole al silenzio: tutto il romanzo gioca sul doppio binario dello sviluppo della coscienza del sé e della conoscenza della realtà circostante e soprattutto (e qui lo spunto più che mai filosofico) del modo in cui l’individuo conosce.

Una vaga intuizione del sentimento gli diceva che il rigido metro dell’intelletto aveva distrutto nel momento meno opportuno una cosa gentile e squisita [...] Gli era rimasta dentro, e per sempre, una specie di nostalgia per quel che c’era stato, ma ormai lui sembrava essere finito in un’altra corrente, che lo trascinò sempre più lontano di là.

La disputa filosofica che Musil mette in scena e che trapela ad ogni riga è quella tra Kant e Nietzsche, quest’ultimo filosofo prediletto dall’autore soprattutto per l’interesse matematico e morale. Kant, signore della ragione, delle categorie, di un mondo dominato illuministicamente dalle passioni, il mostro sacro della filosofia, nel libro viene incarnato dalle stesse istituzioni, dal professore di matematica, e poi il libro primo, principio di pensieri regolatori nel quale Törless troverà un ostinato nemico e la comprensione il suo limite. E poi c’è Nietzsche, con il suo nichilismo, con la volontà di distruggere il cristianesimo, che viene rappresentato da Beineberg il quale, più simile al Törless nella curiosità e nell’indagine dell’animo umano, cerca di distaccarsi dalla realtà (dunque in esso convoglia anche la parte filosofica del misticismo) e di conoscerla attraverso l’esercizio brutale della sessualità.
Ultimo ma non ultimo tra i personaggi che popolano il romanzo e incarnano simbolicamente valori (o antivalori) troviamo Reiting, un violento con l’attitudine al comando, senza poesia o ricerca di coscienza: per lui il mondo è quello che è e non resta altro da fare se non dominarlo, ed è per questo che rappresenta il dittatore, Napoleone e con una lungimiranza che soffoca la fantasia, quello che sarà per antonomasia, successivamente, il dittatore di tutti i tempi: Adolf Hitler.

Allora era pure possibile che il chiaro mondo quotidiano, l’unico a lui noto finora, avesse una porta che s’apriva su un altro, fosco, mugghiante, impetuoso, nudo e distruttore.

Una figura che svolge un ruolo fondamentale per la crescita personale di Törless è Basini, vittima sessuale dei tre ragazzi, il quale scatena nell’adolescente un misto di emozioni, lo trascina nelle tenebre dell’animo umano, svelando la portata del nostro abisso, portando alla luce quella parte di noi capace di tutto, quella sudicia, buia e sporca di sangue. Eppure attraverso la sessualità e le sensazioni erotiche, dunque non con l’intelletto, Törless scopre un’altra realtà, più vera, libera, che non necessità di logica ma di senso, ed è la realtà intima di tutte le cose, di un muro, di una foglia, è l’infinito che si cela nel finito... e la mente viaggia, apre le ali e spicca il volo, ma poi cade inesorabilmente su se stessa. Come un moderno Icaro, Törless compie voli che gli sciolgono le ali, l’infinito è ancora racchiuso in un solo attimo.

Ma egli seziona il suo animo, i suoi limiti, quelle vertigini che lo spingono sull’orlo, vorrebbe scrivere i suoi tormenti, scriverlo ai genitori lontani, ma non ci riesce, la parola risulta essere sempre inadeguata, non adatta al contenuto: l’anima perde la sua espressione, trovandosi costretta al silenzio, all’incomprensione. Così il significato e il significante si scollano, ed è a causa della parola se la vera realtà ci sfugge e si nasconde, le regole di un linguaggio standardizzato non ci consentono più di arrivare all’infinito, di esprimere il nostro Io perchè esso si modifica e varia, tempesta e calma, calmo e palpitante e invece il nostro linguaggio, il significante schiavizza il significato, lo piega a suoni vuoti, ormai echi di assenze.

Attraverso questo romanzo Musil ha descritto con realismo il decadimento della società Mitteleuropea, di valori che non rispecchiano più l’uomo, la creatura che ribella al creatore e un ragazzo che attraverso voli pindarici ci porta alla scoperta dell’infinito, fuori e dentro di noi.

 

Marzia Samini (21/05/1992) ha studiato presso il liceo umanistico Vittoria Colonna per poi prendere la facoltà di Lettere all'università Roma Tre. Si è laureata con una tesi su Musil e la sua opera I turbamenti del giovane Torless e qui continua il suo percorso universitario e letterario.

 

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