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Uomini e topi, di John Steinbeck

di Anna Lattanzi

Nella categoria: HOME | Recensioni

Uomini e topi è il piccolo grande capolavoro dell’America del Novecento. Ed è insieme a Furore, l’opera di John Steinbeck più venduta nel mondo. Pubblicata negli Stati Uniti nel 1937, ancora oggi è tra i libri di testo più usati nelle scuole di tutti i Paesi di lingua inglese. In Italia piacque a Cesare Pavese, che infatti lo tradusse nel 1938 per Bompiani. Ai suoi occhi – cioè agli occhi di un autore che di lì a qualche anno avrebbe scritto i Dialoghi con Leucò – Uomini e topi, con quei due personaggi, George Milton e Lennie Small, sproporzionalmente veri, apparve subito per quel che è. Un’allegoria medievale ambientata in un’America che lui, Pavese non avrebbe mai visto ma sulla cui letteratura ci ha lasciato una cruciale testimonianza: “Verso il 1930, quando il fascismo cominciò a essere la speranza del mondo, accadde ad alcuni giovani italiani, di scoprire nei suoi libri l’America, un’America pensosa e barbarica, felice e rissosa, dissoluta, feconda, greve di tutto il passato del mondo e insieme giovane, innocente”…

 

Pillole d’autore

Così si apre l’introduzione a cura di Luigi Sampietro di Uomini e topi, il capolavoro di John Steinbeck. Un romanzo breve, in cui il talento e lo spessore dello scrittore statunitense si elevano all’ennesima potenza. Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione “Per le sue scritture realistiche e immaginative, unendo l’umore sensibile e la percezione sociale acuta”, Steinbeck, autore di numerosi romanzi e racconti, è considerato il genio letterario del ventesimo secolo, uno dei massimi esponenti della letteratura americana e uno dei più celebri appartenenti alla cosiddetta “Generazione perduta”. In questo Uomini e topi, l’autore affronta in maniera obiettiva e drammatica le problematiche sociali, legate prevalentemente alla ricerca della stabilità lavorativa e al contempo, dello sfruttamento che spesso ne deriva. Un libro, in cui lo stile narrativo asciutto e lineare di Steinbeck si fa potenza e in cui la scrittura, caratterizzata da elementi semplicistici, riesce intrinsecamente a impreziosirsi, attraverso una propria e innata sinuosità.

Pillole di trama

George e Lennie sono due braccianti stagionali e cercano lavoro prevalentemente nei ranch. Siamo nel primo dopoguerra, in California. I due uomini sono molto amici e totalmente differenti tra loro. Lennie è piuttosto piccolo di statura, ma estremamente furbo, tanto da saper contrattare e trattare con tutti. Lennie, invece, è un gigante buono, molto ingenuo a causa di un ritardo mentale e con la razionalità di un bambino piccolo. Quello che rende Lennie una persona apprezzabile sul lavoro, è la sua immensa forza fisica. A parte quella, altro non ha. Soprattutto, non riesce a controllare la sua mente, che gli tira sempre brutti scherzi. George e Lennie condividono un sogno: avere un pezzetto di terra tutto loro, da poter coltivare, un giorno. Fanno crescere quello che è il sogno nel cassetto di ogni bracciante. Il loro è condito dall’avere una casa propria, dove poter vivere insieme e sostenersi l’un l’altro. Il rapporto che hanno i due sembra quasi fraterno. Lennie protegge George con la sua fisicità, George sostiene Lennie con la sua astuzia. A portare scompiglio a volte è Curley, il rissoso figlio del padrone, alla ricerca continua di un pretesto per attaccare briga. La sua avvenente moglie, molto carina e procace, demoralizzata dalla vita del ranch che le ha spento ogni aspirazione cinematografica, non è da meno. Ed è partendo da lei che la situazione, pian piano, inizia a precipitare.

Pillole di critica

Ormai, è chiaro ai più che John Steinbeck ha creato un prezioso gioiello, di quelli rari. La trama è compatta, la narrazione è scorrevole, la prosa è asciutta, a tratti poetica e i fatti narrati sono ben concatenati tra loro. Tutti gli elementi, che compongono l’intreccio, conoscono la loro giusta collocazione, nulla è lasciato al caso. L’autore, dall’elevata capacità descrittiva, narra attraverso tutti gli elementi introdotti nel libro. La dovizia di particolari, abilmente gestita per non rasentare l’eccesso, è uno degli elementi caratterizzanti il suo stile. Tutti i personaggi sono ben delineati e Steinbeck riesce magistralmente a disegnare un’ambientazione che non lascia spazio alcuno all’illusione del Sogno Americano, ma solo alla durissima realtà quotidiana. Un piccolo racconto perfetto.

Idee e considerazioni

Questo breve romanzo è un affresco doloroso e drammatico della sorte di chi, nella vita, occupa il posto degli ultimi e deve, necessariamente, attenersi a un destino già scritto. La scelta stilistica, di grande semplicità, risiede nel fatto che Uomini e topi, come tutte le opere dello scrittore americano, è destinata al popolo e non alla critica. La linearità del racconto non sminuisce la complessità delle tematiche trattate e soprattutto non limita i numerosi spunti di riflessione che il romanzo offre. Il primo lo ritroviamo nel titolo, tratto da una poesia di Robert Burns, poeta romantico vissuto tra il 1759 e il 1796. La poesia si intitola On Turning her up in her Nest, with the Plough. In questa cantica gli obiettivi degli uomini sono destinati a svanire e tutte quelle promesse fatte e ricevute di probabile effimera felicità, sono destinate a vanificarsi, lasciando spazio a un ineluttabile destino. In Uomini e topi, questo concetto si fa particolarmente radicato. Gli uomini si impegnano, vanno alla costante ricerca del riscatto, faticano per un pezzetto di serenità, ma non si rendono conto che tutto è già stabilito, che non possono sfuggire a quello che il destino ha scritto e deciso per loro. È anche un libro sull’amicizia, tema che lo scrittore tratta magistralmente attraverso il rapporto che perdura tra George e Lenni. Un’amicizia fraterna, un legame talmente forte, tanto da far sentire l’olezzo della tragedia, già nel bel mezzo della narrazione. Un romanzo che tratta del tema della solitudine, perché, in fondo, è una lotta di gente sola, che si sostiene l’un l’altra, ma è fondamentalmente abbandonata a se stesso. Persone che lottano perché non hanno nulla e quello che è peggio è che nulla avranno. Steinbeck riesce a disegnare in maniera certosina il profilo psicologico di ogni personaggio, una descrizione perfetta di tutte le sfaccettature mentali, dando così il quadro completo della società dell’epoca e delle sue vittime.

 

Anna Lattanzi (classe 1970) è nata a Bari, dove ha frequentato la facoltà di Lettere e Filosofia. La passione per i libri e la scrittura hanno da sempre guidato il suo percorso di vita e professionale. E' amante dei viaggi e delle passeggiate nella natura, prediligendo su tutto la montagna, che sembra permetterle di toccare il cielo con un dito.

 

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