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Il ritratto di Dorian Gray: un viaggio tra narcisismo ed estetismo

di Federica De Sanctis

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L’artista è il creatore di cose belle

Così si apre un classico della letteratura inglese, rispecchiando in pieno l’intento del suo autore e dell’estetismo. Grande esponente del decadentismo britannico, famoso per il suo uso sfrenato di aforismi e paradossi, Wilde ha catturato da subito l’attenzione del pubblico con le sue opere teatrali, recensioni, romanzi e poesie. Pubblica nel 1891 un capolavoro senza tempo dal titolo “Il ritratto di Dorian Gray”.

Ambientato in epoca vittoriana, il romanzo narra la storia di Dorian Gray, un giovane ricco ed estremamente affascinante. Il protagonista incontra Lord Henry Wotton nello studio dell’amico e pittore Basil Hallward, il quale regala a  Dorian un ritratto raffigurante proprio il bel giovane. Lord Henry rappresenterà un vero e proprio punto di svolta nell’esistenza di Dorian: convinto sostenitore di una vita volta alla ricerca del piacere personale, con le sue teorie convincerà Dorian che la giovinezza rappresenti la miglior qualità di ogni uomo e che la bellezza sia, purtroppo, effimera.

Proprio qui troviamo le basi dell’estetismo, ovvero l’esaltazione dell’individuo e la ricerca costante della bellezza in ogni campo dell’esistenza umana, soprattutto in quello artistico. L’esteta gode della propria vita frivola ed è affascinato dallo stile aristocratico, dalla mondanità e dai beni materiali.

Dorian comprende dunque quanto la sua bellezza rappresenti il suo punto di forza, tanto da pronunciare a voce alta il desiderio di rinunciare alla propria anima in cambio dell’eterna giovinezza, così da far invecchiare il dipinto per conservare l’impeccabile fascino di cui gode. Dopo questo episodio Dorian rende sempre più stretto il suo rapporto con Lord Henry, trascurando invece l’amico Basil.
Il protagonista conosce e si innamora di un’attrice, Sybil Vane, in seguito alla messa in scena del famoso spettacolo “Romeo e Giulietta”. Il giovane apprezza molto le doti recitative della ragazza; quest’ultima, invece, nutre un amore puro e sincero per il suo “principe”. Entra così in scena James, fratello della ragazza, il quale minaccia di uccidere Dorian nel caso in cui procurasse dolori morali alla sorella.
Una sera Dorian si reca a teatro in compagnia di Lord Henry e Basil per mostrar loro l’enorme talento della ragazza che, tuttavia, si rivela una pessima attrice nel ruolo di Giulietta. Dorian si arrabbia con lei confessandole che il suo amore per lei era nato proprio grazie alle sue doti artistiche ed ora vuole abbandonarla. Al suo rientro a casa, il giovane scopre che sul viso del ritratto è presente un’espressione crudele. Lord Henry comunica a Dorian il suicidio di Sybil e lo convince a perseguire una vita volta alla ricerca del piacere, così il giovane nasconde il quadro nella sua soffitta, ritenendo che il dipinto avrebbe accolto la sorte al suo posto. Tiene nascosta l’esistenza del quadro a chiunque lo circondi e, in preda alla follia scaturita dalle critiche dell’amico Basil, uccide quest’ultimo ritenendolo l’unico responsabile delle sventure avvenute in seguito alla creazione del dipinto.
Con il passare del tempo Dorian capisce che il suo ritratto invecchia attimo dopo attimo tormentando il suo animo tanto da spingerlo a distruggere il quadro con la stessa arma utilizzata nell’omicidio dell’amico Basil. La storia ha un finale decisamente tragico: la servitù trova infatti un pugnale conficcato nel cuore di Dorian proprio vicino al ritratto, che improvvisamente torna a raffigurare la sua immagine iniziale, ovvero un giovane bello ed affascinante.

Questo capolavoro lascia l’amaro in bocca, accompagnato dalla consapevolezza che il narcisismo del protagonista si rivela un concetto poco realistico di sé che cela in realtà una fragile autostima ed un’anima ricca di vuoti da colmare. Vuoti che però il ritratto accompagnato dal suo potere non riesce a riempire, costringendo Dorian a maledire la sua bellezza nell’ultimo capitolo. Ed è proprio l’ultimo capitolo a racchiudere la chiave di lettura dell’intero romanzo, un invito silenzioso da parte dell’autore a mettere da parte un concetto utopico della propria persona al fine di ritornare a contatto con la genuinità e l’autenticità che caratterizza ogni individuo.

 

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Federica De Sanctis è nata a Brindisi nel 1999. Studia alla facoltà di Lettere dell'Università degli Studi Guglielmo Marconi. Da sempre appassionata di letteratura, arte, musica e lingue straniere. Collezionista e lettrice di libri, cantante e tastierista. Sostiene da sempre l'arte in tutte le sue forme di espressione.

 

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