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Le figure retoriche si possono chiamare anche figure di stile perché è grazie al loro uso che un autore dà un particolare "stile" alla propria opera letteraria.
Anche per chi non ha particolare interesse nel conoscere perfettamente la retorica può essere utile conoscere perlomeno qual è l'effetto principale che esse creano, se non altro per facilitarsi l'analisi stilistica di un testo letterario (fermo restando che il dizionario retorico rimane lo strumento più completo e preciso).
Sono tutte quelle figure per cui una parola con un certo significato viene sostituita da un'altra parola con un significato ad esso attinente. In questo gruppo si trovano la metonimia, la sineddoche, la litote, l'antifrasi.
Spesso l'effetto ottenuto dall'uso di queste figure è quello di dare una visione più frammentata della realtà, di soffermarsi maggiormente sui dettagli (metonimia e sineddoche); oppure quello di attenuare il carattere negativo o troppo diretto di una certa realtà o di una certa espressione (litote, antifrase). Queste ultime figure retoriche, in particolare, erano frequentissime durante il periodo del Classicismo, quando era di rigore una poetica della "morale" e della "nettezza linguistica".
Qui si trovano tutte le figure retoriche che permettono, tramite ripetizioni o altri accorgimenti, un'insistenza su un certo concetto o una certa parte del discorso. Tra le figure di ripetizione troviamo l'anafora e l'assonanza; altre figure d'insistenza sono il parallelismo e il climax (che operano al livello della sintassi), e l'iperbole e la preterizione.
Di solito queste figure vengono utilizzate quando si vuole ordinare il testo secondo un certo ritmo che sottolinea appunto, insistendovi sopra come un ritornello, alcune parti del discorso.
Le figure di opposizione mettono accanto due cose che, per un motivo o per un altro, sono tra loro opposte. L'opposizione può verificarsi al livello della sintassi (chiasmo), del significato (ossimoro) o di pensiero (antitesi).
L'effetto ottenuto è quello di sottolineare l'esistenza di un conflitto. Si crea una "nuova realtà", presentandone gli aspetti meno evidenti. Si sottolinea l'opposizione tra due cose, ma anche, spesso, la loro intima unione.
Tra le figure che rompono l'ordine e la costruzione sintattica normale ci sono l'anacoluto, l'ellissi e lo zeugma.
Queste figure retoriche creano degli effetti di sorpresa, e quindi svegliano l'attenzione del lettore che è portato a soffermarsi maggiormente sul testo. Esse quindi servono principalmente a mettere in rilievo una parte importante. L'ellissi, d'altra parte, omettendo alcune parti del discorso crea un effetto di accelerazione del ritmo e di condensazione del senso. Queste figure retoriche, proprio perché rompono l'ordine sintattico, creano spesso effetti comici e sono dunque molto utilizzate nella satira e negli epigrammi.
Le figure di suono sono quell'insieme di figure retoriche che danno degli effetti sonori molto particolari a un testo, ad esempio, tra le principali, troviamo l'onomatopea, la rima, la ripetizione, l'assonanza e la consonanza.
L'onomatopea utilizza parole, esistenti o inventate, che ripropongono foneticamente il suono dell'oggetto cui fanno riferimento: ad esempio: tic-toc, per rappresentare con la parola il suono emesso da un orologio. Questa tecnica permette al testo di dare più espressività al discorso.
Rima, rima interna, assonanza o consonanza sono invece figure che prevedono l'uso di parole, vicine nel testo, con sillabe o suoni simili. Questa ripetizione sonora permette di sottolineare un concetto rendendo il nostro discorso più vicino emotivamente al lettore, e quindi anche capace di essere meglio memorizzato. Non a caso, sono figure retoriche spesso usate nelle poesie, nelle filastrocche o nelle canzoni, anche quelle moderne.
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