Esistono libri e libri. Questo è ovvio per tutti. Ma questo non vuol dire soltanto che ogni libro racconta una storia diversa: spesso significa anche che la racconta in un modo diverso. Infatti, si può raccontare esattamente la stessa storia per infinite volte, ma se lo si fa cambiando stile sembreranno infinite storie distinte e separate. Un modo simpatico per capire cosa significa raccontare una stessa storia cambiando stile ce l'ha dato lo scrittore francese Raymond Queneau, in un libro intitolato Exercices de style (Esercizi di stile). Questo libro, sapientemente tradotto in italiano da Umberto Eco, racconta per ben 99 volte... la stessa, banalissima storia...
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A boarrrdo di un auto
(bit bit, pot pot!) bus, bussante, sussultante e sgangherato della linea
S, tra strusci e strisci, brusii, borbottii, borrrborigmi e pissi pissi
bao bao, era quasi mezzodin-dong-ding-dong, ed eccoco, cocoricò
un galletto col paltò (un Apollo col cappello a palla di pollo)
che frrr! piroetta come un vvortice vverso un tizio e rauco ringhia abbaiando
e sputacchiando «grr grr, arf arf, harffinito di farmi ping pong?!».
Poi sguizza e sguazza (plaffete) su
di un sedile e sooossspiiira rilassato.
Al rintocco e allo scampanar della
sera, ecco-co cocoricò il galletto che (bang!) s'imbatte in un
tale balbettante che farfuglia del botton del paletò. Toh! Brrrr,
che brrrividi!!!
Aho! Annavo a magnà
e te monto su quer bidone de la Esse - e 'an vedi? - nun me vado a incoccià
con 'no stronzo con un collo cche pareva un cacciavite, e 'na trippa sur
cappello? E quello un se mette a baccaglià con st'artro burino
perché - dice - jé acciacca er ditone? Te possino! Ma cche
voi, ma cchi spinge? e certo che spinge! chi, io? ma va a magnà
er sapone!
'Nzomma, meno male che poi se va a
sede.
E bastasse! Sarà du' ore dopo,
chi s'arrivede? Lo stronzo, ar Colosseo, che sta a complottà con
st'artro quà che se crede d'esse er Christian Dior, er Missoni,
che so, er Mister Facis, li mortacci sui! E metti un bottone de quà,
e sposta un bottone de là, a acchittate così alla vitina,
e ancora un po' ce faceva lo spacchetto, che era tutta 'na froceria che
nun te dico. Ma vaffanculo!
Tanto gentile la vettura
pare
che va da Controscarpa a Ciamperetto
che le genti gioiose a si pigiare
vi van, e va con esse un giovinetto.
Alto ha il collo, e
il cappello deve stare
avvolto in un gallone a treccia stretto:
potrai tu biasimarlo se un compare
iroso insulta, che gli pigia il retto?
Ora s'è assiso.
Sarà d'uopo almeno
ritrovarlo al tramonto, quando poi
non lontano dal luogo ove sta il treno
s'incontri un amico,
che gli eroi
della moda gli lodi, e non sia alieno
dall'aumentare li bottoni suoi.
BUS COMPLETO STOP TIZIO LUNGOCOLLO CAPPELLO TRECCIA APOSTROFA SCONOSCIUTO SENZA VALIDO PRETESTO STOP PROBLEMA CONCERNE ALLUCI TOCCATI TACCO PRESUMIBILMENTE AZIONE VOLONTARIA STOP TIZIO ABBANDONA DIVERBIO PER POSTO LIBERO STOP ORE DUE STAZIONE SAINTLAZARE TIZIO ASCOLTA CONSIGLI MODA INTERLOCUTORE STOP SPOSTARE BOTTONE SEGUE LETTERA STOP
L'autobus
pieno
il cuore
vuoto
il collo
lungo
il nastro
a treccia
i piedi
piatti
piatti e appiattiti
il posto
vuoto
e l'inatteso incontro alla stazione
dai mille fuochi spenti
di quel cuore, di quel collo, di quel
nastro, di quei piedi,
di quel posto vuoto
e di quel
bottone.
Un dèi, verso
middèi, ho takato il bus and ho seen un yungo manno con uno greit
necco e un hatto con una ropa texturata. Molto quicko questo yungo manno
becoma crazo e acchiusa un molto rrspettabile sir di smashargli i fitti.
Den quello runna tovardo un anocchiupato sitto.
Leiter lo vedo againo che ualcava
alla steiscione Seintlàzar con uno friendo che gli ghiva suggestioni
sopro un bàtton del cot.
Dopo aver fatto il
porro sotto un girasole fiorito, m'innestai su un cetriolo in rotta orto-gonale.
Là sterrai uno zucchino dallo stelo inverosimilmente lungo, e il
melone sormontato da un papavero avvolto da una liana. E questa melanzana
si mette a inghirlandare una rapa che gli stava spiaccicando le cipolle.
Datteri! Per evitar castagne, alla fine andò a piantarsi in terra
vergine.
Lo rividi più tardi al mercato
ortofrutticolo. Si occupava di un pisellino proprio al sommo della sua
corolla.
Dopo una breve seduta
elioterapica, temendo d'esser messo in quarantena, salii finalmente su
un'autoambulanza piena di casi clinici. Laggiù mi accade di diagnosticare
un dispeptico ulceroso affetto da gigantismo ostinato con una curiosa
elongazione tracheale e un nastro da cappello affetto da artrite deformante.
Questo tale, preso subitamente da crisi isterica, accusa un maniaco despressivo
di procurargli sospette fratture al metatarso. Poi, dopo una colica biliare,
va a calmarsi le convulsioni su di un posto-letto.
Lo rivedo più tardi al Lazzaretto,
a consultar un ciarlatano su di un foruncolo che gli rovinava i muscoli
pettorali.
Okey baby, se vuoi
proprio saperlo. Mezzpgiorno, autobus, in mezzo a una banda di rammolliti.
Il più rammollito, una specie di suonato con un collo da strangolare
con la cordicella che aveva intorno alla berretta. Un floscio incapace
anche di fare il palo, che nel pigia-pigia, invece di dar di gomito e
di tacco come un duro, piagnucola sul muso a un altro duro che dava di
acceleratore sui suoi scarpini - tipi da colpire subito sotto la cintura
e poi via, nel bidone della spazzatura. Baby, ti ho abituata male, ma
ci sono anche ometti di questo tipo, beata te che non lo sai.
Okey, il nostro fiuta l'uppercut e
si butta a sbavare su un posto per mutilati, perché un altro rammollito
se l'era filata come se arrivasse la Madama.
Finis.
Lo rivedo due ore dopo, mentre io tenevo duro sulla bagnarola, e che ti
fa il paraplegico? Si fa mettere le mani addosso da un flosio della sua
razza, che gli fiata sulla balconata una storia di bottoni su e giù
che sembrava Novella Duemila.
In un parallelepipedo
rettangolo generabile attraverso la linea retta d'equazione 84x+S=y, un
omoide A che esibisca una calotta sferica attorniata da due sinusoidi,
sopra una porzione cilindrica di lunghezza l>n, presenta un punto di
contatto con un omoide triviale B. Dimostrare che questo punto di contatto
è un punto di increspatura.
Se l'omoide A incontra un omoide omologo
C, allora il punto di contatto è un disco di raggio r<l.
Determinare l'altezza h di questo
punto di contatto in rapporto all'asse verticale dell'omoide A.
Pssst! Ehi! Ah! Oh!
Hum! Ouf! Eh! Toh! Puah! Ahia! Ouch! Ellala'! Pffui! No!? Sì? Boh!
Beh? Ciumbia! Urca! ma va!
Che?!! Acchio! Te possino! Non dire!
Vabbe'! Bravo! Ma no!
Era il trionfo del
demone meridiano. Il sole accarezza con accecante virilità le opime
mammelle dell'orizzonte ambrato. L'asfalto palpitava goloso esalando gli
acri incensi del suo canceroso catrame roso da rosate lepre. Carro falcato,
cocchio regale, gravido di enigmatica e sibilante impresa, l'automobile
ruggì a raccoglier messe umana molle di molli afrori, dissolta
in esangui foschie al parco che tu dici Monceau, o Ermione. Sulla lucida
piattaforma di quella macchina da guerra della gallica audacia, ove la
folla s'inebria di amebiche voluttà, un efebo, di poco avanti alla
stagione che ci fa mesti, con una calotta fenicia onusta di serpenti,
la voce esile dal sapor di genziana, alto levò un clamore, e l'amarezza
dei suoi lombi espanse, e de' suoi calzari feriti da un barbaro, da un
oplite ferigno, da un silvestre peltasta.
Poscia, anelante e madido, cercò
riposo, esangue di deliquio. Di poco la clessidra aveva sbavato i suoi
rugosi umori e ancora il vidi, alla Corte di Roma, astato come bronzo,
con un sodale dal volto d'Erma e senza cigli, androgino Alcibiade che
il petto gli indicava, il dito come strale, l'ugne tese a ferire. E con
voce d'opale, di un bottone diceva, e di sua ascesa, a illeggiadrir la
taglia, e a tener la rugiada umida lungi.
Mi pareva che tutto intorno fosse brumoso e biancastro
tra presenze multiple e indistinte, tra le quali si stagliava tuttavia
abbastanza netta la figura di un uomo giovane, il cui collo troppo lungo
sembrava manifestarne da solo il carattere vile e astioso. Il nastro del
suo cappello era sostituito da una cordicella intrecciata. Poco dopo ecco
che discuteva con un individuo che intravvedevo in modo impreciso e poi
- come colto da sùbita paura - si gettava nell'ombra di un corridoio.
Un altro momento del sogno me lo mostra
mentre procede in pieno sole davanti alla Gare Saint-Lazare. È
con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più
al soprabito».
A questo punto mi sono svegliato.
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