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• Il criterio
di verità
• Il criterio formale
• Il criterio causale
• Il criterio figurale
• Conclusioni
Quando ci si pone il problema di definire la letteratura le domande che sorgono possono essere molte e, allo stesso modo, i criteri utilizzati per tentare di discernere le opere letterarie tra i testi non-letterari possono essere molti. Ognuno di essi presenta vantaggi e svantaggi; vediamone alcuni da vicino.
Il criterio di verità distingue tra testi
che sono puro frutto dell'immaginazione e testi che hanno un referente
vero, e mette le opere letterarie nel primo gruppo. Così,
ad esempio, l'Odissea di Omero è senza dubbio catalogata
come opera letteraria perché piena di riferimenti di fantasia,
mentre una Introduzione alla legge di Newton viene sicuramente
catalogata nell'insieme dei testi non-letterari, perché è
un trattato scientifico che descrive leggi fisiche, dimostrabili e verificabili.
Questo criterio distintivo ha molti vantaggi, tra cui il più importante
è l'apparente facilità di discriminazione tra i testi, perché
tutti abbiamo un'idea più o meno chiara del confine tra realtà
e fantasia.
Lo svantaggio di un criterio che pretende di fare una distinzione sulla
base della presenza o assenza di elementi di fantasia è che non
riesce a rendere conto di opere completamente prive di immaginazione,
che tuttavia sono considerati ugualmente opere letterarie a tutti gli
effetti. Due esempi: Il Principe di Machiavelli e il Discorso
sui massimi sistemi di Galilei sono entrambi dei trattati (il primo
di materia diplomatica, il secondo scientifica), che vengono enumerati
in tutte le antologie letterarie alla stregua di importanti classici letterari.
Il criterio formale distingue un testo letterario
dagli altri testi per la presenza di particolari accorgimenti formali.
Per esempio, la manipolazione di una storia attraverso l'uso di anticipazioni
o flash-back rappresenta il tentativo di strutturare formalmente una storia
che, nella realtà, è avvenuta secondo un ordine cronologico.
I formalisti russi prendevano proprio elementi come questo per il nucleo
distintivo e la ragion d'essere del testo letterario. Anche questo criterio
ha dei vantaggi: primo fra tutti, quello di circoscrivere il problema
della letterarietà al sistema interno alla letteratura (senza cercarlo
fuori, in elementi estranei al testo).
Il criterio formale ha come svantaggio quello di non poter rispondere
di testi sperimentali, ad esempio quelli del Nouveau roman, in cui lo
scrittore tenta di minimizzare al massimo la propria presenza autoriale,
e quindi di riportare il più realisticamente possibile i fatti.
Ci sono opere che sembrano completamente vuote di manipolazioni formali,
perché sottintendono una ricerca stilistica più generale,
che non sono quindi ricoperte dal criterio formale ma che indubbiamente
sono letterarie.
Il criterio causale prende in esame lo scopo dell'opera
per decidere se si tratta o no di un testo letterario. Un'opera letteraria,
si sostiene, per definizione nasce dalla penna di uno scrittore che scrive
avendo bene in mente un gruppo di futuri lettori. Le opere che nascono
con un intento letterario sono dunque opere letterarie; i testi che, al
contrario, nascono da altri scopi non sono opere letterarie. Questo criterio
ha come vantaggio principale quello di mettere in luce il rapporto, sempre
presente in letteratura, tra l'istanza autoriale e il lettore (implicito
o reale che sia).
Lo svantaggio più grosso di questo criterio distintivo è
quello di perdere di vista il fatto che, talvolta, alcune opere letterarie
nascono per caso, senza alcun intento letterario. La celebre raccolta
epistolare di Mme de Sévigné a sua figlia, composta di lettere
dove il sentimento materno si cristallizza in una bellissima scrittura,
è considerata un capolavoro letterario indiscusso, e questo nonostante
fosse nata con lo scopo, ben più privato, di dare consigli alla
propria figliola. D'altro canto, non si può certo considerare letteraria
ogni scrittura nata per esserlo.
Passiamo in rassegna anche un altro criterio, che potremmo
chiamare criterio figurale, secondo il quale la letteratura si
distingue dalle altre scritture per la presenza di figure retoriche.
Questo criterio, per certi aspetti simile al criterio formale, deriva
però da un'impostazione freudiana di approccio letterario. La teoria
freudiana porta a sostenere che la letteratura, proprio come il motto
di spirito [vedi S. Freud, Il motto di spirito e la sua relazione
con l'inconscio, 1905], nasce nell'uomo da un'esigenza inconscia,
un po' come i sogni, i lapsus e, nei casi di censura più forti,
i sintomi nevrotici. Sogni, lapsus e sintomi nevrotici sono il frutto
del tentativo da parte dell'inconscio di comunicare con noi, attraverso
l'uso di figure mentali molto simili ad alcune figure retoriche proprie
della letteratura [per approfondire vedi F. Orlando, Per una teoria
freudiana della letteratura, Einaudi, 2000]. Questo criterio valutativo
permette di valorizzare le opere letterarie per il loro sistema strutturale
interno, e nello stesso tempo ne sottolinea l'importanza al livello comunicativo
e linguistico. Esso ha anche un altro vantaggio: quello di focalizzare,
attraverso figure più o meno ricorrenti (analisi di costanti e
varianti) quali sono gli aspetti chiave di un'opera.
Lo svantaggio di un metodo basato sull'analisi delle figure presenti in
un testo è che non permette di creare una netta distinzione tra
opere senza dubbio letterarie e espressioni linguistiche che, pur essendo
cariche di figure retoriche, non possono essere classicamente considerate
letterarie. Chiaramente, è facile dimostrare che un compendio di
chimica non è un'opera letteraria (non presenta nessun utilizzo
di figure), un po' meno facile dimostrare che i Discorsi sulla pluralità dei mondi di Fontenelle hanno valore letterario. Viceversa, può
essere imbarazzante pensare che le figure retoriche, lungi dall'appartenere
al solo mondo della letteratura, fanno parte del patrimonio comune di
ogni parlante di qualsiasi lingua. Com'è stato detto, "si
fanno più metafore un giorno di mercato alle Halles che in un anno
all'Accademia"; cioè: si usano più figure retoriche
nel linguaggio di tutti i giorni che non nella sede più prestigiosa
della letteratura. Dalla battuta fatta al collega, all'ironia usata verso
qualcuno, all'uso dei proverbi popolari, tutto il linguaggio sarebbe letteratura.
Com'è evidente, questa rapida rassegna di alcuni criteri utilizzati per tentare una definizione della letteratura e della letterarietà non giunge a nessuna conclusione definitiva. Ogni criterio qui presentato offre vantaggi e svantaggi, e probabilmente è difficile voler fissare un valore della letteratura che non tenga conto di più d'uno di questi criteri insieme. È però necessario rendersi conto che i criteri esistono, che devono essere elaborati, discussi e confrontati tra loro, per poter abbracciare in una visione più ampia tutto il sistema di problematiche sollevate dalla teoria letteraria. Questi criteri infatti sono impliciti in qualsiasi metodo usato per "fare letteratura", in qualsiasi "pratica letteraria", sia essa la scrittura teorica, la lettura analitica, la critica accademica oppure la scelta di un canone da usare nell'insegnamento scolastico e nella composizione di antologie.
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