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Franz Kafka: la scrittura immanente

di Elisabetta Bertozzi

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Interpretazione
Il saggio

Nell'interpretazione dell'opera letteraria di Franz Kafka sono partita dalla considerazione che fosse necessario sfatare una convinzione generalizzata su cui si basa gran parte della critica attuale, e cioè che essa sia un puro esercizio intellettuale privo di contenuto reale, un gioco letterario o un mosaico di parole e immagini a sé stanti, staccate da ogni possibile contenuto e da considerare come pura forma, contenitori vuoti o significanti solo di se stesse, simbolo di per sè dell'alienazione del pensiero e della parola. Per questo presunto "vuoto comunicativo" l'opera di Kafka è stata spesso accomunata alla profetica negativa delle avanguardie, o considerata come critica implicita del suo tempo. Le interpretazioni di tipo psicanalitico o esistenzialistico che in un qualche modo si ricollegano a tale ricezione sono a mio avviso troppo aprioristiche e astratte, e poco adatte alla comprensione di questo autore.
Le interpretazioni 'classiche' di Kafka hanno tuttavia avuto il merito di avere prodotto un'imponente mole di lavori critici, che hanno tenuto desto l'interesse intorno a questo autore. Il "caso Kafka", ossia la sua fama - che esiste se non altro in senso negativo come esempio paradigmatico di incomprensibilità e astrusità - è la diretta conseguenza del fatto che del suo mondo immaginifico ed ermetico l'interpretazione resta veramente oscura.
I suoi stessi amici e biografi (tra cui in primo luogo Max Brod che ne fu amico e promotore in vita, biografo e primo redattore delle opere inedite dopo la morte) non hanno chiarito i misteri della sua scrittura, anche se non potremmo fare a meno delle ricostruzioni biografiche che ci hanno lasciato. Né la chiave della sua opera è facilmente desumibile dagli scritti autobiografici, non meno criptici dell'opera letteraria.

Kafka sembra aver creato nelle sue opere un mondo parallelo: a differenza della maggior parte degli scrittori, che si limitano a descrivere il mondo che li circonda o ciò che è dentro di loro, in lui la parola sembra segno di qualcosa che, altro dalla comune esperienza della vita, si percepisce come ineffabile e concreto al tempo stesso (pensiamo alla descrizione - tanto più assurda quanto più realistica - dell'insetto della Metamorfosi), ma dotata di tale pregnanza da accentuare il mistero, e creare nel lettore tensione, curiosità e domande senza fine.
Però oltre queste considerazioni è difficile andare: spiegare qual è l'oggetto della sua scrittura è la scommessa di chi si è cimentato con le sue opere - e le ipotesi sono innumerevoli - ma alla fine molta critica si è orientata a considerare il suo mondo come un insieme di significanti senza significato, tracce solo apparenti di qualcosa che sembra non esserci.

Per parte mia ho sempre avuto la sensazione che si dovesse e si potesse trovare un punto da cui partire per tentare di individuare, almeno in parte, un "contenuto" presente nella sua opera, e che questo non fosse impossibile - a patto di non restare legati a giudizi a priori, ma attenendosi solo a ciò che Kafka effettivamente dice nei suoi scritti, cioè alle sue stesse parole, confortata in questo da un'opinione illustre, quella di Adorno, secondo cui "L'autorità di Kafka è l'autorità dei testi" (Appunti su Kafka, in: Prismi, Einaudi, 1972).
Unica premessa certa e incontestabile, desumibile in modo quasi intuitivo dalla lettura della sua opera, è il suo autobiografismo intrinseco, cioè il fatto che le sue immagini e le sue metafore hanno un rimando personale direttamente collegato alla sua vita ed alle sue percezioni.
Questo, che era il punto di partenza, è stato alla fine - meglio definito e precisato - anche la conclusione cui sono pervenuta dopo un'attenta analisi dei racconti di Kafka, il cui percorso è oggetto del saggio Franz Kafka. La scrittura immanente. Non ho condotto tuttavia un'analisi di tipo biografico, ma un'analisi puramente letteraria, cui solo in secondo piano sono venuti in ausilio dati e riferimenti biografici. L'indagine formale è sempre stata di fondamentale importanza, poiché nella poetica kafkiana la forma è non solo mediazione di contenuti, ma essa stessa significativa rispetto a ciò che comunica.
Nelle sue opere ritroviamo allora in gran parte una trasposizione della vita, resa possibile e assurta a dignità letteraria grazie alla mediazione del gioco narrativo e ai mezzi che esso mette a disposizione.
A titolo di esempio voglio portare il racconto La verità intorno a Sancho Panza (analizzato nell'introduzione del saggio sopracitato), in cui l'identificazione dell'autore con quest'ultimo risulta chiara se abbiamo presenti alcune caratteristiche e abitudini di Kafka: come il personaggio del suo racconto Kafka scriveva di notte, come lui esorcizzava con la scrittura i suoi incubi e i suoi tormenti, come lui aveva bisogno di tenersi ancorato alla realtà attraverso la scrittura. Una volta stabilito il parallelismo, il racconto si rivela particolarmente interessante perché ci dà la chiave del metodo d'elaborazione letteraria del nostro autore: le figure della sua narrativa nascono come estrinsecazione di un'emozione o di una percezione, ma si distaccano poi da questa assumendo vita autonoma e, comportandosi come personaggi autonomi e a se stanti, danno vita alla "trama", all'insieme degli avvenimenti, spesso strani e sorprendenti perché frutto di fantasia creativa.

Se teniamo presente questa breve 'illustrazione' della sua poetica come criterio interpretativo di fondo dei racconti molti di questi diventano analizzabili e comprensibili, almeno nella loro struttura di base. Ulteriore ostacolo lo si incontra nel dover distinguere il piano della finzione letteraria e il piano della realtà ad essa sottesa, ma anche questo non è stato un problema insormontabile. Terzo momento "interpretativo" è la comprensione delle metafore, di cui la sua opera è quasi interamente costituita, perché la metafora ha un 'punto di partenza' (l'immagine letteraria) e un 'punto d'arrivo' (la situazione o il concetto cui rimanda). Comprendere quest'ultima è il punto più delicato e difficile dell'intero lavoro, anche perché ci si può scontrare con tante, già esistenti, teorie interpretative, o interpretazioni a priori che rifiutano un significato reale e concreto dei suoi scritti. Eppure di racconto in racconto, applicando il metodo di cui ho fornito un esempio, la loro comprensione è stata possibile. Il concetto che ho potuto focalizzare, e che è in essi ricorrente e onnipresente - magari non l'unico, ma il più ripetitivo e insistente - è la corrispondenza esistente tra le immagini della letteratura kafkiana ed episodi, momenti ed emozioni legati alla malattia da cui l'autore era affetto, e che lo porterà a morte nel 1924, la tbc polmonare, a cui egli allude descrivendone in forma criptica sintomi e timori, speranze e disperazione. Malattia che ha influito sui suoi scritti anche nei primi racconti, quelli dei primi anni del '900, poiché essa, ritenuta comunemente presente solo a partire dal 1917, era invece in atto già da allora - cosa che credo di aver saputo dimostrare.
Spero così di essere riuscita nel mio saggio a fornire un quadro plausibile ed esauriente rispetto a tale tematica, ma saranno poi i lettori a decretarlo.

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Elisabetta Bertozzi
Franz Kafka. La scrittura immanente

ed. Libuk

http://www.scritturaimmanente.it/

 

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