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Quella che segue può essere considerata
come la più recente versione di un lavoro cominciato quasi per
scherzo e sull'onda dell'entusiasmo provocato in me dall'approccio inconsueto
all'opera letteraria di Svevo. Cos'altro poteva maggiormente attirare
la mia attenzione se non il richiamo al colore così marcato in
"Senilità", tale da richiamare alla mente altre opere
solo apparentemente lontane o di meritare un'analisi più approfondita,
attraverso lo studio di lavori come quello, veramente insostituibile e
fondamentale, di Brusatin?.
La mia passione per le arti figurative mi ha, da sempre, trascinato piuttosto
verso i mille possibili usi del colore, che verso le potenzialità
d'uso di una matita, nonostante io nutra una grandissima ammirazione per
le perone naturalmente portate per il disegno.
Qualcuno, sbagliando grossolanamente, potrebbe considerare i campi della
pittura e della letteratura totalmente estranei l'uno dall'altro, e considerare
una stonatura quest'accoppiamento che, peraltro, mi ha fatto amare maggiormente
l'opera dell'autore triestino proprio nel momento in cui vi ritrovavo
tanti concetti chiusi in qualche cassetto del mio subconscio… Chi
altri meglio di Svevo?
Mi accorgo che l'impegno di aggiornare la mia "prima edizione"
mi porta continuamente sotto gli occhi del nuovo materiale che, a sua
volta ne sottintende dell'ulteriore…Così, mentre ho appena
pensato di mettere la parola fine a questo "travaglio", ecco
che, dalla lettura di un nuovo autore, di un nuovo romanzo, si propone
la nuova prova tangibile del collegamento dei tanti concetti che, da un
secolo all'altro, da una parte all'altra della terra, da un autore all'altro,
da sempre si rincorrono.
Le possibilità offerte dall'informatica poi si sono rivelate preziosissime:
così come ho potuto aggiungere nuovo materiale al lavoro originario
senza ricominciare sempre da capo, così intendo lasciarmi la possibilità
di continuare a versare dell'acqua in questo pozzo, ogni volta che la
lettura di un libro o magari i consigli su come rendere la casa più
armonica con il feng-shui faranno suonare quel particolare campanello.
Mi piacerebbe, magari sempre all'interno di quest'avventura universitaria,
poter attingere nuovamente a tutti i bytes, vecchi e nuovi, di questo
"work in progress" e non lasciarli, negletti, nascosti dentro
un'immobile cartella del mio computer.
"L'uomo e ogni suo organo - per quel che riguarda la Farbenlehre, l'occhio dell'uomo - non è mai considerato alla stregua dell'apparecchio fisico, dello strumento meccanico, ma sempre in relazione ad una spiritualità della sua funzione (come ogni fenomeno della natura viene studiato nel suo dato metamorfico e formativo e non staticamente meccanicistico). Attraverso l'occhio, l'uomo percepisce i colori; ma questi colori hanno una loro funzione, oltre che sensoriale, anche morale (sinnliche e sittliche); investono tutta quanta la personalità umana e non riducono l'organo di senso al rango sterile e puerile dell'ordigno meccanico - sorta di radar crudelmente incastrato nella nostra orbita." (Gillo Dorfles)
*********
Se mi venisse chiesto cosa mi ha colpito di
più nel leggere "Senilità" di Svevo, risponderei
senz'altro l'ossessiva ripetitività con la quale è ripetuta
la parola "colore" e l'uso simbolico che del colore viene fatto
nel sistematico accostamento ai personaggi del romanzo.
D'altronde il titolo originario del romanzo è appunto "Il
Carnevale d'Emilio". E i colori vivi di questo tempo di divertimenti
vengono contrapposti al grigiore quaresimale, da mercoledì delle
ceneri, che di certi personaggi sembra essere la perenne condizione.
I personaggi, appunto. Cominciamo col dire che a me Angiolina è
simpatica. E' la forza della Natura, selvaggia, indomabile, autentica.
E' il fuoco. E la figura che fatalmente attrae Emilio, per quella che
all'inizio deve essere solo un'avventura volta a rischiarare la grigia
monotonia della sua esistenza:
La donna vi entrava! Raggiante di gioventù
e bellezza
ella doveva illuminarla tutta facendogli dimenticare il
triste passato di desiderio e di solitudine
Ma il fuoco della passione non è facilmente
controllabile, ed Emilio viene dal fuoco non solo scaldato, ma anche più
volte scottato. Ma non può, nonostante tutto, girare troppo al
largo da esso: il freddo e il grigiore caratterizzano il mondo che ne
è lontano.
E il fuoco è pure negli "occhi azzurri e grandi":
Nella pupilla qualche cosa si muoveva
e modificava
continuamente l'intensità e la direzione della luce.
Quell'occhio crepitava!
Angiolina è "alta e forte, ma snella e flessuosa". E' il felino, la gatta che, a differenza del cane, non riconoscerà mai nell'uomo il suo padrone, il suo tiranno. E della tigre o della pantera ostenta tutta l'affascinante sicurezza in questa metafora zoomorfa:
Poi si lasciarono. Ella non volle ch'egli
l'accompagnasse
in città ed egli la seguì a qualche distanza non sapendo
ancora staccarsene del tutto. Oh, la gentile figura! Ella
camminava con la calma del suo forte organismo, sicura
sul selciato coperto da una fanghiglia sdrucciolevole;
quanta forza e quanta grazia unite in quelle movenze sicure
come quelle di un felino.
Angiolina è la Donna-Eva, il topos della donna-tigre che alla fine distrugge l'uomo e che solo nel finale, osservata da un punto di vista lontano nel tempo e nello spazio, da un punto nel quale non si corrono i rischi inerenti il fuoco, viene idealizzata nella figura della donna-Madonna, nell'improbabile simbiosi con la defunta Amalia:
Egli la vide dinanzi a sé come
su un altare, la personificazione
del pensiero e del dolore e l'amò sempre, se amore è ammirazione
e desiderio
La sua esuberante sessualità è
invece espressione della straripante energia che le convenzioni borghesi
della Trieste di fine secolo non riescono a contenere negli argini definiti
per la donna onesta. Significativo il fatto che tutti i critici chiamati
a dare un giudizio sulla figura di questo personaggio non abbiano esitato
a definirla "puttana".
Ecco il biglietto da visita che di lei ci offre l'autore:
Angiolina una bionda dagli occhi azzurri
grandi, alta e forte, ma snella
e flessuosa, il volto illuminato dalla vita, un color giallo di ambra
soffuso
di rosa da una bella salute
E' lei a rappresentare il Carnevale della
vita. E del Carnevale presenta tutto il policromatismo impressionista
di Svevo.
.
In molte culture si attribuisce ai colori un valore simbolico.
Nel mondo cristiano il rosso simboleggia la sofferenza, il verde la rinascita
dello spirito, il bianco la purezza, l'azzurro la spiritualità,
l'oro la grazia divina, il viola la penitenza.
M.Brusatin riporta come "La tavolozza egiziana è informata a un principio colorico calcato sulla natura delle pietre preziose, e fa propri i significati dei colori delle gemme. Anche per gli Ebrei la pietra preziosa corrisponde a un medium sul quale si materializzano sensazioni cromatiche associate a significati morali, l'ordine morale con il suo corrispondente colorico: la sardonica il rosso e il coraggio, lo smeraldo il verde e l'azione venefica, il topazio il giallo e la mitezza, il carbonchio l'arancio e il calore del corpo, il diaspro il verde intenso e la fecondità, lo zaffiro il blu e la purezza, il giacinto la porpora e la forza, l'ametista il violetto e l'antidoto della tristezza, l'agata il grigio chiaro e la gaiezza, il crisolito il giallo oro in opposizione alle cattive intenzioni, il berillo l'azzurro e la tranquillità d'animo, l'onice il rosato e la castità."
Nella mia epigrafe si fa riferimento alla
Farbenlehre, l'opera di quel Goethe che Zeno definisce, insieme a Schopenhauer,
suo predecessore nella teoria "dei colori fisiologici".
"La Teoria dei colori susciterà l'entusiasmo di Schopenhauer
e l'ammirazione di Beethoven"
Goethe parte dalla distinzione tra colori appartenenti al lato del Più
che sono il giallo, il giallo-rosso (arancio) ed il rosso-giallo (minio
e cinabro) e che danno luogo a stati d'animo attivi, vivaci, tendenti
all'azione, e colori appartenenti al lato del Meno, cioè l'azzurro,
l'azzurro-rosso, il rosso-azzurro, che dispongono ad uno stato di inquietudine,
di tenerezza e nostalgia.
Il rosso, che per la sua grande dignità Goethe chiama porpora,
realizza, nell'unione dei poli, un appagamento ideale. Esso si presta
ad esprimere sia la dignità e la gravità della vecchiaia,
sia la grazia e l'amabilità della giovinezza. Un ambiente su questo
tono assume sempre un carattere solenne e sfarzoso. Affermava Goethe:
"Un paesaggio ben illuminato, attraverso un vetro color porpora,
si mostra in una luce terribile", come quella del giorno del Giudizio.
Interessante è considerare ad esempio
il significato attribuito al colore rosso nella cultura cinese:
"Presso i cinesi il colore rosso è sempre stato giudicato
un colore di buon auspicio.E' un colore impiegato per simboleggiare tutte
le occasioni felici, e ne viene quindi fatto un largo uso in ricorrenze
importanti quali il Capodanno e le cerimonie per festeggiare matrimoni
e nascite. Il primo giorno del nuovo anno lunare i cinesi si vestono di
rosso per essere sicuri di essere avvolti da energia yang in un giorno
di così vitale importanza. Per lo stesso motivo anche le spose
indossano sempre il rosso, mentre le nascite sono celebrate con uova sode
dipinte di rosso intenso, propiziatrici di fertilità."
Il rosso, per il pittore russo Vasilij Kandinsky,
porta sempre con sé una forte nota di un'energia immensa, "un'agitazione
e un ardore, rivolti principalmente verso di sé e poco verso l'esterno",
in cui si esprime una maturità virile.
Esso ricorda i toni "appassionati, medi e gravi del violoncello".
Veramente interessante quanto riportato dal
Brusatin a proposito di questo colore:
"Nella tradizione ebraica Adamo significa "rosso" e "vivente"
e nelle radici di lingua slava "rosso" vale "vivo e bello".
Contro l'astrazione del bianco e del nero (luce e tenebre), colori del
caos, il rosso quale colore del sangue e della vita è usato come
colore esorcizzante la morte o omaggio di alcunché di vivo al defunto.
Nel rito cinese i vasi funerari "rosso sangue di bue", di origine
sacrificale, non servono per far tornare il defunto in vita, tanto inconsistente
è il "fatto" della morte nell'organismo orientale, ma
come testimonianza e segnale di vita. Il vaso è segno per i viventi,
al posto dell'individuo che è vissuto e ha fatto parte della comunità
dei viventi, la cui condizione non è dimostrabile in altra forma
se non con quanto è "comune" alla vita. […] Per
uno schematico contatto con l'uso della materia colorica esistono in natura
(la cresta, il sesso, la lingua) colori nelle tonalità del rosso
per così dire "estensivi" o "conativi" come
si può giudicare immediatamente dalla pratica della colorazione
cosmetica delle labbra, delle dita, dei capezzoli e di altre parti del
corpo. […] Artemidoro (II secolo d.C.), nell'Interpretazione de'
sogni, sostiene che l'apparizione di vestiti rossi fa presagire fortuna
e onori.
Ma non è il rosso, il colore che per Goethe rappresenta l'appagamento ideale, quello che principalmente viene associato da Svevo ad Angiolina.
E' infatti stata giustamente considerata ossessiva
l'identificazione del colore giallo con la nostra eroina.
Il giallo è il colore del sole, essenziale per la nostra esistenza
così come il tuorlo d'uovo è per tante specie il fulcro
della vita. In quasi tutte le civiltà l'oro rappresenta il benessere.
Sia sotto l'aspetto biologico sia sotto quello materiale, il benessere
parte da un'idea di quantità: abbondanza di luce solare o abbondanza
di denaro.
I primissimi giorni dell'anno 2000 ho voluto dipingere due enormi girasoli
gialli. Successivamente ho pensato bene di inserire questo quadro in una
vecchia cornice a suo tempo dorata da mio padre. Evidentemente il meccanismo
psicologico che è alla base di ciò è lo stesso con
cui ci si augura fortuna e prosperità tramite il simbolismo della
cornucopia. Prosperità ed abbondanza.
E il concetto di abbondanza è tutto nella definizione di Angiolina,
che è "alta e grande". Come non ricordare quei film di
Carlo Verdone nei quali il "bulletto" commenta la bella di turno
(quasi sempre immaginata da noi italiani, guarda caso, bionda) con "Mamma
mia, quanto sei tanta!"?
E abbondanza è nella ricchezza solare di questa ragazza peraltro
"povera, molto povera":
la sua bocca purissima, le gengive rosse,
i denti
solidi e bianchi, uno scrigno di pietre preziose
legate e distribuite da un artefice inimitabile, la salute.
Gilbert Durand ha distinto fra oro riflesso e oro sostanza, relativi rispettivamente ai regimi diurno e notturno dell'immagine ed ambedue presenti in Angiolina.
A proposito dell'oro sostanza è interessante riscontrare la sovrapposizione sintattica e semantica fra le definizioni usate da Svevo, rispettivamente per Angiolina di Senilità e per Maria, un amore neppure cominciato di Alfonso Nitti, protagonista di Una Vita:
[…] camminava accanto a lui, la testa china da un lato come piegata da dal peso del tanto oro che la fasciava […]Egli aveva usato una carezza timida sui capelli: tanto oro.[…]Ella aveva disciolti gli abbondanti capelli, ed egli si ritrovò con la testa appoggiata su un guanciale d'oro.
Rammentò per parecchi anni con rimpianto Maria, una giovinetta dai capelli esattamente biondi, il colore puro dell'oro, una figurina diritta che non pareva accorgersi del peso del tanto metallo che portava in testa.
Il giallo oro è abbinabile a questa moderna Afrodite, mentre il
giallo malato e brutto viene riservato a tutti quegli altri personaggi
che portano con sé una qualche connotazione negativa come il Volpini,
il Sorniani, la sorellina di Angiolina o il paesaggio che accompagna l'agonia
di Amalia, la grigia sorella di Emilio.
Angiolina è vista come la volubile dea dell'amore e, in quanto
divinità, viene dipinta con i colori che la tradizione cristiana,
ad esempio, ha ritenuto più appropriati: l'oro e l'azzurro.
Anche in "Una vita" Svevo aveva usato il colore azzurro, associando
la figura di Annetta a quella di Afrodite:
Annetta aveva una figura da Venere e quella testa con gli occhi azzurri, tranquilli, i capelli lisci quasi modestamente, era la testa dell'intelligenza.
In maniera simile Svevo aveva già usato nel primo romanzo questi colori per "nobilitare" la figura di Francesca, la donna sedotta dal banchiere Maller:
La signorina Francesca, avrebbe dovuto
avere circa trent'anni[…] Aveva una carnagione pallida, e se non
da persona giovane, occhi chiari, azzurri; il colore biondo oro dei suoi
capelli dava una grande dolcezza a quella fisionomia non regolare.
Nella cultura contemporanea il giallo è spesso associato ad atmosfere negative, come nei film o nei romanzi gialli nei quali dominano la paura, il mistero e spesso la morte. La carta, quando invecchia, ingiallisce, mentre una sfumatura giallognola nel bianco degli occhi indica precarie condizioni di salute.
E' il giallo della malattia, quello del paesaggio che accompagna l'agonia di Amalia:
In lontananza Emilio vide sul cielo fosco la cima di un'altura gialla di luce morente[…] Gli ultimi riflessi ingialliti dell'aria torbida[…] il giallo sulla via veniva cancellato dalla notte che si avanzava rapidamente. Il solo cielo, ove le nubi continuavano ad accavallarsi, rimaneva chiaro e giallo.
Ancora secondo Goethe, il giallo, colore più
prossimo alla luce, ha in sé la natura del chiaro e perciò
possiede una qualità di serenità e di gaiezza. Un paesaggio
guardato attraverso un vetro giallo allieta l'occhio, allarga il cuore
e rasserena l'animo.
Ma il giallo è anche un colore molto delicato, sensibilissimo all'impurità,
che su di esso agisce invertendone le caratteristiche: un giallo sporco,
condotto verso il lato del Meno, produce un'impressione sgradevole, la
dignità e il diletto si invertono in ripulsa, infamia e disagio.
Possiamo notare una connotazione negativa attribuita al colore giallo nell'opera dello scrittore originario della Costa d'Avorio Ahmadou Kourouma, considerato uno dei massimi esponenti del romanzo africano in lingua francese. Nel suo "Les soleils des indépendances" Kourouma associa il colore giallo al ricordo dell'escissione di Solimata, avvenuto allorché ella diviene "ragazza":
E aveva gridato, urlato. E i suoi occhi avevano roteato, erano usciti dalle orbite e si erano tuffati nel verde della foresta, e poi nel giallo dell'harmattan , e infine nel rosso, nel rosso del sangue, nel rosso dei sacrifici.[…] "Il giorno è stato fissato, cadrà durante il prossimo harmattan". E finalmente giunse il giorno fissato, una mattina dell'ultima settimana dell'harmattan, una mattina grigiastra e incerta, una mattina come le altre, se non fosse stato per il fuoco nel cuore di Salimata e per l'apprensione e il penoso presentimento che angosciavano sua madre. […] La luna gialla guardava dalle nuvole[…] sua madre tremava e piangeva, ma Salivata non vedeva e sentiva nulla, era presa soltanto dalla paura.
Come questa figura di "escissa" assomiglia all'altra grande figura femminile del romanzo di Svevo: Amalia, colei alla quale è precluso ogni accesso all'amore e alle sue gioie!
Il concetto di tradimento è pure presente
nella figura di Angiolina-Afrodite.
Giotto colora di giallo il mantello di Giuda Iscariota nell'atto di baciare
Cristo, nell'affresco ammirabile nella Cappella degli Scrovegni di Padova.
Allo stesso modo il quasi contemporaneo di Ettore Schmitz, il poeta maledetto
Tristan Corbière, intitola "Les Amours Jaunes" (Gli Amori
gialli) la sua raccolta del 1873. Anche lui, come Emilio, rincorre e rifugge
l'amore di Marcelle, un'attricetta parigina che, già amante del
conte Rodolphe de Batine, tradisce lui e il conte con un militare. Quanta
somiglianza con Angiolina che, prendendo sul serio l'avventura proposta
da Emilio, provvede alla "copertura" del "giallo-paglia"
Volpini e tradisce allegramente entrambi!
Leggiamo nel sito web dedicato a Corbière a proposito del titolo
"Amori gialli":
"Le titre choisi, énigmatique au premier abord se comprend
mieux lorsque l'on connaît le personnage: La couleur jaune renvoie
évidemment au rire jaune, celui qui lui permet de dissimuler sa
douleur derrière l'autodérision ou le sarcasme. Le jaune
est aussi la couleur de la trahison (Dans les peintures représentant
la cène Judas est toujours représenté en jaune) et
du mari cocu, référence ici à son amour pour Marcelle
qui le trompe avec un militaire".
Un mio amico francese mi diceva che sarebbe
pericoloso regalare dei fiori gialli alla fidanzata o alla moglie: si
correrebbe il rischio di farseli tirare dietro!
Anche lo stesso colore giallo usato per la copertina del testo di Corbière
si rifà al carattere sensuale ed equivoco ( aggettivi così
bene adattabili alla nostra Angiolina) di certa letteratura:
" Ses 'Amours jaunes' furent sa seule oeuvre, ce recueil de poèmes
et d'oeuvres en prose sans lien apparent ou cohérence interne est
publié en 1873 à compte d'auteur chez le petit éditeur
Gladys à Paris (un éditeur spécialisé dans
la littérature érotique dont les livres étaient reconnaissables
à leurs couvertures jaunes!)".
Lungo sarebbe l'elenco delle associazioni fatte da Svevo tra Amalia e il colore grigio. La sorella di Emilio rappresenta il polo opposto di quello nel quale si muove l'esuberanza di Angiolina. Ella è destinata a soccombere, inserita nel contesto della selezione naturale dove solo i più forti riescono a sopravvivere. Mai Svevo usa per lei la definizione "alta e forte", definizione spesa, altresì, sia per Angiolina che per la signora Elena.
Secondo Kandinsky, le cui interpretazioni analizzeremo meglio più avanti,
"il grigio è privo di risonanza
e immobile. […] Il grigio è dunque immobilità che
è inconsolabile. Quanto più il grigio si fa scuro, tanto
più si accentuano l'inconsolabilità e l'oppressione soffocante.
Se invece dà nel chiaro, una specie di aria, di possibilità
di respiro, penetra nel colore stesso, che contiene in sé un certo
elemento di celata speranza"
Quella speranza evidentemente vana in Marx Rothko , che, come riporta
l'impagabile Brusatin, " per il colore rinunziò a tutto (storia,
etica, estetica), il giorno prima del suicidio fece un quadro, l'ultimo,
tutto grigio."
Compressa nella gamma del grigio è pure la vita borghese della
città triestina, nella quale anche la componente di allegria viene
decisamente ridimensionata dal "tisico carnevale iniziatosi quella
sera con un primo ballo mascherato", e col "lungo carnevale
che aveva ancora un mese d'agonia"
La stessa Trieste di " Una vita " col grigio palazzo dei Maller, uno dei "luoghi" di questo romanzo. Ancora il colore grigio ha , com'è naturale, connotazioni decisamente negative. Annetta, nel giudicare gli sforzi compiuti da Alfonso nel romanzo da scrivere a due mani, li bolla con questi termini:
"E' bello di certo, ne riconosco i pregi, ma è grigio.[…] E' però grigio, molto grigio. Chi vuole che legga volentieri queste filze di pensieri senza interruzione e senza ornamento?"
La stessa "istantanea" di Trieste che viene "fotografata"da Alfonso in procinto di lasciare la città dopo aver compromesso Annetta:
Era grigia e triste, una nube sempre più densa sul capo sembrava da essa prodotta perché a lei unita dalle sue nebbie, l'unica traccia della sua vitalità.
Trieste, la città borghese che racchiude i suoi "travetti"come api dentro un enorme alveare:
Era là dentro, in quell'alveare, che la gente si affannava per l'oro, e Alfonso, che là aveva conosciuto la vita e che credeva che così non fosse che là, respirò liberandosi con la fuga da quella cappa di nebbia.
E' ancora l'opera di Brusatin a tirare le somme di questi ragionamenti:
"[…]il corpo della città moderna assume tonalità entro la gamma del grigio, non soltanto per il processo d'invecchiamento dei materiali, oggi accelerato dall'inquinamento industriale e automobilistico, ma anche l'uso di materiali costruttivi quali il cemento e l'asfalto. Il lavaggio degli edifici monumentali delle città europee ha riportato a tonalità più grigio- chiare. L'assenza del colore dalle metropoli, esattamente riproducibile col bianco e nero fotografico, è accompagnata negli arredi e negli oggetti di consumo da una gamma di tinte, di colori denaturati, non disarmonici anzi eccessivamente armonizzati."
Come poi i colori vengano avvicinati ai suoni per stabilire con questi delle intime relazioni appare evidente con l'ingresso in scena della musica wagneriana. Quella musica che riesce a scavare più in profondità nell'animo di Amalia la triste sorella che non in quello del critico musicale avvenirista Emilio:
Ma, assorbito da quella musica, il suo
grande dolore
si coloriva, diveniva ancora più importante, pur facendosi
semplice, puro, perché mondato d'ogni avvilimento
Amalia può chiaramente vedere la "magnifica onda sonora":
La vedeva correre giù per una china
guidata dall'ineguale
conformazione del suolo. Ora una sola cascata, ora divisa
in mille più piccole, colorite tutte dalla più varia luce
e dal
riflesso delle cose. Un accordo di colori e di suoni in cui
giaceva l'epico destino di Sieglinda, ma anche, per quanto
misero, il suo, la fine di una parte di vita, l'inaridirsi di un
virgulto.
E, incredibilmente, dopo questa rivelazione, perfino il perenne grigiore di Amalia sembra soccombere sotto la"pazza speranza" di Amalia di piacere allo scultore Balli:
Un giorno la sorprese sul Corso mentre
ella camminava lentamente
in pieno meriggio, a passeggio. Portava un vestito che da lungo tempo
non doveva aver indossato perché Emilio non l'aveva mai visto.
Dei
colori azzurri, chiari, su una stoffa grezza che le vestiva goffamente
il povero corpo dimagrito.
Ancora impagabile, a proposito l'opera di
Brusatin:
"Se in apparenza si ritorna all'antica se non classica affermazione
dualistica che i colori dipendono dalla luce e dalle tenebre, si apre
per altra via il naturale confronto tra armonia dei colori e armonia dei
suoni (Hoffman). Il capitolo della molteplicità e unità
delle percezioni, che non è solo un rapporto di armonia e di antica
affinità tra i colori e i semitoni della scala cromatica (ricordando
qui il concetto di timbro come "colore sonoro", Klang -Farbe,
applicato sia alla nota sia alla tinta e alla couleur) sarà alla
base della produzione dei nuovi strumenti musicali "ben temperati",
con anticipazioni curiose quali il "gravicembalo a colori" fabbricato
dal pittore Arcimboldo ancora nel XVI secolo, fino all'espressionismo
dodecafonico della Klangfarbenmelodie di Schoenberg (1911) mediata dallo
"spirituale nell'arte" di Kandinsky (1912) e dall' "arte
euritmica" di Steiner.
Qualche anno dopo il 1898, nel 1911, la studiosa
russa Sacharjin-Unkowskij elabora un metodo speciale per "trascrivere
la musica dei colori della natura" e per "vedere cromaticamente
i suoni e udire musicalmente i colori". Questo metodo viene poi riconosciuto
valido dal Conservatorio di San Pietroburgo, come riferisce Kandinsky
(nato nel 1866 e quindi solo cinque anni più giovane di Svevo)
nel suo gia citato libro "Lo Spirituale nell'Arte".
Secondo il pittore russo è quindi possibile assegnare a ciascun
colore un "suono interiore", una "qualità musicale"
che ne esprime l'essenza. Egli ne fa addirittura un cardine della propria
indagine pittorica. Il giallo, il blu, il rosso, tutti i colori, hanno
"un profumo spirituale" e una "qualità musicale"
che ne esprime l'essenza.
Il giallo è gioioso, emana energia, quando è intenso "squilla
come il suono acuto di una tromba", ma "non penetra nel profondo
dell'anima".
Kandinsky affronta organicamente il tema del colore nel suo saggio Dello
spirituale nell'arte e afferma che il colore produce sull'uomo due effetti
diversi, uno puramente fisico ed uno psichico.
Con l'effetto fisico, l'occhio viene colpito dalla bellezza del colore
e chi guarda si trova soddisfatto "come un amante della buona cucina
che gusta una ghiottoneria".
Ma si tratta di una sensazione superficiale, che non lascia dietro di
sé "impressioni durevoli finché l'anima rimane chiusa".
L'effetto fisico del colore gioca un ruolo positivo solo quando sa 'approfondirsi'
e rendersi strumento di un'impressione ben più alta e smaterializzata,
quella psichica.
Parlando dell'effetto psichico del colore, Kandinsky affronta un tema
ricorrente nell'ambito della sua produzione teorica, quello della sinestesia,
intesa come contaminazione dei sensi.
L'artista parla del sapore o del profumo di un colore, o della capacità
che esso ha di influire in senso terapeutico sull'organismo umano.
Il ruolo strumentale del colore è chiaramente
definito da questo famoso passo.
"In generale, il colore è un mezzo che consente di esercitare
un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio
il martelletto, l'anima è il pianoforte delle nostre corde. L'artista
è la mano che toccando questo o quel tasto, mette 'opportunamente'
in vibrazione l'anima umana. È chiaro pertanto che l'armonia dei
colori deve fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell'anima
umana!"
Il giallo, che Svevo ha pesantemente, come
abbiamo visto, associato ad Angiolina, ha proprietà eccitanti e
stimolanti che si possono portare all'eccesso: "È come il
folle spreco delle ultime forze dell'estate nel vivace fogliame autunnale,
da cui scompare l'azzurro, che sale in cielo".
Caratteristiche nettamente opposte a quelle del giallo appartengono, secondo
Kandinsky, al blu, il colore della profondità, della nostalgia,
della purezza e del sovrasensibile. Nei suoi toni più chiari assomiglia
al suono del flauto, mentre scurendosi assume man mano quelli del violoncello,
del contrabbasso, fino ai toni gravi dell'organo.
Abbiamo visto come l'alter ego di Angiolina
sia associata al grigio, piuttosto che al blu.
Eppure l'aggettivo inglese "blue" viene tradotto in italiano
sia con "azzurro, celeste, blu", che con "triste, nervoso,
depresso". Non a caso le opere dei primi anni del secolo, in un artista
del calibro di Picasso, che sono marcate dalla malinconia e dalla tristezza,
sono chiamate a circoscrivere quello che appunto è stato definito
il "periodo blu".
Ecco ricreata l'opposizione chiave del romanzo sveviano che è quella
fra i due personaggi femminili principali: carnevale contro quaresima,
passione contro dovere, vita contro morte, amante contro sorella-madre-figlia,
giallo solare contro blu-grigiore. Opposizione che si neutralizza solo,
come abbiamo già accennato, nel finale del romanzo:
Nella sua mente di letterato ozioso,
Angiolina subì una
Metamorfosi strana. Conservò inalterata la sua bellezza,
Ma acquistò anche tutte le qualità di Amalia che morì
in
Lei una seconda volta.
Naturalmente questa è una mia interpretazione,
assunta nel mio ruolo di lettore effettivo, non avvalorata dal testo di
Svevo.
D'altronde abbiamo pure visto come in Senilità il colore abbinabile
ad Angiolina non sia tanto il rosso, colore dell'energia vitale, ma bensì
il giallo-oro, accompagnato dall'azzurro.
La mia intenzione è quella di giustificare con il "salto"
dal rosso al giallo, operato con Angiolina, quello dal grigio al blu operato
sulla figura di Amalia, tramite un'"elaborazione" basata sull'applicazione
della proprietà transitiva , o, meglio, sul sillogismo .
Cercherò, per quanto mi è possibile,
di essere chiaro:
- l'opposizione, per Kandinsky è data dal giallo e dal blu;.
- l'opposizione "storica", così come riportata dal Brusatin,
è fra il rosso ed il blu;
- ne consegue che sia il giallo che il rosso hanno la stessa valenza,
ossia quella di opporsi al blu.
- Allo stesso modo, possiamo opporre il rosso,
come abbiamo visto colore dell'energia e della vita, al grigio, definito
da Kandinsky "privo di risonanza e immobile";
- a sua volta Svevo ha opposto, proprio nei personaggi di Angiolina ed
Amalia, il giallo (oro) al grigio.
Abbiamo quindi dato una valenza comune ai colori del rosso e del giallo,
quella di opporsi sia al blu che al grigio.
Affermo questo, ovviamente, da un'angolazione "reader oriented"…
Sempre secondo Kandinsky, il bianco agisce
sull'anima umana come un grande silenzio ed il suo suono interiore corrisponde
alle pause della musica; è un "nulla giovane", un silenzio
ricco di possibilità, com'è quello che precede la nascita.
Al contrario, il nero è un nulla privo di possibilità, "un
eterno silenzio senza futuro", un rogo combusto fino in fondo e,
musicalmente, rappresenta la pausa conclusiva.
La meccanica mescolanza di bianco e nero produce il grigio, colore dell'immobilità
desolata.
Eccoci di nuovo, appunto, di fronte alla sorella di Emilio!
Tra suono e colore vi sarebbe un'accidentale
differenza esterna, ma una sostanziale identità interiore: scala
cromatica e scala musicale possono identificarsi.
È appena il caso di ricordare la diversa opinione di Goethe su
questo argomento.
Goethe, infatti, nel rivolgere la sua attenzione ai rapporti tra colore
e suono, due qualità che sono state molto spesso accomunate secondo
criteri analogici, come dimostra la condivisione di alcuni termini tecnici
quali, ad esempio, timbro, scala, armonia, ecc., si preoccupa di fissare
un limite preciso alla contaminazione reciproca di questi due campi eterogenei:
"Colore e suono sono come due fiumi che nascono da un' unica montagna,
ma che scorrono in condizioni del tutto diverse, in due regioni che nulla
hanno di simile, cosicché nessun tratto dei due corsi può
essere confrontato con l'altro."
*********
Kandinskij ha intitolato una sua opera Il suono giallo. Uno dei suoi obiettivi era riconoscere in ogni cosa l'interiorità, l'essere. Tuttavia, si lamentava l'artista, "nella nostra epoca materialista, l'esteriorità ha preso il sopravvento. L'uomo non ama essere profondo, preferisce arrestarsi alla superficie che è meno faticosa". Noi però adesso sappiamo: di fronte a una distesa di papaveri, di girasoli, a un cielo azzurro, cerchiamo di vivere la magia di un mondo che abbiamo depredato anche della sua interiorità. In una indagine condotta negli Stati Uniti, è stato chiesto a circa tremila persone: "Per che cosa vivete?". Il 94 per cento ha risposto di stare semplicemente sopportando il presente nell'attesa dell'aldilà. Così come un fiore giallo, silenziosamente vibrante, potrebbe farci innamorare della vita, così è il giallo oro divino e pieno di salute di Angiolina a far perdere Emilio, ma nonostante tutto, a regalargli l'unico Carnevale in una vita fatta di Quaresima.
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