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Amy  March è probabilmente uno dei personaggi più odiati della letteratura, tanto da  venire molte considerata come la vera antagonista della storia.
		   Sicuramente  la descrizione che ne fa la Alcott nel primo libro (Piccole Donne Crescono, il  secondo romanzo in cui si assiste alla sua maturazione è, ingiustamente, ancora  poco letto e amato rispetto al primo) non è molto entusiasmante: sin dai primi  dialoghi viene descritta come una ragazzina frivola, capricciosa, petulante e viziata; se confrontata rispetto alla ribelle Jo, alla  saggia Meg o alla dolce profonda Beth, era inevitabile che il suo personaggio  non potesse reggere il paragone.
		   Mai le è stato perdonato di aver  bruciato i racconti della sorella maggiore, dopo che quest’ultima si era  rifiutata di portarla a teatro con lei;o di essere partita al suo posto per  l’Europa e l’aver alla fine sposato l’affascinante vicino di casa Laurie. 
		   Eppure, molti hanno cambiato idea  sulla più piccola delle March, dopo la visione del film; grazie  all’interpretazione di Florence Paugh (candidata agli Oscar come miglior attrice  non protagonista), il personaggio acquisisce uno spessore mai visto precedentemente.
Il film di Greta Gerwig (uscito il 9  Gennaio 2020 e restato in programmazione per più di un mese) porta  il romanzo al cinema, come mai era stato  fatto finora: decide di raccontare percorsi di vita. 
           Ormai cresciute, separate l’una  dall’altra; sentendosi smarrite in questa condizione nuova, la loro memoria  vaga ai giorni della loro infanzia, ed ecco che il film diventa un continuo  alternarsi tra i ricordi del passato e quelli del presente, trovano sempre un  pretesto per ritornare ai giorni dell’infanzia, quando tutto era più semplice e  le difficoltà sembravano lontane. 
           I flashback ci mostrano il forte  legame che unisce le sorelle, tra lavoro e litigi, la loro costante volontà di  migliorarsi,  piccole avventure  domestiche (come la preparazione di spettacoli teatrali messi in scena nel  salotto di casa) e nuovi incontri, in particolar modo quello con il vicino di  casa Laurie (Timothèè Chalament).
         Ed è proprio lo scontro tra passato  e presente la vera chiave della riuscita del film; se le altre trasportazioni  si limitavano ad accennare la loro vita da adulte (raccontata nella seconda  parte del romanzo), in questa pellicola assume un ruolo centrale. Dopo  un’infanzia spensierata si ritrovano ad interrogarsi sul valore dell’amore,  della vita, del denaro, dell’indipendenza e della libertà, e su cosa vuol dire essere donna.
Se Meg e Beth sono sempre passate in  secondo piano (anche nel film, i loro personaggi non hanno lo spessore che  meriterebbero), il pubblico si è da sempre ritrovato ad amare e identificarsi  nelle ambizioni di Jo, e a odiare i comportamenti da bambina di Amy.
  Il loro è il legame più particolare tra quello  che lega tutte le sorelle, caratterizzato da malintesi e piccole invidie; ognuna  delle due si è sempre sentita inferiore all’altra, ma è ironico notare come  sono le sorelle che più si assomigliano: ambiziose, entrambe disposte ad  allontanarsi dal nido familiare per seguire i loro sogni, volitive e  passionali, ed è proprio per questo che non possono fare a meno di scontrarsi e  ammirarsi l’un l’altra.
  Sin dalla pubblicazione del libro,  Jo è stata presentata come un personaggio rivoluzionario, un modello per  tutte le ragazze che sognano oltre i confini  di un destino familiare ristretto, ma questa descrizione non è valida per  un’unica sorella March.
  Jo  affascina e continuerà ad affascinare per il suo coraggio, per il suo carattere  sincero, per il talento e per la sua audacia; è il prototipo della nuova eroina  capace di sfidare le convenzioni sociali, capace di attirare l’attenzione di  tutti per la propria indipendenza senza che lo desideri.
  
  Al  tempo stesso, questo tipo di narrazioni hanno avuto la colpa di conferire un’aura molto meno luminosa alle altre  tipologie di  personaggi femminili. La  stessa Amy è un personaggio innovativo, eppure questo non viene mai notato,  perché lei stessa preferisce agire in un modo più sottile, ma non per questo  meno efficace.
Nonostante  le modeste condizioni in cui cresce, Amy è stata sin da piccola predisposta  all’arte e al bello, riuscirà a partire per l’Europa in modo da poter  migliorare le proprie capacità, confrontarsi con il patrimonio che il Vecchio  Continente ha da offrire e vedere il mondo, conscia di non essere un genio, ma  determinata a migliore le sue abilità. Sognatrice e pragmatica, sa che le possibilità delle donne dell’epoca  sono limitate, soprattutto per ragazze di umile provenienza, e che, come le  ricorda costantemente Zia March, spetta a lei il compito di risollevare la  condizione economica in cui vive la famiglia - dopo che Mag si è sposata con il  povero John Brooke, dopo la  malattia di Beth e il rifiuto di Jo di sposarsi. Per questo motivo decide di  accettare le avances di Fred Vaughn, un ricco  amico  di Laurie, nonostante per lui non provi nient’altro che stima.
           Il  film chiarisce ancora di più i motivi che la spingono a questo gesto; ad Amy,  infatti, spetta un emozionante monologo in cui spiega a Laurie (e a noi  spettatori) che l’amore non è sempre romantico e che il matrimonio non può non  essere una questione economica:
Io non sono un poeta, sono solo una donna . E in quanto donna, non posso guadagnarmi i miei soldi da sola. Non abbastanza per mantenermi da vivere o per sfamare la mia famiglia, e se avessi soldi miei, cosa che non ho, quei soldi apparterrebbero a mio marito nel momento in cui ci sposassimo. E se avessimo figli, sarebbero i suoi, non i miei. Sarebbero di sua proprietà, quindi non startene lì a dirmi che il matrimonio non è una questione economica, perché lo è. Potrebbe non essere per te, ma sicuramente lo è per me.
Queste battute mostrano l’essenza stessa della storia: quella di quattro giovani donne cresciute nella seconda metà dell’800, che lottano per i loro sogni e le loro passioni, ma in un’epoca che non è ancora pronta a questo: in quel periodo alle donne non era concesso possedere e guadagnare denaro, così come non potevano avere interessi che non riguardassero il matrimonio e la cura della casa.
Altro  grande merito del film è quello di aver dato finalmente spazio a una delle  storie d’amore più sottovalutate di tutti i tempi, quella di Amy e Laurie.
           Nel  film si intuisce un’infatuazione da parte di Amy sin dalla loro conoscenza; in  una delle prime scene dirà “E’così romantico”; e in effetti Timothée Chalamet  incarna un Laurie diverso, non più solo  un compagno di giochi spensierato prima, e  innamorato rifiutato poi; aiutato dai suoi lineamenti aristocratici, l’attore  riesce a conferire al personaggio un fascino “dandy”, passionale e tormentato,  dandogli una personalità molto più sentimentale, se confrontata alle precedenti  versioni.
           Il  loro legame inizia a cambiare durante il  soggiorno in Europa, dove Laurie la raggiunge in seguito al rifiuto di  Jo; distrutto e in balia di sé stesso, si rifugia nell’alcool e in compagnie poco  raccomandabili, eppure in Amy troverà l’unica persona  pronta a confortarlo e disapprovare i suoi  comportamenti sconsiderati.
 A dispetto di tutte le altre versioni, si  assiste alla crescita del loro rapporto, fatto di ammirazione, ma anche  di amicizia e complicità. Vediamo un Laurie che mette tutto in discussione,  confuso e geloso, ma che alla fine si arrende e confessa il suo amore.  Inaspettatamente Amy lo rifiuta, gli urla addosso tutta la tristezza degli anni  in cui ha cercato di reprimere i suoi sentimenti, dato che lui non aveva occhi  che per sua sorella, e  infine desiderare  il suo affetto dopo la disperazione provocata dalla morte di Beth, evento che  la scuoterà e le farà comprendere che la vita è troppo preziosa e fragile per  reprimere le proprie emozioni.
  Qualcosa  di nuovo emerge nella pellicola, in cui finalmente Amy diventa una figura dallo  spessore forte tanto quanto Jo, riuscendo a incarnare tutti gli stereotipi  femminili - essere bella, leggera, amante del lusso - ma al tempo stesso li  contrasta tutti. 
Amy March è un personaggio di un romanzo scritto nel 1868, che da bambina viziata e superficiale, capace di bruciare il manoscritto della sorella, diventa una giovane donna, colta, intelligente, perfettamente in grado di partecipare al gioco di convenzioni e apparenze imposto dalla società dell’epoca, senza mai perdere i propri valori; di amare profondamente in segreto per anni, ma disposta a sposarsi per denaro in modo da poter garantire a lei e alla sua famiglia il benessere a lungo desiderato; scegliendo, infine, di ascoltare il cuore: proprio come un’eroina romantica.

Tiara Operno è nata a Caserta e studia Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Salerno. Le piace viaggiare in modo da poter scoprire sempre cose nuove. Grande appassionata di arte in tutte le sue forme, in particolar modo letteratura, cinema, pittura e fotografia. Con la scrittura spera di poter condividere le sue passioni.
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