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"Cosi parlò Zarathustra" e il principe euclideo

di Marzia Samini

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E solo dove sono sepolcri sono anche resurrezioni

Per spiegare Così parlò Zarathustra non basterebbe una vita, la stessa che ha impiegato Nietzsche per scriverlo; culmine della sua carriera filosofica (e anche letteraria), l'opera raccoglie, attraverso una forma stilistica che ha molto a che fare con quella evangelica, tutto il pensiero dell'autore, arrivato ormai alla maturità. Destinata ai pochi, l'opera verrà apprezzata, compresa e acclamata solo dai posteri, solo dopo la pazzia e la morte dell’autore, solo dopo, come tutta la sua filosofia, solo dopo... come sempre.

Disprezzato, emarginato, solitario fino alla follia, Nietzsche riversa nel personaggio di Zarathustra tutta la sua solitudine e l’insegnamento che da essa ne deriva: il migliore tra tutti.

Dove finisce la solitudine,  là comincia il mercato; e dove comincia il mercato, là comincia anche il Chiasso dei grandi commedianti  e il ronzio delle mosche velenose.

Zarathustra fu un filosofo persiano che visse intorno al 300 avanti Cristo e che divise, forse per la prima volta, in modo netto il bene dal male; ed ecco che già dal titolo Nietzsche vuole indicare l'ironia del paradosso, l'assurdo che beffardo si prende gioco della ragione... Zarathustra rappresenta tutto quello che fin dal principio Nietzsche tentò di smentire fino alla distruzione. Infatti se noi facessimo qualche passo indietro ci accorgeremmo facilmente che le ultime due opere apparse prima del Così parlò Zarathustra portano dei titoli inequivocabili che non lasciano spazio al fraintendimento ma solo alla critica: Genealogia della morale e Al di là del bene e del male. Ed è proprio in quest’ultimo titolo che riconosciamo il grande paradosso nel portare Zarathustra come il personaggio protagonista dell'opera più importante dell'autore.

Difatti il titolo già di per sé esplicativo indica il superamento, che il filosofo auspica, sprona e divora, della morale, una morale ormai vecchia, falsa, composta da pregiudizi più che da valori, un muro pieno di crepe che però si ostina a mostrare il suo miglior sorriso. Ma per Nietzsche non esiste bene e non esiste male, giusto o sbagliato, perché ogni cosa pattina e scivola sul rasoio della relatività, tutto smette di essere oggettivo per diventare qualcosa di assolutamente e deliziosamente soggettivo, il fenomeno di matrice kantiana trionfa e spezza il noumeno, l’apparenza taciturna soffoca l’essenza svelandone con orrore la sua Assenza, poiché per Nietzsche la più grande e universale verità è che la verità non esiste. La verità muore, perisce nel momento in cui viene smascherata, un crisi di valori umani che svelano il nulla oltre le facciate, le apparenze danzano sulle note di un walzer incuranti di quello che ci sarà dopo; ma Nietzsche lo sa cosa ci sarà dopo... il nulla.

Pensiero tremendo che tormenta le sue notti e lo rende profeta e per questo condannato all'incomprensione, moderno Cassandra, Nietzsche sbandierava la fine prossima, la necessità di accettarla per creare un nuovo inizio, per ripartire. Urlante e disperato professava la morte di Dio, 'Dio è morto' urlavano i suoi scritti e intanto il mandorlo allontanava, 'deve essere pazzo' dicevano, eppure per Nietzsche Dio era morto, insieme a tutte le verità assolute, insieme all’oggettivo e all’universale, insieme alla legge che condanna senza motivo, la morale seppellita dalla schiavitù perché schiavi sono coloro che seguono la morale, condannati alle catene di un'illusione, condannati a seguire criteri creati dai potenti per loro, schiavi come pecore guidate dal lupo.

Se ci fossero dei, come potrei sopportare di non essere un dio? Dunque non ci sono dei.

E allora chi è veramente Zarathustra? Per Nietzsche Zarathustra è l'oltre-uomo, colui che riesce ad accettare e portare su di sé la morte di Dio e da questa ripartire, creando sempre nuovi valori mai indistruttibili ma sempre vulnerabili e per questo mai limiti ma solo traguardi da superare. Un uomo mosso dalla volontà di potenza, cioè la volontà creatrice, che risponde solo a se stessa e ci rende liberi da quello che Nietzsche chiama l’eterno ritorno; poiché per l’autore la vita che noi viviamo siamo costretti a viverla eternamente, ogni volta che moriamo rinasceremo per essere sempre noi stessi e vivere sempre noi stessi ed è per questo motivo che dobbiamo sforzarci di vivere la migliore delle vite, vale a dire di liberarci da illusioni che sono catene e finalmente vivere ancora e ancora e sempre. Tutto si riduce a questo; essere noi stessi senza più nasconderci. E allora Zarathustra diventa il principe euclideo che accetta il cambiare del fiume come di sé stesso, accetta il superamento di se stesso come del mondo in cui vive, accetta e crea e creando supera, eternamente oltre.

 

Marzia Samini (21/05/1992) ha studiato presso il liceo umanistico Vittoria Colonna per poi prendere la facoltà di Lettere all'università Roma Tre. Si è laureata con una tesi su Musil e la sua opera I turbamenti del giovane Torless e qui continua il suo percorso universitario e letterario.

 





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