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Amina. Divine creature
Una lettura girardiana del tema dell'attesa nel romanzo di Naghib Mafuz, Tra i due palazzi

di Rosario Frasca

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Ciò che il tuo occhio al risveglio vedrà il tuo vero amore diventerà.

(Shakespeare - Sogno di una notte di mezza estate)

 

Nei giorni in cui le mie ossa si sforzavano per farmi raggiungere un'altezza da adulto, uno dei crucci che occupava quasi quotidianamente i miei confusi pensieri da ragazzo incompiuto, era fisso sul come e sul quando mi sarei potuto sposare se non conoscevo neanche una rappresentante di quella strana categoria di esseri che indossavano gonne anzichè i pantaloni; creature la cui voce sibillina s'inerpicava ammaliante e suadente su frequenze acute, irresistibili per qualunque Odisseo in ascolto; soggetti che potevano farsi crescere i capelli lunghissimi a avvolgenti velanti e svelanti carni inesplorate, magiche forme, misteri inaccessibili; mistertiose creature sul cui fondo schiena protuberavano masse naticali formose e oscillanti, come Pendolo di Foucault dal moto perpetuo: la loro danza roteante mi ipnotizzava fin dal primo movimento della sinfonia, annotato con un cullante "Maestoso con moto"; e altre, più alte protuberanze facevano da contrappunto: coppie di coppe sobbalzanti che, come maschere di bombe innescate e tremolanti, danzavano al ritmo del mio respiro ansimante e mi custodivano gelosamente cullandomi in un mondo di sogni inconfessabili.

Ah la femmina! Le femmine erano per me creature sconosciute e affascinanti, misteriose e attraenti. Quelle splendide e sconosciute creature alimentavano generosamente il mio desiderio d'essere uomo, tutto e subito; senza attendere la maturazione adultera. Amavo le donne; le amo ancora, tuttora, allora e per sempre.

Alcune di queste creature le ho conosciute leggendo miti, romanzi e racconti, libri di storia e storie di commedie, drammi, tragedie, poesie, canzoni, ecc. Le donne sono creature fantastiche che si aggirano nel mondo generando amore e odio, amicizie e rivalità, benevolenze e ostracismi; condiscendenze e repulsioni; io sono rimasto affascinato e affezionato ad alcune di queste eroine romanzate; una è Amina, la giovane sposa del sayyed Ahmad.

Dal romanzo "Tra i due palazzi”, il primo della trilogia del Cairo, di Naghib Mafuz, Nobel 1988, ho estrapolato alcuni brani significativi che riguardano Amina; il primo, "Il sacrificio, un diritto accordato da Dio", è stato bloggato qualche tempo fa; il secondo, "Che Dio lo protegga" è il brano che segue: una meticolosa e cadenzata descrizione di uno dei momenti più solitari e riflessivi di Amina; una descrizione in cui compaiono alcune figure retoriche che riconducono alle dinamiche trascendenti tipiche del desiderio mimetico triangolare di René Girard.

Il brano descrive i momenti di solitudine vissuti da Amina che attende il rientro del suo sposo, il sayyed Ahmad, uscito per passare una delle sue abituali serate di bisboccia con gli amici. La donna gira per la casa vuota, immersa nei suoi pensieri, presa dai suoi timori, inquieta per i suoi turbamenti ma, ciò nonostante, fiduciosa nel rientro pacificatore del suo sayyed a cui è profondamente devota.

Nella minuziosa descrizione di pensieri e azioni, nel vuoto ambientale che riflette il suo vuoto interiore, compaiono presenze misteriose che Amina cerca di stanare e con cui a volte dialoga e scherza. Gli spiriti e i fantasmi percepiti da Amina, sono personaggi immaginari di un mondo magico-religioso; figure retoriche che, nel contesto del desiderio triangolare girardiano, costituiscono la maschera perfetta dell’interazione mimetica (*). 

Amina, nei suoi pensieri ripercorre il quarto di secolo coniugale vissuto in compagnia di questi spiriti e fantasmi che, dopo i primi timori e turbamenti, con il passar del tempo diventano personaggi domestici ai quali si affeziona e con cui scherza e dialoga. In questa progressione narrativa sul valore affettivo di queste figure magico-religiose, è impressa la dinamica di un concetto fondamentale del desiderio mimetico girardiano: la memoria affettiva (*).

Insieme a queste presenze immaginarie, nella lettura, esce dalle righe del romanzo un personaggio monumentale che, come uno scoglio, emerge a tratti, immobile e imperturbabile, dalle acque fluttuanti delle agitazioni di Amina: il sayyed Ahmad; divinizzato, senza reticenze, dalla profonda devozione della sposa che lo aspetta, trepida e fiduciosa, per ancorarsi e abbandonarsi totalmente a quella presenza inamovibile, per ritrovare quella pace che solo lui può darle.

 

 Che Dio lo protegga!

 

undefinedDì: egli, Dio, è uno,
Dio l’eterno.
Egli non ha generato, né è stato generato,
E non vi è alcuno uguale a lui
(Corano, CXII)

 

In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. (Gen 1, 1-2)

 

Le tenebre, gli spiriti e i fantasmi

All’epoca del suo matrimonio era una fanciulla di quattordici anni. Ma, in seguito alla morte dei suoceri si era trovata presto padrona di quella grande abitazione, aiutata allora nel suo compito solo da una donna anziana che la lasciava, al cadere della notte, per andare a dormire nel locale antistante il forno, all’altro capo del cortile, abbandonandola al mondo delle tenebre popolato di spiriti e fantasmi. Talvolta si assopiva, talvolta non riusciva a dormire finché non riappariva il suo rispettabile marito reduce da una delle interminabili uscite.

Per rassicurarsi, aveva preso l’abitudine di fare un giro completo delle stanze in compagnia della serva, brandendo la lampada davanti a sé, ispezionando ogni angolo con occhio scrutatore ma timoroso. Poi chiudeva con cura le porte una dopo l’altra, partendo dal pianterreno e terminando in alto, recitando le sure del Corano che sapeva a memoria per allontanare i demoni. Dopo di che si ritirava nella sua camera, chiudeva la porta e scivolava al letto, continuando la sua recitazione finché non veniva vinta dal sonno.

Poi vennero i figli, uno dopo l’altro; ma, all’inizio della loro vita, tenerelli nella carne, come avrebbero potuto dissiparle le paure e darle un senso di sicurezza? Al contrario, nell’animo turbato, le cresceva il timore per l’apprensione stessa che provava per loro e per l’angoscia che un qualche pericolo potesse colpirli. Ma non conosceva pace vera né era in grado di assaporarla finché l’assente non ritornava dalla sua veglia.

Comunque, a forza di convivere con gli spiriti, con il passar del tempo si era sensibilmente liberata dai suoi timori e quasi abituata ai loro scherzi che non le avevano mai provocato alcun danno, al punto che, se il rumore di un fantasma errante giungeva alle sue orecchie, gridava, con un certo tono audace: “Non rispetti le creature del Misericordioso? Allah è fra noi, quindi allontanati, sloggia!”. Tuttavia non era mai completamente tranquilla prima del ritorno dell'assente. Si... che le porte fossero aperte o chiuse, la lampada accesa o spenta, era lui solo che, con la sua presenza in casa, sveglio o addormentato che fosse, le infondeva la pace.

Nel loro primo anno di vita in comune, le era venuta una volta l'idea di sollevare una specie di delicata obiezione alle sue continue veglie fuori casa. Ed egli non aveva fatto altro che afferrarla per le orecchie e dirle con voce forte e tono deciso:
- sono un uomo, sono io solo che comando. Non ammetto nessuna osservazione sulla mia condotta. Il tuo unico dovere è di obbedire. Fa bene attenzione a non indurmi a corregerti! -.
Questa lezione e altre che seguirono le avevano insegnato che poteva fare tutto, all'occorrenza perfino frequentare i demoni, tranne provocare la sua collera. Doveva attenersi ad una rigorosa obbedienza, ed ella obbedì, pagando con l'annientamento della propria persona, al punto che presto biasimare le uscite del marito le ripugnò, foss'anche nell'intimo del cuore.
Ed ella si convinse vieppiù che attributi inscindibili di un'unica, medesima essenza fossero la virilità degna di questo nome, il dispotismo, nonché le stesse scappate notturne fin oltre la mezzanotte. Poi col passare dei giorni si trasformò, giungendo ad essere fiera delle gesta di lui che fossero per lei fonte di gioia oppure tristezza; bene o male continuò ad essere la sposa amante, obbediente e sottomessa. Non un solo giorno aveva deplorato la sottomissione e il benessere di cui si era sempre accontentata.

Ogni volta che lo desiderava, rievocava tutti i ricordi della sua vita: che le apparivano nel segno del bene e dell'allegria, mentre ai timori e alla tristezza ripensava come a forme vuote meritevoli soltanto di un sorriso di compassione. Non aveva forse vissuto, per un quarto di secolo, insieme a quel marito, pur con tutti i difetti di lui, raccogliendo l'intero frutto di quella convivenza a cominciare dai figli, che erano la sua consolazione, dalla casa colma di bene e di benedizioni e dalla vita feconda e felice? Certo.
Quanto alla familiarità con i demoni, ne usciva, notte dopo notte, sana e salva; nessuno di loro aveva mai nutrito nei confronti suoi e di qualche figlio appetiti funesti, ma le si relazionavano solo con burle e scherzi. Non vi era dunque motivo di lamentarsi; al contrario, bisognava rendere grazie a Dio il cui verbo aveva pacificato il suo cuore e la cui misericordia aveva dato un filo conduttore alla sua vita.

E quelle ore di attesa, che pur le facevano sciupare tutta la dolcezza del sonno e che esigevano da lei totale disponibilità, ella aveva finito per amarle dal profondo del cuore, al punto tale che le trovava degne di segnare la fine della giornata essendosi esse fuse, oltre tutto, con molti dei suoi più dolci ricordi; quelle ore che erano state e continuavano ad essere il simbolo vivente dell’affetto che provava per il suo sposo, della sua dedizione a renderlo felice, del suo sforzo per manifestarglieli, notte dopo notte.

Si sentì pertanto pienamente soddisfatta mentre, in piedi nella mashrabiyya, undefinedcominciava a far vagare lo sguardo attraverso la griglia, dal lato della fontana di Bain el-Qasrain, o verso il vicolo di el-Khoronfish, verso il portone del “bagno” del sultano, o ancora in direzione dei minareti, quando non lo lasciava invece vagabondare fra i palazzi ammucchiati alla rinfusa sui due lati della carreggiata, simili a un battaglione di soldati in un momento di pausa dal rigore della disciplina. Sorrise allo spettacolo, caro ai suoi occhi, di quella via che restava sveglia fino ai primi bagliori dell’alba mentre strade, vicoli ciechi e viuzze erano immersi nel sonno. Quale distrazione aveva trovato per la sua insonnia, quale conforto alla sua solitudine, quanto aiuto nel liberarsi dai suoi timori, grazie a quella via di cui la notte cambiava il volto riducendola ad un silenzio profondo ed inventando per i suoi clamori uno spazio dove potessero elevarsi e chiarirsi.

Uno spazio simile al colore nero che, occupando i quattro angoli della cornice, dà al disegno tutto il suo rilievo e la sua luminosità. Per questo se una risata vi risuonava, sembrava venire dalla sua camera, se si sentivano espressioni comuni, ella le distingueva parola per parola; se una tosse roca si alzava, di essa le giungeva fino all’ultimo soffio, simile a un gemito; se la voce del cameriere gridava: “Una ta’mira”, in modo simile al richiamo del muezzin, lei diceva a se stessa, piena di gioia: “Siano benedette queste persone, ancora a quest’ora chiedono dell’altra ta’mira!”. Tutto questo piccolo mondo la portava a pensare al suo sposo assente e si chiedeva: “Chissà dove sarà in questo momento il mio signore? Cosa farà? Qualunque cosa faccia, che Dio lo protegga!”.

Commento

"Insciallah" - L'attesa e l'annuncio

Il mondo magico-religioso, evocato da Girard nella sua analisi del Sogno di una notte di mezza estate, suggerisce il tema dell'annuncio quale metafora comparativa, per indirizzare e orientare l'interpretazione e l'analisi del brano di Mafuz e dare senso compiuto ai pensieri, parole e azioni di Amina. A noi occidentali, la lettura concentrata ed esclusiva, ci porta a considerare che il pensare e l'agire di Amina rappresentano un mondo a noi estraneo e forse incomprensibile, perchè lontano dal nostro vivere quotidiano; ciò, limiterebbe l'attualizzazione della narrazione, vanificando l'intrinseco valore letterario del romanzo. Inserendo il tema trascendente dell'annuncio, il tutto può essere, invece, comparato su valori comuni e condivisi che appartengono all'ambito antropologico.

Tornando al tema dell'annuncio, le situazioni di Amina, giovane sposa del sayyed Ahmad, e di Maria, giovane sposa di Giuseppe, sono simili nelle loro solitudini esistenziali. Quando l'Angelus domini compare davanti a Maria, noi lettori, possiamo immaginare una vergine timorosa e inquieta, immersa nell'anzia di conoscere l'uomo e il suo destino. Nell'inquietudine, Maria trova la forza di rispondere con le salvifiche parole: "Ecce Ancilla Domini. Fiat mihi secundum Verbum tuum." Parole che la collocano in una situazione di fiducioso abbandono alla volontà di Dio, che ben si accosta al islamico "Insciallah".

La giovane Amina attende il suo Sayyed, così come la Maria attende Il suo Uomo: la similitudine non si ferma alla sola corrispondenza delle parole Sayyed e Signore ma va cercata anche nelle due situazioni inquiete in cui son calate le due trepidanti spose: l'attesa di conoscere il proprio destino le accomuna in quel sentimento di timore e tremore che entrambe provano nell'intimo delle loro personalità. 

Alla luce del tema dell'annuncio, secondo le dinamiche del desiderio mimetico girardiano i tre vertici del triangolo mimetico sono:

  1. Il soggetto - la donna
  2. Il mediatore - l'uomo
  3. Oggetto del desiderio - la pace interiore

 

I tre momenti scanditi dalla preghiera cristianaundefined dell'Angelus, corrispondono all'espressione araba "Insciallah": entrambi riassumono la totale sottomissione a Dio.

℣. Angelus Domini nuntiavit Mariæ,
℟. Et concepit de Spiritu Sancto.

℣. "Ecce Ancilla Domini."
℟. "Fiat mihi secundum Verbum tuum."

℣. Et Verbum caro factum est.
℟. Et habitavit in nobis.

Trasposto cristianamente, il triangolo mimetico cambia nei nomi ma le dinamiche restano invariate, sono le stesse dinamiche dell'Insciallah arabo.

Il soggetto - Maria - Amina
Il mediatore - Il Signore - il Sayyed
L'oggetto del desiderio - la pace interiore

Affidarsi alla volontà di Dio in ogni momento e circostanza della vita manifesta, in modo esemplare, l'atteggiamento fedele di Amina verso il suo Sayyed ovvero, tradotto in termini religiosi, l'atteggiamento di ogni "fedele" verso Dio.

 

Riferimenti girardiani

Demoni, spiriti e fantasmi

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Scrive René Girard in Menzogna Romantica e Verità Romanzesca, nel capitolo gli uomini saranno dei: "La divinità del mediatore è nel cuore del genio romanzesco; deve quindi risaltare nel momento preciso in cui trionfa l'arte del romanzo.” Ebbene, la metafora è uno dei modelli dove l'arte del romanzo trionfa, implicando nella narrazione, altre realtà, altri mondi, altri personaggi, altri significati che sostengono la storia oltre il contesto narrativo, oltre il tempo in cui si svolge, si avvera e si realizza storia.

Il sayyed, la vecchia serva, i demoni scherzosi, gli spiriti, i fantasmi, le voci della strada,.. tutto il piccolo mondo notturno di Amina è popolato da “altri" personaggi, “altri" significati, che sostengono la narrazione oltre il tempo in cui si svolge, si avvera e si realizza l'attesa dell’assente: “oggetto" divinizzato del suo desiderio di pace. L’autore esalta in questo modo la divinità del mediatore; il Sayyed Ahmad, emerge imponente nei pensieri della sposa, che l’attende inquieta, per ritornare alla quella pace che è stata compromessa dai vari demoni, spiritelli e fantasmi, ecc… tutto quel mondo magico-religioso a cui Girard riconduce "la maschera più diffusa e perfetta dell’interazione mimetica, la maschera originaria, la nostra stessa cultura.

La maschera mimetica

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Sogno di una notte di mezza estate è un’opera mimetica di un genere più complesso di quelle che la precedono. Invece di un unico rapporto, abbiamo un aggrovigliarsi di interazioni mimetiche, una lunga escalation di rivalità che giungono a un tale grado di ferocia da sfociare nel caos più violento. Appena toccato il fondo, tuttavia, l’intera struttura subito inizia a risalire verso la luce, lasciando intravedere una conclusione felice.
...

Shakespeare fa del sogno di una notte di mezza estate uno strumento critico estremamente potente che ci consente di interpretare i trucchi drammatici della commedia stessa come morfogenesi del mito. Man mano che aumenta nel corso della notte, l’isterismo produce delle allucinazioni mostruose, che culminano nell’apparizione di fate ed elfi, sia tra gli artigiani mentre ripetono il loro spettacolo mimetico sia tra gli innamorati mentre a loro volta ripetono l’elenco dei torti (non meno mimetici) subiti, accusandosi vicendevolmente.
...

La mia tesi complessiva riguardo a questa commedia straordinaria, consiste nel sostenere che si tratta di un’opera in cui la focalizzazione shakespeariana sul desiderio mimetico si allarga in una visione antropologica complessiva. Il magico-religioso costituisce la maschera più diffusa e perfetta dell’interazione mimetica, la maschera originaria, la nostra stessa cultura. Nel Sogno di una notte di mezza estate questa maschera è stata gettata via: la lettura di questa commedia dovrebbe essere d’obbligo per tutti gli antropologi moderni.

(René Girard - Shakespeare, il teatro dellìinvidia)

La memoria affettiva

Non ti racconterò nulla di nuovo:

intendo ridestare i tuoi ricordi

per far emergere qualche pensiero che ti colpisca;

così migliorerai la tua vita.

(S. Josemaria Escrivà - Cammino)

 

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L'immagine rispecchia il sacro come un'eco rimanda il suono al luogo d'origine. Non è un gioco gratuito. Esso non distrugge il realismo del desiderio, lo porta a perfetto compimento. Tutto, infatti, è falso nel desiderio, tutto è teatrale e artificiale salvo l'immensa fame di sacro. Ed è questa fame che trasforma gli elementi di una misera e positiva esistenza non appena abbia scoperto il suono di Dio e riesca a rigettare [sul mediatore], l'onnipotenza divina il cui fardello la schiaccia.
...

La memoria affettiva ritrova lo slancio verso il sacro e tale slancio è puro godimento poiché non è più infranto dal mediatore. La memoria dissocia gli elementi contraddittori del desiderio. Il sacro emana il suo profumo mentre l'intelligenza attenta e staccata può ora riconoscere l'ostacolo nel quale urtava; comprende la funzione del mediatore e ci svela il meccanismo infernale del desiderio.

(René Girard - "Menzogna romantica e verità romanzesca").

 

Inshallah

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Inshallah. Nell'Islam, l'espressione in šāʾ Allāh [in arabo إِنْ شَاءَ ٱللَّٰهُ], ovvero 'Se Dio vuole', manifesta la speranza di un credente affinché un evento possa accadere in avvenire. Dal connotato palesemente religioso, questa può significare anche 'sia fatta la volontà di Dio'.

Seppure a un mero livello letterale questa non ha connotazioni islamiche, di fatto la locuzione deriva del Corano, il quale alla sūra Al-Kahf ('La caverna') recita:

«Non dire mai di nessuna cosa: “Sicuramente domani farò questo”, senza dire: “se Allah vuole”. Ricordati del tuo Signore quando avrai dimenticato di dirlo e di': “Spero che il mio Signore mi guidi su una direzione ancora migliore”.»
(XVIII, 23-24 [3])

Tipica dell'Islam, dunque, riassume in sé stessa la fede musulmana quale 'totale sottomissione dell'uomo a Dio': l'affidarsi alla sua volontà in ogni momento e circostanza della vita manifesta, in modo esemplare, l'atteggiamento del fedele di Allah.

(Wikipedia)

 

Rosario Frasca (Pozzallo, Ragusa, 18/12/1951) si trasferisce a Roma nel 1957. Compiuti gli studi tecnici, nel 1971 lavora presso un ente ministeriale dello spettacolo; nel 1972 all'INAIL di Torino e nel 1974 alla Direzione Generale di Roma. Dal 2012 è in pensione e ritorna a frequentare teatro e teatanti; e a coltivare le passioni giovanili per arte, musica, cinema e letteratura. Collabora con articoli, recensioni e discussioni nel sito di Letteratour, applicando le dinamiche del "desidero mimetico" di René Girard.

     

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