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Abbiamo perso di vista l’importanza della cultura latina, alla base della nostra tradizione, e per questo sentiamo il bisogno di riappropriarci della bellezza dei nostri padri.
Ecco un breve saggio sulla figura di Virgilio, poeta latino vissuto nell’età augustea e autore dell’Eneide.
Publio Virgilio Marone nacque a metà ottobre del 70 a.C. a Mantova, precisamente ad Andes, da una famiglia di medi proprietari terrieri, origini alle quali si sentirà sempre legato.
Dalle notizie biografie apprendiamo che completò gli studi a Milano, ma che in seguito si spostò verso Napoli, terra che accoglie le sue spoglie, per frequentare il circolo epicureo di Sirone. La vicinanza alla filosofia epicurea lo mise in contatto con altri intellettuali del tempo, come Quintilio, Vario Rufo e forse Orazio.
Virgilio è una delle massime voci di un periodo fortemente roseo per la storia di Roma, che ricordiamo essere il periodo augusteo. Riserviamo un cenno storico per inquadrare il profilo letterario di Virgilio e la sua produzione scritta. Dopo l’uccisione di Cesare (44 a.C.), la situazione politica non si risanò subito, anzi iniziò una nuova stagione di scontri, i cui protagonisti furono Marco Antonio – erede di Cesare – e Ottaviano, figlio adottivo del tiranno. Dopo un primo periodo di crisi, i due formarono insieme a Lepido il secondo triumvirato con l’annessa divisione dei territori romani. Più tardi, dopo la battaglia di Filippi del 42 a.C., in cui Antonio e Ottaviano sbaragliarono Bruto e Cassio, si riaccese il contrasto tra i contendenti. Ottaviano si considerava un precursore della giustizia, di altra idea Antonio, il quale deteneva il portamento da sovrano presso Alessandria D’Egitto. Nel 31 a.C. ad Azio, con un ultimo scontro, Antonio uscì dalla scena politica, suicidandosi, mentre Ottaviano venne incoronato “Augusto” nel 27 a.C. dal Senato. Il periodo della reggenza di Augusto fu lungo e considerato positivamente nella storia, poiché diede vita a una politica conosciuta come “pax augustea”, di pace dello stato, di cui Augusto divenne il princeps, ovvero il primo del Senato, conservando le strutture esistenti e prestigiose con spirito di collaborazione. Spostando l’attenzione sulla letteratura latina, questo fu il periodo più produttivo e prospero per la scrittura, che superò quasi quella greca, ma da essa partendo come trampolino di lancio. È curioso soffermarsi sull’intenzione dei poeti latini di età augustea, al tempo sotto la protezione di Mecenate, di voler diffondere e migliorare la cultura latina, ispirandosi agli autorevoli greci per poi superarli. La storia e la memoria hanno dato ragione a loro, dato che ancora oggi l’Eneide di Virgilio è uno dei testi più amati e tradotti nel mondo. Il circolo di intellettuali formatosi intorno alla figura di Augusto fu di rilevante aiuto per la politica augustea, in quanto attraverso le opere riuscì a promuovere e diffondere il suo manifesto politico. Non si deve però forzare troppo il concetto di propaganda, dilagante nella maggior parte dei testi scolastici, perché si rischia di non riconoscere l’autonomia intellettuale dei poeti augustei, perfettamente o quasi in linea con la stessa politica del princeps.
Tra il 42 e il 39 a.C. Virgilio compone le Bucoliche, una raccolta di 10 componimenti, dal greco bukolos, cioè canti di pastori. A fare da sfondo è il tema del paesaggio rurale e mitico, di derivazione greca, già impiegato da Teocrito di Siracusa. Virgilio applica un oppositio in imitando, vale a dire l’adozione delle peculiarità del genere, ma dai contenuti differenti. Infatti i contenuti delle Bucoliche rispecchiano in gran parte la vita privata di Virgilio e le vicende dell’epoca. L’autore latino è solito rispettare un’architettura interna in tutte le sue opere, ed anche in questo caso ogni componimento ne richiama un altro, formando coppie di schema uguale. Tra le bucoliche più famose citiamo la prima, con i personaggi di Titiro e Melibeo, che narrano la vicenda delle espropriazioni di terreni per i veterani di guerra, fatto realmente accaduto dopo il 42 a.C, in cui venne colpito anche lo stesso Virgilio. Di pari importanza letteraria è la quarta, in cui si narra l’arrivo di un bambino che porterà l’età dell’oro, molto dibattuta nel Medioevo per la lettura allegorica che le venne attribuita, riconoscendo nel bambino Gesù.
Di simile stampo sono le Georgiche, una produzione distesa in 4 libri, e di ambito agricolo, con sfumature più tecniche. Il termine gheorgika indica i canti di argomento agricolo, trattati in forma didascalica. Ancora una volta la struttura dell’opera si rivela efficace per la comprensione, poiché ogni libro tratta un determinato tipo di lavoro, dal più leggero al più pesante: i primi due descrivono la natura inanimata (campi e alberi), mentre gli ultimi due la natura animata (bestiame e api). I libri sono, altresì, dotati di un proemio e digressioni finali. Nell’opera vi è un’esaltazione della fatica e del rapporto che si crea con la natura.
L’Eneide è tra le opere più famose e impegnative dell’intera letteratura latina, e la più riuscita di Virgilio, grazie alla quale sarà nominato da quel momento in poi l’Omero latino. L’intento del poeta supponiamo sia stato proprio quello, riproponendo un genere già presente nella cultura greca, ma ricco di originalità latina. A conferma di questa ipotesi usiamo le parole di G. Biagio Conte, autorevole esperto di letteratura latina: «Ma nel momento stesso in cui prendeva strada nella sua mente l’idea di comporre un poema epico, gli si doveva con gran forza porre il bisogno oggettivo di andare oltre quest’apparenza per rintracciare e reinventare un nuovo individuo letterario che pure conservasse con quelli (Iliade, Odissea, Argonautiche, Annales, Bellum Poenicum) una continuità sostanziale».
L’opera fu scritta fra il 29 e il 19 a.C., e di fatto rimasta incompiuta. Si suddivide in 12 libri, composti in esametri, alcuni dei quali interrotti nella compagine metrica, che chiamiamo tibicines. L’Eneide, come anticipato, si ispira alle opere omeriche, a tal punto da definirsi una continuazione delle vicende. L’opera virgiliana nasce sulle orme di Omero, presentando una metà odissiaca, che occupa i primi sei libri, e una metà iliadica negli ultimi sei libri. I protagonisti, invece, appaiono diversi: da una parte l’empio Ulisse di Omero, dall’altra il pius Enea di Virgilio. L’Eneide ripercorre le origini leggendarie di Roma, con lo scopo di esaltare la figura Augusto. Il princeps viene lodato attraverso i suoi antenati, e si crea così una prospettiva temporale che permette a Virgilio di celebrare la fondazione di Roma e di tessere i migliori omaggi al primo del Senato in maniera distaccata.
Virgilio muore a Brindisi nel 19 a.C., di ritorno da un viaggio in Grecia. Il sepolcro ubicato a Napoli, riporta la famosa iscrizione «Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc / Parthenope; cecini pascua, rura, duces», che racchiude in semplici parole tutta la vita del grande poeta latino.
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