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Passeggiando per Napoli

di Reno Bromuro

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1. DA SPACCANAPOLI A SAN PIETRO A MAIELLA

Autostrada del sole. Un uomo di mezza età, barba incolta, maglietta che una volta doveva essere stata di colore blu e pantaloncini di un colore indefinibile, con un pezzo di cartone su cui è scritto a caratteri, che denotano la mano di un conoscitore della grafica, ben visibili: Famme turnà a Napule, pe' piacere! (fammi ritornare a Napoli, per piacere) è fermo all'inizio delle scale che portano all'ingresso dell'Autogrill. Una donna, entrando nel locale, si ferma un attimo, poi entra. All'uscita dal bar fa lo stesso, ma subito si avvia all'automobile. Mette in moto. Ci ripensa, spegne il motore e, decisa va verso l'uomo.
- Ti porto a Napoli, ma ad un patto... - dice la donna, ma non riesce ad aggiungere altro che una scarica di parole la investe.
- C'aggia fa? Dimme che vuoi e j 'o faccio. 'Mpurtante è che arrivo a Napule, ca po' te faccio pur''o servo: te lavo 'a machina, te porto 'e bagagli...
- Calma. - L'interrompe la donna. - Devo rimanere a Napoli per una quindicina di giorni e vorrei mi facessi da cicerone...
- Ma tutto quello che vuo' - Dice e corre verso l'auto della signora, senza aggiungere altro.
Appena si immettono sulla carreggiata dell'autostrada, l'uomo dopo essersi accomodato bene sul sedile regolabile, chiude gli occhi e comincia a parlare, come se vedesse veramente, i luoghi di cui parlava.
- Sono vent'anni che manco da Napoli. Vent'anni che mi porto negli occhi le bellissime immagini del Presepe, nel convento dei Frati Minori (ex Monastero di Santa Chiara), uno dei più caratteristici del '700 napoletano, che eccelle in questo genere, le cui numerose statuine, compongono le più belle scene popolari di un vivace realismo; la Pudicizia, una statua incantevole, opera di Antonio Corradini scolpita nel 1751 in memoria di Cecilia Gaetani, madre di Raimondo di Sangro, completamente velata, eccetto alle mani e ai piedi. La bellissima cappella Sansevero, voluta da Francesco di Sangro come cappella sepolcrale della famiglia e il Cristo velato, scolpito dal Sammartino; sono solo due delle statue che fanno considerare la cappella stessa, un vero e proprio museo della scultura napoletana del Settecento.
Una cosa sconcertante è la sacrestia della cappella, che desta interesse per una coppia di corpi "mummificati". Il popolo racconta (Voce di popolo, verità di storia, dice un proverbio partenopeo) che, la visione delle interiora, dei nervi, delle arterie e delle fasce muscolari dei due corpi mummificati sia dovuta agli esperimenti di Raimondo Di Sangro, in collaborazione con Giuseppe Salerno: intervenivano direttamente quando il mummificando era ancora in vita. Ma, ripeto, è soltanto voce di popolo, ma nulla è certificato.
Si racconta che il medico palermitano Giuseppe Salerno, sia venuto dall'isola per aiutare il Di Sangro, e che collaborasse attivamente a quegli "scellerati esperimenti" del principe, però, a tutt'oggi, neanche con l'evoluzione della scienza si è riusciti a sapere come e con quale tecnica i due avessero potuto ottenere la pietrificazione. Una cosa è certa che il principe ha fatto la stessa fine delle sue cavie, per un errore di calcolo di tempo, dovuto al suo "servo padrone" Raimondo, che lo finisce con la sua stessa arma; e forse per questo il suo corpo mummificato (pietrificato è la parola esatta) è stato sistemato a pochi passi dalla tomba murale che conserva i due corpi, visibili al pubblico.
E il popolo, in effetti, sembra provarci gusto nel narrare ai visitatori gli esperimenti raccapriccianti dello scellerato principe di San Severo.
Il Largo Corpo di Napoli, il cui nome deriva da quella meravigliosa statua antica, che rappresenta il Nilo giacente. Alla sinistra c'è la cappella gentilizia dei Pignatelli, Santa Maria Assunta. Via San Biagio dei Librai, la lunga strada che sembra dividere in due la città, dalla collina su cui sorge Sant'Elmo, fino al quartiere dell'Annunziata: che chiamiamo, per questa sua caratteristica, Spaccanapoli.
Nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo, il Sepolcro Brancaccio eretto, a destra dell'altare maggiore, per accogliere le spoglie del Cardinale Riccardo Brancaccio è un'opera magnifica, scolpita a Pisa dal 1426 al 1428 da Donatello, in collaborazione con Michelozzo e Lapo Portigiani, e giunta a Napoli, via mare.
Palazzo Carafa della Spina, è stato edificato verso la fine del Cinquecento e rimaneggiato in forme barocche al principio del XVII secolo. Il portale è uno degli esempi più caratteristici del primo Settecento a Napoli. Più avanti, il portale maestoso, contrassegnato dal numero 121, è quello del Palazzo Sant'Angelo, fatto erigere da Diomede Carafa nel 1466, in forme miste di architettura catalana e fiorentina. La statua nella nicchia al centro dell'arcata superiore e i due busti laterali sono romani autentici. Al centro del cortile di questo palazzo c'era una bronzea Testa di cavallo rimossa nel 1809 è ora ospite del Museo Archeologico Nazionale. L'intaglio fine e altamente artistico della porta, per fortuna è ancora l'originale e speriamo che duri a lungo, perché è veramente un'alta opera d'arte.
All'incrocio con via del Duomo, girando a sinistra e ancora a sinistra, si giunge in via dei Tribunali,che presenta una ricca successione di chiese interessanti. Imboccandola, subito a destra, si vede la chiesa dei Gerolamini, altrimenti detta di San Filippo Neri. Vuoi entrare?
- Certo. - Risponde la donna, con un occhio alla strada e l'altro all'uomo. - Con piacere.
Ecco, l'affresco che si vede di fronte è opera di Luca Giordano e rappresenta la Cacciata dei profanatori dal Tempio. La chiesa, è a croce latina, ricchissima di decorazioni di marmi, di stucchi e pietre dure; nota com'è ricca di affreschi del Sei e Settecento, mentre il fastoso soffitto sulla navata mediana è del Seicento ed anche se ha subito gravi danni durante il bombardamento del 20 febbraio 1943, conserva ancora opere di inestimabile valore.
Seguimi. Ora siamo nell'ampio salone settecentesco, questa è la biblioteca costruita da Arcangelo Guglielmelli dal 1727 al 1736. Vedi quanto è bella? Contiene oltre 60.000 volumi, incunabili, manoscritti e legature preziose. Riempiti la mente, gli occhi e lo spirito perché queste opere sono il patrimonio più grande che l'Italia, il mondo direi, possiede: il Settecento napoletano è il secolo in cui l'arte ha avuto il suo massimo sviluppo e splendore, che tutti ci invidiano.
Ora siamo in piazza San Gaetano. La chiesa, preceduta dalla statua del Santo, è dedicata a San Paolo Maggiore, l'interno è ricco di stucchi, di ori e di belli arredi. Francesco Sòlimena la decorò di luminosi affreschi, uno dei quali, quello che si vede nella parete di fondo, rappresenta La caduta di Simon Mago ed è ritenuto il suo capolavoro. La chiesa fu eretta nel 1583-1603, sull'area di un tempio romano dei Dioscuri utilizzandone il pronao; distrutto dal terremoto del 5 giugno 1688, sono rimaste soltanto quelle due colonne corinzie architravate, e poche altre vestigia. Il luogo era ritenuto area del Foro della città greco-romana, che senz'altro ti farò visitare. Di fronte c'è il campanile della chiesa dedicata a San Lorenzo Maggiore, una delle costruzioni più importanti del Medio evo napoletano. Fu eretta alla fine del XIII secolo e restaurata nel periodo barocco dal Sanfelice. L'Abside è opera mirabile di un architetto francese della fine del Duecento; venne restaurata, con sapiente cura, nelle forme originarie dai restauratori che vi lavorarono dal 1944 al 1961. L'Ancona marmorea che torreggia sull'altare maggiore è opera di Giovanni da Nola, le statue nelle nicchie raffigurano i Santi Lorenzo, Antonio e Francesco; nella predella a bas-sorilievi sottostante, sono rappresentati il Martirio di San Lorenzo e i miracoli di San Francesco e Sant'Antonio.
Dopo appena un centinaio di metri, ci troviamo di fronte al sacrario della musica: il Conservatorio Musicale San Pietro a Maiella. L'austera chiesa di San Pietro a Maiella fu eretta a cavallo della fine del Duecento e l'inizio del Trecento per iniziativa di Giovanni Pipino da Barletta e dedicata a San Pietro Angeleri (Papa Celestino V), proprio allacciata, quasi, al Conservatorio di Musica, uno dei più illustri e famosi d'Italia, sorto dalla fusione di quattro istituti benefici e musicali. Da Alessandro Scarlatti a Domenico Cimarosa, dal Porpora al Paisiello, dal Pergolesi al Donizetti e al Cilea, sono numerosi i grandi musicisti che vi furono allievi o insegnanti. In esso si trovano due sale da concerto e un prezioso Museo Storico Musicale.
Un po' più avanti è Porta Alba, dove si trovano le librerie più famose e antiche. Adesso ci fermiamo in Piazza Dante, dove, prendendoci "'na bbona tazzulella 'e cafè" ascolteremo don Salvatore Di Giacomo, che legge, per la prima volta, la sua Lassamme fa a Ddio al suo grande amico Benedetto Croce.

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