Grammaticografia
Storia ed evoluzione di una disciplina
antica
L'800
di Valeria Pagano
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• L'800
e l'istruzione di massa
• La grammatica ragionata
• Le prime vere grammatiche scolastiche
• Il secondo '800
• L'editoria scolastica
• La grammatica manzoniana
• L'opposizione al Manzoni
Se nel diciottesimo secolo vediamo una lenta, ma costante, alfabetizzazione, con la Restaurazione la scuola ha una battuta d'arresto. L'analfabetismo arriva a picchi del 73% tra il 1801 e il 1809, 61% nel periodo che va dal 1841 al 50. Notevole è il divario fra i diversi stati, pere l'autonomia che esse avevano, soprattutto nella prima metà del secolo, la situazione migliore la troviamo nel lombardo veneto. La scuola era un elemento poco omogeneo, la frequenza era bassa, i programmi variabili, e soprattutto i maestri erano impreparati, quindi ci si affrettò ad istituire scuole di mutuo insegnamento che aveva come basi lettura e scrittura. Migliori erano le condizioni delle scuole superiori, solo qualitativamente. Larga presenza del settore scolastico privato (soprattutto femminile). Il problema più grande era quello linguistico, la maggioranza dei bambini era dialettofona, la didattica era difficile e le lezioni si svolgevano spesso in dialetto.
La grammaticografia dell'ottocento si divide in due grandi
parti. La grammatica ragionata e la grammatica tradizionale.
La prima ha come massimi autori Mariano Gigli, autore della "lingua
filosofico - universale pei dotti preceduta dalla analisi del linguaggio",
in cui si mostra innovativo, improntato ad un dichiarato antinormatismo
e critico nei confronti grammatica empirica tradizionale, mentre dal libro
traspare un interesse soprattutto verso l'aspetto metodologico e classificatorio.
Altro autore importante è Romani, un teorico, lessicografo, grammatico,
che scrive la"Teorica della lingua italiana" , dove mette in
azione un criterio classificatorio fortemente tassonomico, dove ci sono
analisi minuziose delle varie parti del discorso.
La grammatica tradizionalista ha come massimo esponente Basilio Puoti,
un accanito sostenitore della corrente del purismo linguistico. Le sue
opere hanno sempre un taglio pratico, come "Il dizionario dei francesismi"
o le "Regole elementi lingua italiana" (pubblicato nel 1833).
Quest'ultimo testo è diviso in due sezioni: la prima per primari,
ovvero i giovinetti, quindi semplice ed essenziale, la seconda per utenti
più avanzati, dove elenca e analizza con dovizia le peculiarità
della lingua.
Le prime vere grammatiche scolastiche
Dopo l'unificazione politica dell'Italia, ci fu un boom della grammaticografia scolastica normativa. Uno dei primi fu Gherardini, con la grammatica scolastica "Introduzione alla grammatica italiana per uso seconda scuole elementari", pubblicata nel 1825. Furono scritte molte grammatiche anche da pedagogisti. Ad esempio Vincenzo Troja, con "Elementi grammatica italiana ad uso scuole elementari"o Lambruschini che con la "Grammatica ad uso dei fanciulli cavata dall'esame di lingua nativa"utilizza criteri metodologici moderni, con alta considerazione della norma linguistica.
Nel secondo 800 gli analfabeti in Italia erano all'incirca
il 70% della popolazione, mentre gli italofoni erano appena il 2,5%.
Ma questo periodo non era solo fatto di dati (negativi) ma soprattutto
è sto un periodo di tappe fondamentali per la scuola post unitaria.
Prima di tutto fu emendata la legge Casati nel 1859 che istituiva la scuola
pubblica (fino ad ora l'istruzione era solo privata), e la legge Coppino
nel 1877 sancisce l'obbligo dell'istruzione elementare. Forte è
la differenza tra città e campagna, ma anche tra le regioni, a
causa delle gestioni autonome. La scuola elementare era divisa in due
livelli, di due anni ciascuno. Nonostante la volontà di diffondere
l'italiano, le condizioni della scuola erano critiche, soprattutto perché
gli insegnanti erano impreparati.
La scuola secondaria era divisa in due gradi, il ginnasio di 5 anni, il
liceo di 3. Poi c'era l'istruzione professionale: i settori interessati
erano industria, commercio e agricoltura.
L' editoria scolastica grammaticale aveva come centri principali
Torino e Milano.
Le grammatiche elementari puntavano soprattutto sull'aspetto metodologico
- didattico.
Poco innovativo era il metodo usato da alcuni grammatici della domanda
e risposta di alcune grammatiche, la famosa struttura socratica (maieutica)
mirante alla memorizzazione.
Innovativa era invece la trattazione della grammatica in un discorso dialogico.
Unico problema era che le grammatiche della scuola elementare erano poco
interessate a fornire un modello di lingua preciso.
Figura dominante tra i grammatici del tempo fu Raffaello Fornaciari, un
autore aperto all'uso della lingua moderna e viva. Nelle sue opere "Grammatica
italiana dell'uso moderno" (1879) e "Sintassi italiana dell'
uso moderno" spicca un uso moderno e vivo, un nuovo concetto di norma,
e vengono considerate le varie stratificazioni della lingua. Vengono analizzati
anche i tratti informali della lingua (come l'anacoluto).
Manzoni aveva preso un impegno verso l' unificazione della linguistica italiana, attraverso diversi scritti e l'operosità dell'autore. Manzoni teorizzò che la lingua ufficiale dell'Italia unita dovese essere il fiorentino vivo del suo tempo. Nell'opera "Della lingua italiana" l'autore fa osservazioni di carattere grammaticale, ma personalmente Manzoni mai elaborò una grammatica ufficiale. Ebbe però numerosi seguaci delle sue teorie, da qui venne una folta fioritura grammatiche: Luigi Mondandi e Giulio Cappuccini, ad esempio, con la "Grammatica italiana per uso scuole ginnasiali, tecniche e normali", oppure il Parri, che scrisse la "Grammatica e lingua nelle due edizioni promessi sposi" ispirate all'esempio romanzo manzoniano. In questa opera c'è una particolare attenzione per la lingua italiana rafforzata dall'importanza attribuita alla pronuncia.
Non tutti erano favorevoli alle teorie del Manzoni. Alcuni grammatici, "capeggiati" dal dialettologo Graziadio Isaia Ascoli, oppositore del Manzoni, affermava che il principio dell'insegnamento della grammatica italiana dovesse partire dal dialetto. Questa teoria mirava al raggiungimento dell'unificazione linguistica attraverso la diffusione cultura. In pratica, l' insegnamento ai bambini della grammatica doveva essere svolto con un metodo comparativo dal dialetto, depositario dell'espressività e dell'immediatezza naturale.
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