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Quando parliamo compiamo delle vere e proprie azioni: azioni linguistiche, ovviamente, che non sono però meno incisive sulla realtà delle azioni gestuali. Se un bambino dice alla propria mamma "dammi la pappa", egli raggiunge esattamente lo stesso scopo di quando, piangendo, le ricorda che è l'ora di mangiare.
Ogni funzione predilige uno dei 6 elementi che costituiscono l'atto comunicativo (vedi Jakobson e i 6 fattori della comunicazione): il destinatore, il destinatario, il contesto, il codice, il messaggio e il contatto.
 Premesso che un atto linguistico non risponde MAI ad una sola funzione 
        linguistica, ma spesso a più d'una e talvolta in maniera celata, 
        vediamole da vicino una alla volta:
        
		  
        Funzione emotiva
          È la funzione che si concentra sul destinatore del messaggio (o 
          emittente). L'emittente (colui che parla) esprime attraverso il linguaggio 
          la propria emotività, il proprio mondo interiore e il proprio modo 
          di sentire le cose. La lingua diventa uno strumento di esteriorizzazione 
          di sentimenti e stati d'animo.
          
		  
          Funzione conativa (o persuasiva)
          È la funzione che si concentra sul destinatario. Si verifica quando 
            l'emittente utilizza il linguaggio per cercare di convincere l'altro delle 
            proprie idee, per persuaderlo a fare ciò che vuole. La funzione 
            conativa (dal latino conari, "tentare", "far di tutto per...") 
            può essere espressa come una supplica, una minaccia, un suggerimento 
            o anche solo un'osservazione.
          
		  
          Funzione referenziale (o informativa)
          È la funzione che si concentra sul contesto. L'emittente parlando 
              dà delle informazioni al ricevente che vanno spesso al di là 
          del semplice significato delle parole che utilizza, e che derivano da 
          un insieme di fattori sociali, economici, politici, ecc. che riguardano 
          lo stesso emittente. Per esempio, un accento particolare può indicare 
              la provenienza geografica di chi sta parlando, oppure l'uso di una terminologia 
              particolare può dare delle informazioni sul suo status sociale 
              e culturale (emittente più o meno giovane, più o meno colto, 
              ecc.).
          
		  
          Funzione poetica
          È la funzione che si concentra sul codice. Deriva dalla scelta 
                particolare che l'emittente compie nel curare la forma con la quale esprimere 
                il proprio messaggio. Questa scelta può andare dal genere letterario 
                (problema dello scrittore: scrivo un romanzo? una poesia? uso endecasillabi? 
                stile libero? ecc.), alla collocazione sintattica delle parole ("io 
                amo te", "amo te, io", io ti amo", ecc.), all'attenzione 
                rivolta per gli effetti sonori (ripetizioni, assonanze, ecc.), ecc.
          
		  
          Funzione metalinguistica
          È la funzione che si concentra sul messaggio. È quella funzione 
                  che si attua quando emittente e ricevente si concentrano sul significato 
                  e la forma del messaggio e, in generale, del linguaggio. Qualche esempio 
                  si ha quando si chiede a qualcuno di ripetere quello che ha detto, oppure 
                  quando si chiede il significato di una parola, ecc.
          
		  
          Funzione fàtica
          È la funzione che si concentra sul contatto. Essa si rende esplicita, 
                    la maggior parte delle volte, quando c'è un disturbo nella trasmissione 
                    del messaggio, e comunque quando, in un modo o nell'altro, si presenta 
                    il problema del canale comunicativo. Qualche esempio: quando rispondiamo 
                    al telefono dicendo "pronto" diamo un segnale fàtico 
                    all'emittente che ci vuol parlare, che corrisponde pressoché al 
                    seguente: "la trasmissione funziona e sono pronto a ricevere il messaggio"; 
                    quando qualcuno ci parla e noi ascoltiamo, spesso usiamo intercalari come 
          "sì... già... ehm... certo!" che hanno la funzione 
                    fàtica di assicurare l'emittente che ci siamo e lo stiamo ascoltando; 
                    ad un livello più complesso, un saggio di filologia si compone 
                    di riflessioni, informazioni, ecc. quasi tutte di carattere fàtico, 
                    cioè concentrate sul problema della trasmissione dei testi nel 
                    corso dei secoli.
In linguistica si fa riferimento alle "azioni linguistiche" parlando di atti performativi. È il linguista J. L. Austin, nelle sue lezioni del 1955 raccolte in How to do things with words (Come fare cose con le parole) ad averne definito per primo la natura.
 Nel suo saggio, Austin distingue tre diversi livelli nell'uso del linguaggio:
        1. l'atto locutivo --> è l'emissione di una 
        frase (emissione linguistica) con un certo significato e un certo referente. 
        È il primo livello d'uso del linguaggio.
        2. l'atto illocutivo --> è la "forza convenzionale" 
        con la quale si compie l'atto locutivo, cioè la maniera in cui 
        viene utilizzata la frase in questione per raggiungere un certo fine o 
        rispondere ad una certa esigenza (ad es. rispondere ad una domanda, dare 
        informazioni, annunciare un'intenzione, dare una dexcrizione, fare una 
        critica, ecc.). È il secondo livello d'uso del linguaggio.
        3. l'atto perlocutivo --> è la conseguenza 
        dell'atto locutivo con la forza dell'atto illocutivo, il risultato nel 
        mondo oggettivo dell'atto linguistico.
 Esempio 1:
        Situazione: Mario dice a Giulia: "Colpiscilo!", e Giulia colpisce 
        Andrea.
        Atto locutivo: l'emissione della frase "Colpiscilo!", col suo 
        significato ("Dai un pugno a lui") e il suo insieme di referenti 
        (Io Mario dico a te Giulia di colpire lui Andrea).
        Atto illocutivo: il tentativo, da parte di Mario, di convincere Giulia 
        a colpire Andrea.
        Atto perlocutivo: il fatto che Giulia colpisca Andrea.
 Esempio 2:
        Situazione: Giovanni è in mezzo alla corrente e dice a Massimo: 
        "Sento freddo".
        Atto locutivo: l'emissione della frase "Sento freddo", col suo 
        significato ("Ho i brividi") e il suo insieme di referenti (in 
        questo caso solo uno: io Giovanni)
        Atto illocutivo: il tentativo, da parte di Giovanni, di indurre Massimo 
        a chiudere la finestra.
        Atto perlocutivo: Massimo si alza e chiude la finestra.
 Dopo aver definito l'esistenza dell'atto illocutivo, Austin individua 
        l'esistenza dei cosiddetti "verbi di forza illocutoria", 
        cioè proprio di quei verbi che sono causa della forza dell'atto 
        illocutivo. La lista fornita dallo studioso è la seguente:
        1. verbi verdettivi --> verbi che esprimono un verdetto (da parte di 
        un giudice, un arbitro, ecc.)
        2. verbi esercitivi --> verbi che esprimono l'esercizio di poteri, 
        diritti o influenze (come il verbo votare, ordinare, avvisare, ecc.)
        3. verbi commissivi --> verbi che indicano la promessa, l'impegno a 
        far qualcosa
        4. verbi comportativi --> tutti quei verbi che hanno a che fare con 
        il comportamento sociale (ad es. scusarsi, congratularsi, fare le condoglianze, 
        sfidare, ecc.)
        5. verbi espositivi --> verbi che chiarificano la maniera in cui si 
        stanno utilizzando le parole (es. ribadire, postulare, assumere, illustrare, 
        concedere, sostenere, ecc.)
Sugli atti performativi, oltre al testo di 
        Austin        J. L. Austin, How to do things with words
        può essere interessante approfondire l'argomento degli atti linguistici 
        attraverso la seguente raccolta di articoli:
        Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, 
        a cura di M. Sbisà
        che racchiude interventi di autori come lo stesso Austin, Strawson, Vendler 
        e Searle
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