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La nausea, di Jean-Paul Sartre: storia di un “uomo solo”

di Marzia Samini

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Prima della guerra mi consideravo semplicemente come un individuo, non vedovo affatto il legame tra la mia esistenza e la società in cui vivevo [...] Ero “l’uomo solo” vale a dire l’individuo che si oppone alla società con l’indipendenza del proprio pensiero, ma che non deve nulla alla società e su cui la società non può nulla, perché è libero.

Potrei dirvi che La Nausea è un romanzo anti romanzesco, che è stato scritto nel1938, che è l’opera, la prima, in cui viene esplicitata una corrente filosofica che influenzerà tutto il Novecento e non solo: l’esistenzialismo. Potrei dirvi anche che è l’opera preferita dallo stesso Sartre per potenza d’immagine e contenuto e che è strutturato, a livello puramente formale, come un diario e/o una raccolta di quaderni di un certo Antonio Roquentin. Potrei dirvi tutte queste cose, ma non lo farò.

Perché La Nausea è la storia di un individuo qualunque, è la mia storia, la vostra storia, in essa sono racchiusi i pensieri più spaventosi, quelli che abbiamo sempre cercato di scansare e chiuso dentro di noi dove non avremmo più potuto trovarli; è esplosione di rabbia, ferocia e crudeltà; è la storia di una ribellione e di un vuoto metafisico, di una paura che non passerà mai. Ecco, questo ve lo posso dire: avvicinarsi alla Nausea senza un punto fermo è come prendere il largo quando c’è tempesta: il rischio di annegare è altissimo... siete avvisati.

Giudicavo i borghesi maiali e pensavo di essere autorizzato a rendere pubblico tale mio giudizio, cosa che non esitavo a fare, indirizzandomi direttamente ai borghesi per trascinarli nel fango [...] Dire la verità sull’esistenza e demistificare le bugie borghesi era un tutt’uno ed era tutto quello che dovevo fare per adempiere al mio destino d’uomo.

Esplicitamente anti borghese, Sartre vuole ribellarsi a un sistema, a una gerarchia e cioè a una società che esiste perché, a sentir lei, ha "il diritto di esistere". Verrebbe da pensare che fino qui tutto bene, che tutto rientri nella norma, che il senso imperatore abbia imposto ancora una volta il suo volere cieco (come l’amore), eppure tutto questo crolla all’ombra, lunghissima, di una considerazione: per Sarte non c’è nulla di più spaventoso, angosciante, dell’esistenza e di tutto ciò che esiste. Ma come si fa a smettere di esistere? Come si può smettere di pensare di esistere? E se penso che smettendo di pensare smetto di esistere sto comunque pensando e quindi esistendo, e allora qual è la soluzione all’esistenza che non sa smettere di esistere?

Lo so, è un cane che si mangia la coda, ma se non fosse così non sarebbe filosofia.

Tutto lentamente si scioglie tra le spire dell’odio, come un serpente Sartre abbraccia, stritola e avvelena quella società che, una volta decomposta, ha lasciato in bella vista la sua carogna che è la carogna dell’interà umanità, residuo indegno di una vita e di un storia, intransigente giudizio finale dell’Io sono. Ma Sartre è l’uomo solo, libero da quella rete di giudizi; libero e anarchico si scaglia, come l’onda sullo scoglio, contro i bei pensanti; senza paura demistifica una realtà che non ha più senso d’essere. Ma la libertà ha sempre un pezzo da pagare: così come ogni volta che l’onda si infrange sullo scoglio perde un pezzo di sé, così Sartre una volta postulata la sua libertà, la perde, dissolta, "attaccata da dietro" (frase tipica della Nausea), dalla responsabilità che ne è la diretta conseguenza.

Il mio pensiero sono io: ecco perché non posso fermarmi. Esisto perchè penso [...] se esisto è perchè ho terrore di esistere. Sono io, io, che mi traggo dal niente al quale aspiro: l’odio, il disgusto di esistere sono altrettanti modi di farmi esistere, di affondarmi nell’esistenza.

Dunque rimane un’ultima domanda: che cos’è la Nausea?

È il disgusto per l’esistenza, quella sensazione d’angoscia che ti stritola lo stomaco quando ti accorgi che esisti, che tu sei, che in qualunque posto, qualsiasi cosa tu faccia tu esisti, sei e non puoi sfuggire a questa realtà: la tua esistenza ti terrà imprigionato nella rete delle altre esistenze. Non puoi scappare, ovunque tu vada tu esisterai e continuerai ad essere e con ribrezzo Sartre ne sente (o risente?) tutto il peso e odia il filantropo perché odia l’esistenza, odia le case, i muri, la nebbia che è desiderio, il pensiero che è esistenza e si contorce in un’angosciosa lotta invisibile. Tuttavia, se in quest’opera l’unica scappatoia è il rifiuto del tutto, sviluppando più avanti nel tempo la sua filosofia non verrà meno l’orrore verso l’esistenza ma ci si potrà salvare attraverso l’impegno, ovvero assumendo su di sé il peso del nostro esistere, cioè riconoscendo le nostre responsabilità riposte o nascoste in ogni nostra scelta.

Davanti a noi rimangono dunque due opzioni: vogliamo essere l’onda che travolge o lo scoglio che subisce?

A voi la scelta.

 

Leggi anche:

  Analisi testuale di "La Nausea", di Jean-Paul Sartre

 

Marzia Samini (21/05/1992) ha studiato presso il liceo umanistico Vittoria Colonna per poi prendere la facoltà di Lettere all'università Roma Tre. Si è laureata con una tesi su Musil e la sua opera I turbamenti del giovane Torless e qui continua il suo percorso universitario e letterario.

 

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