di Reno Bromuro
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• "I
Gatti" di Charles Baudelaire
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• Curiosità
• I gatti
• Bibliografia
Gli
amatori ferventi e i saggi luminari
amano, a grado a grado che l'età loro avanza,
i gatti forti e morbidi, orgoglio della stanza,
com'essi freddolosi, e pigri, e sedentari.
Amanti di lussurie, di calma e di saggezza,
ricercano il silenzio, l'ombra e i suoi misteri;
l'Ade ne avrebbe fatto dei funebri corrieri,
se potessero flettere l'indomita fierezza.
Meditabondi, assumono le pose statuarie
delle sfingi accosciate in fondo a solitarie
lande, come in un sogno che fine mai non abbia;
sprizzano dalle reni magnetiche
scintille:
e grani d'oro, simili a finissima sabbia,
vagamente gli stellano le mistiche pupille.
Il
9 aprile 1821 nasce in rue Hautefeuille a Parigi
Charles-Pierre Baudelaire, da Joseph-Francois,
funzionario del Senato, e dalla sua seconda moglie Caroline Dufays.
La madre ha 28 anni, il padre 62, morirà tre anni dopo.
La madre sposa in seconde nozze Jacques Aupick, ufficiale
della Légion d'honneur, cavaliere di Saint-Louis.
L'8 novembre del 1828, Charles getta dalla finestra la chiave della camera
matrimoniale.
Nel 1837 ottiene il secondo premio per la composizione in versi latini
al concorso generale presso il collegio Louis-le-Grand,
che frequenta dall'anno precedente. E' in questo periodo che cominciano
a girare le sue prime composizioni poetiche. Due anni dopo, per essersi
rifiuto di consegnare al professore, un biglietto passatogli da un compagno
durante la lezione, è espulso dal Louis-le-Grand. Alcuni mesi dopo
supera gli esami di "baccalauréat" e nel 1840 s'iscrive
alla facoltà di giurisprudenza e da inizio alla "vita libera",
stringendo amicizia con artisti e letterati; inizia una relazione con
Sarah, una prostituta cantata da molti scrittori.
Nel 1842 ormai maggiorenne, entra in possesso dei 75.000 franchi ereditati
dal padre. Lascia la famiglia, si stabilisce all'Ile Saint-Louis, inizia
la relazione con l'attrice mulatta Jeanne Duval. L'anno
dopo si trasferisce all'Hotel Pimodan, per frequentare
il vicino "Club dei fumatori d'hashish"; comincia ad
indebitarsi; conosce Gautier, Hugo,
Sainte-Beuve.
L'università e la laurea in legge sono ormai un pensiero abbandonato.
Si dà al giornalismo e nel maggio del 1845 pubblica, il Salon
de 1845, e su L'Artiste il sonetto
A une Dame créole, è la sua prima
poesia pubblicata. In giugno tenta il suicidio con un pugnale. Vive alcuni
mesi con la madre, in Place de Vendôme,
ma il tentativo di riconciliarsi con i due, la madre e il patrigno, fallisce.
Si trasferisce in un albergo di rue Laffitte.
L'anno successivo compaiono su diverse riviste Le Musée
classique du Bazar BonneNouvelle, Choix de maximes
consolantes sur l'amour, Le Jeune Enchanteur,
Conseils aux jeunes lilterateurs e Salon
de 1846. Annuncia Les Lesbiennes,
primo titolo delle poesie che poi saranno Les Fleurs du Mal
e l'anno dopo pubblica La Fanfarlo. Aderisce
ai moti rivoluzionari del 1848. Fonda Le Salut Public
(però escono solo due numeri) e passa alla Tribune
Nationale, rivista di tendenze più moderate. Ultima
impresa del Baudelaire socialista è la partecipazione alle giornate
di giugno. Esce in luglio su La Liberté de penser
la sua prima traduzione da Poe (Révélation magnétique)
e, in settembre, Le Vin de l' assassin. E nel 1852 dopo pubblica
tre poesie.
Il
28 febbraio 1854 scrive una lettera all'attore Tisserant
in cui espone il progetto di un dramma sull'ebbrezza, libero adattamento
di Le Vin de l'assassin e di Le
Démon de la perversité di Poe, di cui pubblica
la traduzione. Nei primi mesi dell'anno successivo appaiono diciotto poesie
con il titolo Les Fleurs du Mal. Gli scritti
d'arte Exposition de 1855, De l'Essence
du Rire et généralement du comique dans les arts plastiques,
Ingres e i due primi poemetti in prosa Le
Crépuscule du soir e La Solitude.
Nel 1856 vede la luce l'edizione in volume delle Histoires
extraordinaires precedute dallo studio critico Edgar
Allan Poe, sa vie et ses œuvres. Nel marzo 1857 pubblica
le Nouvelles histoires extraordinaires, traduzione
da Poe. In aprile muore il patrigno, generale Aupick; la madre si ritira
a Honfleur. Il 24 agosto pubblica Poèmes
nocturnes. Il 25 giugno Les Fleurs du Mal
è messo in vendita, ma dopo pochi giorni viene sequestrato per
oscenità: nel processo penale che si celebra il 20 agosto Baudelaire
e gli editori vengono condannati "pour dèlit d'outrages
a la morale publique" a pene pecuniarie e alla soppressione
di sei poesie.
In un momento di abbandono spirituale, o forse per la nausea della censura
ai suoi "Fiori del Male" scrive tre poesie dedicate al felino
domestico.
IL GATTO 2
Vieni,
mio bel gatto, sul mio cuore amoroso;
Trattieni le unghie della tua zampa,
E lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli,
Misti di metallo e d'agata.
Quando le mie dita accarezzano a piacimento
La tua testa ed il tuo dorso elastico,
E la mia mano s'inebria del piacere
Di toccare il tuo corpo elettrico,
Vedo la mia donna. Il suo sguardo,
Come il tuo, amabile animale,
Profondo e freddo, colpisce e taglia come un dardo;
E dai piedi alla testa,
Attorno al suo corpo bruno,
Fluttua un profumo sottile, un pericoloso effluvio.
Il 30 settembre 1858 pubblica "De l'ideal
artificiel - Le Haschisch". Ora vive tra Parigi
e Honfleur, presso la madre: la morte del patrigno
ha ridato nuovo spazio al loro rapporto, di una straordinaria profondità.
Il 13 marzo dell'anno dopo appare su L'Artiste
lo studio dedicato a Gautier, nell'aprile Genése
d'un Poème, traduzione della Filosofia
della composizione di Poe e in luglio Salon
de 1859. Nel gennaio 1860 pubblica Enchantements
et Tortures d'un Mangeur d'opium, seconda parte di Les
Paradis artificiels, che appariranno in volume nel successivo
mese di maggio, dedicati a una donna, J. G. F., non identificata.
Il 13 gennaio si manifesta la prima crisi del male che lo porterà
alla morte; la madre scrive che si tratta di "une crise singulière,
quelque chose comme une congestion cérébrale".
Il 17 febbraio scrive una lunga e appassionata lettera a Wagner:
"quelques medilations sur les morceaux de Tannhäuser et
de Lohengrin" apparirà il primo aprile dell'anno successivo,
con il titolo Richard Wagner et "Tannhäusen"
à Paris.
Si
separa nuovamente da Jeanne e ritorna a Parigi, alloggiando
nell'Hotel de Dieppe. Alcune lettere scritte alla madre sono dominate
da presentimenti e da volontà di morte, siamo nel gennaio 1861
e queste sono le più tenere e disperate scritte alla madre. Nel
febbraio appare la seconda edizione di Les Fleurs du Mal
e poi testi di critica d'arte Réflexions sur quelques-uns
des mes contemporains e Peintures murales d'
Eugène Delacroix e nove poemetti in prosa.
Nel dicembre presenta la sua candidatura all'Accademia di Francia, inutilmente.
Alfred de Vigny, che morirà l'anno successivo,
sembra essere il solo a sostenerla, e Sainte-Beuve gli
consiglia di ritirarla "Laisse l'Académie pour ce qu'elle
est...": lo farà l'anno seguente.
Il 14 aprile muore l'odiato fratellastro Claude-Alphonse,
per emorragia cerebrale. Su La Presse appaiono
venti poemetti in prosa, preceduti dalla dedica ad Arsène
Houssaye. Nel settembre 1863 pubblica il grande saggio L'Œuvre
et la vie d'Eugène Delacroix, e poi l'importantissimo
testo di critica d'arte, Le Peintre de la vie moderne.
Nel 1864 pubblica sei poemetti in prosa con il titolo Le Spleen
de Paris; la raccolta si arricchirà, nel dicembre,
di nuovi testi pubblicati sulla Revue de Paris.
Il 15 marzo, mentre visita con Félicien Rops la
chiesa di Saint-Loup a Namur, è colpito
da un attacco di paralisi con gravi sintomi di afasia.
Muore a Parigi il 31 agosto 1867 e viene sepolto
nel cimitero di Montparnasse, accanto al patrigno.
IL GATTO 3
Nel
mio cranio passeggia e si dimena
(signore d'un palazzo senza porte)
un gatto fiero, flessuoso, forte;
quando miagola s'ode lieve appena,
tanto il suo timbro è tenero e discreto;
ma, sia che s'alzi o che s'avvalli l'onda
musicale, la nota è sempre fonda,
ricca di un incantevole segreto.
Questa voce m'avvolge con sue spire
tremule, filtra in ogni mia latebra;
come una strofa armoniosa ed ebra
m'esalta, come un magico elisire.
Ogni più cruda pena ella consola,
chiude in sé tutte l'estasi, e se deve
dirmi una frase, che sia lunga o breve,
dolce si esprime senza dir parola.
Archetto
non esiste che più morda
sul mio cuore, sensibile lento,
e faccia regalmente con acuto
trillo vibrarne la più tesa corda,
della tua voce, o musico animale,
gatto misterioso, serafino,
in cui tutto, incantesimo divino,
è così lieve, dolce, angelicale.
II
Tale un profumo emana dal suo manto
soffice a strisce alterne, fulva-nera,
che m'ha stregato, avendolo una sera
carezzato una volta, una soltanto.
Egli è il folletto tutelare mio,
l'ispiratore; nel suo chiuso impero
è despota, sì ch'io lo credo invero
un essere fatato, un mago, un dio.
Quando il mio sguardo verso questo caro
gatto, più caro d'una dolce amante,
si rivolge attirato, nell'istante
che a scrutare in me stesso mi preparo,
nell'ombra, stupefatto, ecco discerne
l'iridi sue di fosforo verdastro,
viventi opali dai riflessi d'astro,
vigili e fisse come due lanterne.
LA CONCEZIONE DELL'ARTE E DELLA POETICA
Sia
in pittura, dove Baudelaire indica in Delacroix
il vero artista moderno, l'interprete delle sue ansiose inquietudini,
sia in musica, dove indica in Wagner - si veda il saggio
Richard Wagner et le Tannhäuser à Paris,
riunito con altri nelle opere postume Curiosità estetiche
e Arte Romantica - il genio nuovo vanamente schernito dai
contemporanei, sia in letteratura e in poesia, dove indica in Flaubert
il creatore affrancato da ogni debolezza e indulgenza e in Vigny
l'espressione più cosciente della severa concezione della poesia,
il poeta francese sostiene la sua fede nella funzione dell'arte rispetto
alla vita e all'indipendenza di lei rispetto alla morale: l'arte è
ricerca della perfezione e non vi è perfezione senza purezza. Necessità
dunque di un lungo travaglio artistico per ritrovare nell'uomo il misterioso
sentimento del sogno e stabilire per suo mezzo un nuovo rapporto col mondo.
Il verso del poeta evoca sovente sentimenti perduti, desideri inconfessati,
ricreando i turbamenti della carne e dello spirito, liberando la parola
più limpida e più acuta dal groviglio delle intuizioni e
delle sensazioni. Travaglio presente soprattutto in Les Fleurs
du Mal, le cui prime 18 liriche apparvero nel 1855 nella
Revue des deux mondes col titolo consigliato
da Babou, mentre i titoli pensati dall'autore erano Les
lesbiennes e Les Limbes. In volume
le pubblicò per primo l'amico editore Poulet-Massis,
due anni dopo, e sei di esse non furono più ripubblicate per mezzo
secolo a causa della condanna.
Les Fleurs, cui si aggiunsero nuove liriche, in particolare nel 1866 I relitti e Nouvelles Fleurs du Mal, realizzano pienamente il conflitto dell'animo del poeta. Contrariamente ai romantici il paesaggio non appare nella sua opera se non in rapide seppur potenti evocazioni e la donna diventa il tramite tra il poeta e la vita. Nell'amore per lei, oltre l'esaltante tempesta dei sensi, egli va cercando il riposo del sogno, l'illusione suggestiva della purezza che è la rappresentazione della sua fede, esaltata da un sentimento di pietà che nei Petits poèmes en prose o Le Spleen de Paris trova nuova eco, concludendo l'arco di un sentimento di cristiana fraternità che sublima la sua poesia. Immenso è stato l'influsso dell'arte di Baudelaire sulla letteratura francese posteriore. Sviluppando motivi che il romanticismo non aveva del tutto trattato (il senso del mistero, l'esotismo, l'impegno completo nell'esistenza anche contro i falsi ideali del mondo sociale), il poeta ha avuto un grande potere di irradiazione, sia per la sua personalità, sia per le conquiste della sua creazione poetica. È stato indicato dalla critica un immediato influsso sugli artisti che giunge fino a Mallarmé e a Valéry e ad alcuni contemporanei; un altro influsso si nota nei poeti veggenti fino a Rimbaud e ai surrealisti. Il valore della parola in Baudelaire si unisce al mito filosofico; c'è in lui un senso di sortilegio e di magia che si può già definire simbolismo ed è connesso a segrete movenze mistiche dell'ultimo Settecento. Tipico esempio il sonetto Correspondances di Les Fleurs du Mal. Partendo dal poeta francese si volle dare una ragione ideale alla poesia, intesa come autentico messaggio di vita con cui si fonde in comunità d'amore.
CURIOSITA'
Nel corso degli anni sono state pubblicate varie riviste,
alcune su cani e gatti, tipo Argos, Quattro zampe, Amici
miei; altre specifiche Tutto gatto, Gatti.
Per quanto riguarda i libri, in un solo catalogo sono disponibili la bellezza
di 5.356 titoli relativi ai gatti. Invece, nel catalogo dei libri in commercio
in Italia, il soggetto gatti conta 132 titoli, tra cui tre bei volumi
dell'etologo Giorgio Celli.
Ma nella storia della letteratura i gatti sono stati per lo più
umanizzati, come ne Il gatto con gli stivali
di Charles Perrault: i fratelli Grimm
e Jean de La Fontaine scrissero fiabe in cui i gatti
facevano innamorare gli uomini, al punto che una splendida magia li trasformava
in umani. Ernst Theodor Amadeus Hoffmann e Felix
Lope de Vega li esaltarono per le loro capacità quasi
umane. Sul versante opposto, trapela l'aspirazione umana a diventare gatti:
con il suo curioso trattato Sul gatto: cenni
fisiologici e morali, il medico lombardo Giovanni Rajberti
vuole dimostrare che, se è vero che, meta di ogni umano operare
debba essere sapienza e felicità, il nostro tipo vuole essere il
gatto: perché il gatto è tra tutte le bestie la più
sapiente, e per necessaria conseguenza, la più felice. Non è
un caso se i due più grandi testi letterari che sono stati scritti
sui gatti ci vengono da due autori romantici e sulfurei.
I GATTI
Sognando prendono nobili atteggiamenti, da grandi
sfingi sdraiate in fondo alle solitudini, che sembrano addormentarsi in
un sogno senza fine. Le loro reni feconde sono piene di scintille magiche
e dei grani d'oro, come una sabbia fine, stellano vagamente le loro pupille
mistiche.
Non per nulla Baudelaire era un fervente ammiratore di
Edgar Allan Poe che, in uno dei suoi racconti gotici,
The Black Cat,
riscrive in chiave di perversione psicologica, dovuta all'alcolismo del
protagonista, la storia della gratuita crudeltà umana verso i gatti.
E della conseguente vendetta di questo felino di cui la moglie del narratore,
il cui cuore era estraneo a qualunque superstizione, parlando
della sua intelligenza, faceva frequenti riferimenti all'antica nozione
popolare che considerava tutti i gatti neri come streghe travestite.
Dopo l'amore, i gatti sono uno degli argomenti che più scaffali
occupano in libreria. Per restare alle novità, si va da Come
vivere con un gatto nevrotico, di Sthephen Baker,
dove si scopre che nevrotico è il padrone, a Che ha detto il
gatto?, un dizionario ragionato gattese-italiano curato da Grazia
Valci. C'è Il gatto che mi rubò il cuore,
di Richard e Teresa Capuzzo e ci sono i Gatti con
le ali di Doreen Tovey; poi, dei veri classici per
i gattofili, come lo splendido Gatti molto speciali, di Doris
Lessing, con la vita bella e dolente dello spaventato Rufus o
la tenera favola di Antonia White, Mila e Cuor di
Leone, e l'intramontabile James Herriot, Storie
di gatti. Ci si può divertire con Il gatto che andò
a Parigi, di Peter Gethers, o magari con le Meditazioni
per gatti che hanno troppo da fare di Michael Cader.
Da Poe a Baudelaire, da Hoffman
a Lewis Carrol, da Calvino alla Morante,
molti grandi hanno scritto - innamorati - dell'orgoglioso felino. Un vero
e proprio monumento, un autentico poema a Sua Maestà, è
Il libro dei Gatti Tuttofare di Thomas S. Eliot,
è una faccenda difficile mettere il nome ai gatti.
Sempre ricordando, come diceva Colette, che non esistono
gatti comuni.
Si racconta che Eduardo De Filippo amasse scrivere con
la gatta seduta sulla pagina sinistra del quaderno, per questo, forse
ha voluto lasciarci questo gioiello di poesia:
'A GATTA D''O PALAZZO
Trase p''a porta,
pè nu fenestiello,
pè na fenesta, si t' 'a scuorde aperta,
quanno meno t' 'aspiette.
Pè copp' 'e titte,
da na loggia a n'ata,
se ruciulèa pè dint' 'a cemmenera.
E manco te n'adduone
quann'è trasuta:
Pè copp' 'o cornicione
plòffete!, int' 'o balcone,
e fa colazione
dint' 'a cucina toia.
È 'a gatta d' 'o palazzo.
Padrone nun ne tene.
Nunn' è c ' 'a vonno male,
ma essa 'o ssape
che manc' 'a vonno bene.
Te guarda cu dduie uocchie speretate:
lèsa.
N'ha avute scarpe appresso e ssecutate.
È mariola!
Ma 'a povera bestiella, c'adda fa?
È maríola pecché vò mangià.
È mariola...
Chest' 'o ddíce a' ggente;
ma i' nun ce credo, pecché, tiene mente:
tu lasse int' 'a cucina, che ssaccio...
nu saciccio.
Làsselo arravugliato
dint' a na bella carta 'e mille lire.
Tuorne 'a matina:
'a mille lire 'a truove, che te crire?
Nzevata. Ma sta llà.
Ci domandiamo: se Baudelaire non fosse
stato condannato per oscenità per aver scritto "I
fiori del male", ci saremmo dovuti accontentare del
gatto delle favole?
Per piacere fateci sapere il vostro parere, acquietate lo spirito e risolvete
questo dilemma. Grazie aspettiamo le vostre critiche.
Bibliografia
I. Siciliano, Baudelaire, Venezia, 1948
G. Raboni, Per conoscere Baudelaire, Milano, 1971
D. Rincé, Baudelaire et la modernité poétique,
Parigi, 1984
G. Macchia, Baudelaire, Milano, 1986.
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