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Le Notti Bianche, di Fëdor Dostoevskij
L'esistenza tra sogno e realtà

di Mariangela Miccoli

Nella categoria: HOME | Articoli critici

 

Le Notti Bianche: l'esistenza tra sogno e realtà

Notti bianche

Il sognatore pensa altresì che questa vita è una povera vita meschina; nello stesso tempo gli sorge il sospetto che per lui, forse, verrà giorno in cui suonerà un’ora triste, e sarà quando preferirà dare tutti i suoi anni di sogni per un bel giorno di questa vita meschina ch’egli è costretto a vivere – e li darebbe non per la gioia, non per la felicità, ma per quest’ora di tristezza e di dolore… «Ancora non è giunta quell’ora minacciosa – egli non desidera nulla, egli è al di sopra di tutti i desideri, egli può tutto, egli è un re, è il creatore della sua propria vita e torna a ricrearla in ogni istante sotto l’imperio della sua volontà. Questo mondo fantastico e favoloso si organizza con tanta facilità e con tanta naturalezza! «E tutto questo sarebbe soltanto fantasia? Si crederebbe, in certi momenti, che tutta questa vita non fosse solo eccitazione dei sensi, miraggio, inganno dell’immaginazione, ma qualcosa di effettivamente esistente, di vero, di reale. «Perchè, ditemi, Nastenka, perchè, ora, tutt’il suo essere è preso dalla soggezione? Perchè provocato da qualche stregoneria o volontà sconosciuta, gli si accelera il polso e sgorgano lacrime dagli occhi del sognatore? Perchè le sue pallide e umide gote diventano rosse fino a bruciare? Perchè egli è preso, d’un tratto, da un’ineffabile sensazione deliziosa che invade tutta la sua esistenza?

Le Notti Bianche (notte seconda)

Romanzo del dolore, della solitudine, del sogno e della realtà che cozzano tra di loro, “Le Notti Bianche” è l'espressione più chiara e potente della nostra esistenza e, in particolare, di quella del tipo strambo e bizzarro che, fin dalle prime pagine, Dostoevskij chiama “sognatore”.

Pubblicato per la prima volta nel 1848, il romanzo racconta la storia di un emarginato escluso e completamente estraniato dal mondo e dalla vita, nella quale, per quattro notti, si inserisce una giovane donna di diciassette anni, Nastenka che, con il suo irresistibile amore per la vita, riesce a destare il sognatore e a fargli assaporare, anche se solo per un istante, la vita vera.

Tra sogno e realtà

Il sognatore pensa altresì che questa vita è una povera vita meschina; nello stesso tempo gli sorge il sospetto che per lui, forse, verrà giorno in cui suonerà un’ora triste

E' così che il sognatore descrive l'esistenza dell'uomo comune: ordinaria, arida, sterile, penosa e priva di quel briciolo di follia che in ogni momento ci permetterebbe di trovare riparo nei posti più misteriosi. Dunque, perché non vivere in balia della “Dea Fantasia”, perché non essere artefici della propria esistenza, obbedire alla nostra volontà e dire “sì” solo alla nostra immaginazione?

Lo stesso sognatore vorrebbe seguire questa logica, abbandonarsi alle sue fantasticherie e credere che in fondo, questo sia l'unico modo per vivere a pieno. Sognare infatti vuol dire creare la propria esistenza liberamente e dominare la realtà in nome della creatività e della felicità. Ma, per quanto realistico e tangibile, il sogno rimane sempre impreciso e in ogni modo finisce per svelare, al risveglio, tutti i suoi punti deboli, le sue incongruenze e infine, la sua follia. Per questo, anche il sognatore, che per una vita intera ha creato, disfatto e ricostruito la sua esistenza nel “sottosuolo”, sa che prima o poi “l'ora funesta” arriverà per tutti e che, in un modo o nell'altro, ognuno di noi, in cambio di un solo istante di vita vera, sarà disposto a sacrificare anni di sogni e di fantasticherie.

Il momento della verità però non è prevedibile e il sognatore, pur sapendo che le sue fantasie sono labili ed effimere, non può fare a meno di continuare a sognare; alla ricerca di immagini e sensazioni fittizie che soddisfino il suo bisogno di amore e di felicità. Il desiderio quindi ha sempre la meglio sulla consapevolezza e anche se al risveglio il dolore, la sofferenza e la solitudine tornano ad attanagliarlo, basta poco per riaccendere, in quelle ceneri lasciate dai sogni infranti, una scintilla e risvegliare le vecchie fantasie. Solo così l'anima torna a vivere, il sangue a scorrere e il cuore a palpitare freneticamente, come la prima volta.

La solitudine

Fedor Dostoievskij

Se da un lato il sognatore non può fare a meno di seguire la sua natura e imperterrito, continua ad immaginare castelli di sabbia in cui rinchiudersi, dall'altro, l'incontro con Nastenka cambia drasticamente l'ordine delle carte in tavola. La ragazza, che per molti versi assomiglia al sognatore (come lui infatti a lungo è stata costretta a dare forma al mondo che la circondava con i suoi sogni), è invece la metafora perfetta dell'attaccamento viscerale alla realtà. Essa infatti ama un uomo vero, ne attende il ritorno, crede alla promesse che lui ha realmente pronunciato e vive la vita così com'è. Ed è proprio con il suo irresistibile attaccamento alla vita che riesce a squarciare il “velo di Maya” che il sognatore non ha mai avuto il coraggio di strappare, forse per paura di ritrovarsi travolto da quel mare di solitudine e dolore che, solo a tratti, percepiva dopo il risveglio da uno qualsiasi dei suoi sogni. La vita vera con  Nastenka diventa allettante e affascinante anche per il sognatore che, alla fine del romanzo, sarebbe davvero disposto a voltare pagina, per vivere con la donna che da tanto tempo stava aspettando un'esistenza degna di questo nome. Ma proprio la ragazza, che in un primo momento aveva consegnato al sognatore la chiave per entrare nel mondo reale, adesso gli impedisce di accedervi, negandogli il suo amore e costringendolo a ripiombare nella solitudine e nell'angoscia. Le quattro notti trascorse con Nastenka sono stati perciò gli unici attimi di vita vera e, seppur brevi, lo hanno riempito di gioia e di beatitudine.

“Il Mattino”, che costituisce l'ultima sezione del romanzo, è il risveglio dall'ennesimo sogno. Dopo aver creduto che la donna fosse davvero disposta ad amarlo e a permettergli di vivere la vita che da sempre aveva immaginato, egli si ritrova nuovamente abbandonato, immerso nella sua esistenza vuota, penosa, ma pur sempre reale.

 

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