di Reno Bromuro
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11. IL FASCINO DELLA GRECIA - AUTOSTOP PER ATENE
Atene
è indubbiamente la méta di un viaggio affascinante, dal
punto di vista storico, artistico, culturale, verso la madre della civiltà
che indubbiamente è stata forte ed influente nutrice. Fa un certo
effetto pensare di voler visitare una città abitata già
settemila anni fa, con una serie d'imponenti opere che dovrebbero modernizzarla
ulteriormente. Niente riesce a scalfire il sentimento che questa è
la città del Partenone, dell'Acropoli
e dell'Agora, dove è nato il concetto
di democrazia e dove hanno vissuto Socrate, Aristotele
e Platone. Atene e il suo spirito sono intrisi di migliaia
di anni di storia, presenti nei reperti archeologici, negli oggetti, integrati
nel moderno tessuto civile e urbano. Dominata dall'affascinante sagoma
dell'Acropoli è la città dove il tempo sembra essersi fermato
ed un momento dopo la confusione delle vivaci Plaka
e Monastiraki, le zone abitate più vecchie
della metropoli. Ma sicuramente è un viaggio che vale e che lascia
qualcosa dentro l'anima. Questo pensavo mentre la nave salpava da Brindisi.
Nell'aria s'è creato un silenzio imbarazzante, sembra una coltre
da tagliare col coltello.
- Ho conosciuto Giovanni... - Dice Silva,
per rompere il silenzio ovattato da mille pensieri.
- Andiamo a sederci in macchina, comincia a fare freschetto? - Propone
in un sussurro Anna alzandosi e preoccupandosi di prendere
le sigarette e l'accendino.
Si siedono comodi, in macchina sul sedile posteriore, Giovanni al centro.
- Dove l'hai conosciuto? - Chiede Anna, volendo riprendere il discorso
interrotto.
- In Grecia. - Risponde la ragazza. - Sì, è stato in Grecia,
una decina di anni fa. Lui forse ricorda incontri più recenti,
altrimenti me lo avrebbe accennato. Eravamo alla fine di agosto. Sono
andata in vacanza con Isabella, viaggiamo in una coupé
fiammante. Scendiamo per il passo che da Patrasso porta ad Atene. La strada
non è polverosa nelle prime ore del mattino. Mentre scendiamo a
valle si vedono boschi di querce e di castani, in lontananza il mare.
Finito il bosco la strada si allarga e ai lati, immensi vigneti. Abbiamo
da poco attraversato un paese dalle case bianche e basse, alcune delle
quali hanno piantati, davanti, alberi che sembrano uomini con le braccia
protese verso il cielo,imploranti. Sulla piazza c'è una piccola
folla. Giovanni si avvicina alla macchina.
- Andate verso Atene, per caso?
- Sì. - Risponde Isabella. - Ma non prendiamo persone a bordo.
- Vorrà dire che monterò sul predellino. - Propone lui col
suo magnetico sorriso. - E' domenica, non ci sono bus, dovrei passare
la giornata qui e non mi garba.
- Starai scomodo. - Dico.
- Non fa niente. Devo andare ad Atene.
- Non me lo so immaginare Giovanni che fa l'autostop! - Interrompe Anna,
pur avendolo visto in azione e sono proprio io che l'ho preso a bordo,che
dico di non crederci?
- Anch'io ho pensato la stessa cosa quando l'ho rivisto.Non sembra lo
stesso uomo. Accettiamo la sua proposta. Tutto felice, ebbro come un quindicenne,
apre il sacco, cava un cappello impermeabilizzato, se lo calca sulla testa,
fino alle orecchie. Monta sul predellino e partiamo. Sembra una statua
scolpita sulla prora di una nave, che si sporge nelle curve come il navigatore
di una corsa di bob, per equilibrare il peso. Dopo un centinaio di metri
ci fermiamo e lo facciamo sedere in auto. Salendo verso il Pireo
da Salamina, i boschi finiscono; la strada è in
salita, il radiatore comincia a bollire. Giovanni guarda gli schizzi d'acqua
bollente che fuoriescono dal tappo e ha una faccia tra l'imbranato e il
sospettoso. Dopo un attimo il motore smette di sbuffare ed è silenzio.
Dinanzi a noi c'è una pianura fertilissima coltivata a vigneto,
sotto i grappoli giganteschi migliaia di papaveri danno un colore indescrivibile
fra il nero della terra, il verde degli olmi e il marrone degli sterpi:
semplicemente incantevole. Accostiamo l'auto al bordo della strada.
- Mi fermo qui, così non vi do noie.
- Nel momento del bisogno? - Grugnisce Isabella. - 'Sti napoletani!
- Vi ringrazio, o non vi dico niente? - Dice lui, come se non avesse sentito
quello che ha detto Isabella. - Già! Avete bisogno d'acqua? - Sembra
ci prenda in giro con quella sua aria di struzzo. - Forza ragazze, spingiamo
in su o ritorniamo indietro? Io suggerirei di ritornare verso Corinto.
Ma se non vado errato, e i libri che ho letto hanno riportato il vero,
ci troviamo tra il Kefisos e l'Ilissos,
quale dei due è più vicino, per attingere acqua? Vado verso
Ovest o verso Est?
- Perché non verso Nord? - Dice Isabella inviperita.
- Come se fosse stato il peso del sacco e del mio corpo! Perché
me ne fai una colpa? - La sua domanda rimane nell'aria. - Suvvia fanciulle,
ritorniamo indietro, pernotteremo ad Ampelakia,
e domani... fatta riparare l'auto ripartiamo, che ne dite?
Non
c'è altra soluzione. Giriamo il muso dell'auto e giù a capofitto
e a motore spento. Ad Ampelakia troviamo un
unico albergo, con un solo letto matrimoniale. Già sono terrorizzata
di doverlo dividere con Isabella, figuriamoci in tre! Lui deve aver intuito
il mio pensiero. Mi fissa negli occhi e dice:
"Bevvi avidamente un'anfora di vino
ora l'amata cetra tocco con dolcezza
e canto amore alla mia tenera fanciulla..."
Deve aver notato il mio sguardo stralunato, perché aggiunge subito.
- Non è mia è del vecchio impenitente Anacreonte
di Teo 572 - 478 avanti Cristo. Respiro di sollievo, però
non tanto. Vacillo per un attimo. Quelle parole e la sua voce!...
Più tardi, a tavola, ordina anche per noi "Kokoretsi, ornaki
psito e mayritza".
- Che cosa è - Domanda Anna interessata, nella speranza di imparare
un'altra ricetta culinaria.
- E' fegato di agnello alla graticola. Salsiccia di fegato arrostita,
agnello da latte arrostito per intero, giardiniera di fegato, milza, intestino
e stomaco di agnello con finocchio e lattuga, resa densa con uova e aromatizzata
con succo di limone.
- Poi come vi siete sentite?
- Te lo lascio immaginare. Ma non è ancora finito. Poi ci porta
a ballare il "Klephtikos". Ci divertiamo un mondo.
Il "Klephtikos" non so se lo conosci, si balla in circolo con
le mani intrecciate.
"Addio mondo infelice, addio dolce vita
Le donne di Souli non possono vivere senza libertà.
Le donne di Souli scenderanno nell'Ade
la libera città della morte.
Con danze di festa e di gioia!"
Si mette a cantare, tenendoci strette alla cinta, mentre rientriamo in
albergo.
- Questa triste canzone - spiega - è in realtà il canto
di una danza che le fanciulle di Zalongo cantarono
danzando, quando gli abitanti furono sconfitti dai turchi. Era una fanciulla
come voi, Elena Botzaris, e quando la cantò la
prima volta aveva ventuno anni.
- E' una fonte inesauribile di notizie. Ci accordiamo che saremmo andati
insieme ad Atene, ma il mattino non c'èra
più. Ci rimanemmo male perché con lui avremmo capito meglio
le cose. Poi l'ho rivisto sulla strada di Barcellona,
ed ora… L'ho riconosciuto subito.
- La Grecia! - Sospira Silva. - Che giorni meravigliosi ho passato in
Grecia! - Ci eravamo fermati in un caseggiato di pescatori. Era un posto
incantevole. - Anna, la prega di aspettare; intanto, dal portabagagli,
prende dalla borsa termica tre gelati e Silva riprende il racconto…
narra tra un cucchiaino di gelato e l'altro. - Mi trovo bene in mezzo
a tanto mare, che non sembra tale. Pare un lago, verde al centro e lontano
lontano, azzurro azzurro, all'infinito. Sembra di essere sospesi, anche
se guardandomi intorno non scorgo altro che miseria. Decido di partire
da Bolos, anche perché è difficile procurarsi
da mangiare. Mi dispiace lasciare quel luogo, quel mare. - E socchiude
gli occhi, la luna posa un raggio sul suo volto e lo inargenta, facendolo
risplendere come una stella. - Non mi sarei separata da Bolos,
così presto, ma Isabella ha le fregole, non trova pace neanche
a letto. Decidiamo di ripetere l'esperienza dell'autostop (sono ormai
sette giorni che siamo senza auto), pur sapendo che il giorno innanzi,
avendo perduto il bus, nessuno ci ha preso a bordo. Camminiamo al centro
della strada costeggiata di vigneti superbi; i grappoli sembrano invitare.
Con la fame che abbiamo! Ma vince la paura. Me ne sto lì, al bordo
col pollice alzato e lo zaino sulle spalle, ma nessuno si ferma. Isabella
che scalpita e inveisce contro le vetture che sfrecciano, ma non alza
il pollice. Pretende che un angelo scenda con una Roll Roice e la prenda
a bordo. Non ne posso più! Ci fermiamo sotto un pergolato, però
è veramente scocciante. La rugiada ci gocciola in testa come una
tortura cinese. Ho anche freddo. Non ce ne siamo accorte ma stiamo salendo
sempre più, attraverso i monti delle Argolide.
Ritorniamo in strada e dopo un paio di chilometri, e una ventina di vetture
che non si sono fermate, un'auto che viene in senso inverso si ferma un
attimo, ci guarda e riprende il cammino. Più avanti c'è
la fermata del bus e decidiamo di prenderlo. Sull'autobus ci dicono che
gli automobilisti non si fermano perché durante i mesi estivi,
coppie di tedeschi li rapinano. Ci ritroviamo a Bolos. Non lo so come,
ma la verità è che ci siamo ritrovati al punto di partenza;
per giunta è cominciato a piovere. Ritorniamo sulla strada, ormai
bagnate dalla testa ai piedi, e s'è fatto tardi. Rifare l'autostop?
Siamo bionde tutte e due, ci avrebbero scambiate per tedesche e non si
sarebbero fermati. Ce ne stiamo lì, in mezzo alla strada, come
due pali telegrafici gocciolanti, a pensare dove passare la notte, che
si avvicina un'auto. A bordo due uomini. Abbiamo paura, ma accettiamo.
E' notte saremmo volute andare a Kapie Dansea un camping molto bello e
i due giovani decidono di accompagnarci. Quello alla guida è francese,
no, no; sono entrambi greci. Visto che non conosciamo il greco, loro non
sanno l'italiano, il giovane alla guida parla in francese. Insomma tra
una cosa e l'altra... Noi abbiamo un poco di "fifetta", ma loro
si dimostrano gentili. Giunti
a Kapie Danser ci invitano a mangiare. E' anche
il nostro desiderio e andiamo a pranzo insieme. Se pensate che siamo state
due settimane senza una radio, senza un giornale, scambiare qualche parola
quanto piacere ci faccia. Andiamo in una trattoria un poco squallida,
ci apparecchiano su un terrazzino, sotto il pergolato. Non vi nascondo
che c'è molto disagio. Le undici di sera sono passate da un pezzo
e...
- Pensavate al dopo? - Interruppe Giovanni.
- Che cosa intendi per... dopo?
- Non so. Il dopo cena è ciò che si aspettano i giovani.
- Quanto sei sciocco! E' per i soldi, ne abbiamo pochi. Comunque il ragazzo
che ha guidato e che siede di fronte a me, è abbastanza abbacchiato.
Forse perché la ragazza lo ha lasciato.
- Te lo ha detto lui?
- No. Lo si capisce dallo sguardo.
- Lo porta scritto negli occhi?
- Ho capito. - Dice Silva, triste. Vi siete annoiati, vero?
- Adesso la sciocca sei tu! Hai visto com'è facile far rimbalzare
la palla?
- Quanto sei! Mi hai interrotta. Non mi ricordo più.
- Stavate aspettando il pranzo e il ragazzo che ti stava di fronte...
- L'aiuta Anna.
- Sì. La ragazza lo ha lasciato. Ma mi diverte lo stesso. E' buio,
non ci siamo accorte che sul lato destro, quasi in fondo al terrazzino,
due ragazzi tubano, seduti al tavolo, in attesa come noi. Più in
là ancora un uomo seduto ad un tavolino, tutto solo, sta scrivendo
in un quaderno con la copertina rossa. Veste un paio di jeans e una camicia
scolorita; avverto che mi sorride. La luce gli giunge da una porta finestra,
dove frutta, ortaggi e carne d'agnello fanno bella mostra di sé,
ma gli tengono il volto in ombra. Dopo un poco viene un ragazzo a prendere
le ordinazioni, mentre una ragazza, che non porta niente sotto il vestito,
guarda con insistenza l'uomo che scrive. Noi si parla del più e
del meno, ma non m'interessa... M'interessa? Mi attira la scena della
ragazza sotto la porta e l'uomo che scrive.
- Vieni 'ccà! - Dice l'uomo che scrive.
La ragazza va e piegandosi sul tavolo, mette la mano sui seni, per celarli
allo sguardo e sorride. L'uomo le da un foglio scritto che porta a me.
E' scritto in italiano, mi sembra fosse una poesia, non ricordo più,
ma ricordo sempre l'emozione che provai. Il foglietto era anonimo. Quando
mi volto per ringraziare, l'inaspettato ammiratore, non c'è più.
Il mio viaggio in Grecia, finisce qui, perché tutto ciò
che ho fatto e visto dopo, non ha nessuna importanza.
- Che periodo era? - Chiede Giovanni.
- Ecco chi… 'sto disgraziato, dopo che ci hai lasciate senza macchina,
e sole, non ci hai nemmeno difeso quando ci hai visto in compagnia di
due sconosciuti?
- Stavate così bene insieme perché importunarvi?
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